La candidatura di Zaia in Veneto è una sfida anche alla Lega

Ha annunciato che si candiderà come capolista alle regionali. Una mossa che potrebbe mettere in difficoltà non solo Fratelli d’Italia e Forza Italia
ANSA/NUOVE TECNICHE
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«La candidatura di Luca Zaia nelle liste della Lega è un problema per Fratelli d’Italia e per Forza Italia, ma è anche una sfida alla Lega stessa e a Matteo Salvini». Così un deputato della Lega – che ha preferito restare anonimo – ha commentato a Pagella Politica la scelta dell’attuale presidente della Regione Veneto di candidarsi al consiglio regionale in tutte le circoscrizioni alle prossimi elezioni regionali del 23 e 24 novembre. 

Zaia, presidente del Veneto dal 2010 e ormai al suo terzo e ultimo mandato consecutivo, non può più ricandidarsi come governatore. Dopo settimane di trattative, l’8 ottobre la coalizione di centrodestra – formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati – ha ufficializzato la candidatura del deputato Alberto Stefani, trentaduenne e segretario regionale della Lega, alla presidenza della Regione. La sua candidatura è stata presentata il 15 ottobre a Padova, durante un evento cui hanno partecipato sia Salvini sia lo stesso Zaia. 

In quell’occasione, il presidente uscente ha annunciato con tono polemico la propria candidatura a consigliere regionale nelle liste della Lega. «Posso capire tutto ma non i veti – ha dichiarato – e allora ho detto: “Se sono un problema, cercherò di diventare un problema reale”», ossia candidarsi «capolista in ogni provincia». Poi, rivolgendosi ai militanti, ha lanciato lo slogan che ha dato subito il tono alla campagna: «Dopo Zaia, scrivi Zaia».

Le trattative

I «veti» a cui Zaia ha fatto riferimento sono quelli emersi nelle trattative tra i partiti della coalizione. Secondo il presidente uscente, gli è stato chiesto di non presentare una lista civica con il proprio nome – come aveva fatto alle precedenti elezioni – e di non includere il suo nome nel simbolo della Lega. Le pressioni sono arrivate in particolare da Forza Italia, ma anche da Fratelli d’Italia, forte dei suoi risultati elettorali: oltre il 30 per cento dei voti in Veneto sia alle politiche del 2022 sia alle europee del 2024, quasi il triplo della Lega. Da tempo il partito di Giorgia Meloni rivendica un ruolo più centrale nella regione e aveva perfino ipotizzato un proprio candidato alla presidenza, il senatore bellunese Luca De Carlo. Alla fine, però, la candidatura è rimasta alla Lega, con Stefani. Da lì si è aperta la discussione su che ruolo avrebbe dovuto avere Zaia.

Alle elezioni del 2015 e del 2020 il presidente uscente aveva raccolto un consenso enorme con la lista civica “Zaia presidente”, che da sola aveva superato i risultati di tutti gli altri partiti: 23 per cento dei voti nel 2015 e addirittura 44 per cento nel 2020, con quasi un milione di preferenze. Nel 2020 la lista personale di Zaia aveva preso quasi il triplo dei voti della Lega, contribuendo però a ridurre il numero di seggi a disposizione degli altri alleati. «Avendo potuto scegliere il candidato presidente, cioè Stefani, era impossibile per noi della Lega e per lo stesso Zaia pretendere anche una lista con il suo nome. Fratelli d’Italia e Forza Italia non ce lo avrebbero mai permesso», ha spiegato un deputato leghista a Pagella Politica.

La candidatura di Zaia come capolista per la Lega è stata quindi vista da molti come una soluzione di compromesso. «Non mi sorprende», ha detto a Pagella Politica Marco Della Pietra, sindaco di Spresiano e responsabile enti locali di Fratelli d’Italia in Veneto. «Era prevedibile questa scelta, visto che non ha potuto presentare una sua lista civica né mettere il suo nome nel simbolo della Lega».

Una questione di visibilità

La candidatura di Zaia in tutte le circoscrizioni elettorali serve soprattutto a dargli visibilità: è un vantaggio mediatico. 

In Veneto i consiglieri regionali vengono eletti per circoscrizione, e ogni provincia ne elegge un numero proporzionale alla popolazione. Il candidato con più preferenze in più circoscrizioni, come nel caso di Zaia, ottiene il seggio nella provincia dove il suo partito ha avuto la percentuale più alta, lasciando gli altri posti ai candidati con più preferenze dopo di lui. «Essere capolista vuol dire semplicemente essere il primo nome nella lista quando un elettore si reca al seggio, ma non attribuisce nessun vantaggio in termini tecnici», ha spiegato a Pagella Politica Piergiorgio Cortelazzo, vicesegretario regionale di Forza Italia. «Il capolista è soltanto una specie di “frontman”, il candidato consigliere più illustre, scelto per dare visibilità alla lista e ovviamente anche a sé stesso». 

Forza Italia, per esempio, ha scelto di candidare come capolista in tutte le circoscrizioni Flavio Tosi, ex sindaco di Verona e oggi parlamentare europeo.

I possibili effetti

Al momento, resta però incerto l’effetto politico di questa mossa. 

«Quella di Zaia è una mossa elettorale per cercare di per raccogliere e catalizzare consensi sulla Lega e non disperdere i voti della lista Zaia. Detto questo, non ho idea dell’impatto che potrebbe avere nel concreto sugli altri partiti», ha detto Della Pietra. «Bisognerà anche capire che cosa farà effettivamente dopo le elezioni nel caso venisse eletto, perché io non credo abbia intenzione di fare davvero il consigliere regionale. E di questo gli elettori se ne rendono conto, non sono ingenui», ha aggiunto. «È evidente che candidare Zaia come capolista è stata una mossa della Lega per cercare di recuperare voti dopo il deludente risultato alle regionali in Toscana, dove ha preso poco più del quattro per cento dei voti», ha detto a Pagella Politica Jacopo Maltauro, vicentino, candidato al consiglio regionale per Forza Italia, con un passato nella Lega, da cui è uscito a maggio di quest’anno. In ogni caso, non bisogna dimenticare che in Veneto la legge elettorale prevede la possibilità del cosiddetto “voto disgiunto”. Alle regionali del 23 e 24 novembre un elettore potrà infatti votare per un candidato presidente ed esprimere la preferenza per un candidato al consiglio regionale di una lista non collegata a quel candidato presidente. In altre parole, è possibile che un elettore che vuole votare per il candidato del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle Giovanni Manildo possa allo stesso tempo esprimere una preferenza per Zaia come consigliere regionale. Insomma, un elettore potrebbe scegliere di non votare Stefani come candidato presidente, ma comunque votare Zaia come consigliere regionale.

Secondo Luca De Carlo, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia in Veneto, la candidatura di Zaia non è un pericolo per il partito di Meloni. «Come Fratelli d’Italia partiamo dal 37 per cento preso alle elezioni europee qui in Veneto, contro il 13 per cento della Lega. Abbiamo un discreto vantaggio direi», ha detto a Pagella Politica De Carlo, che invece considera Zaia un valore aggiunto per trainare i consensi di tutta la coalizione di centrodestra.
Il coordinatore regionale di Fratelli d'Italia in Veneto Luca De Carlo – Fonte: ANSA
Il coordinatore regionale di Fratelli d'Italia in Veneto Luca De Carlo – Fonte: ANSA

Una sfida al partito

Ma non tutti nella Lega interpretano la mossa di Zaia allo stesso modo. «Faccio notare che nel suo intervento Zaia non ha detto “Dopo Zaia, vota Stefani”, ma “Dopo Zaia, scrivi Zaia”», ha fatto notare un deputato leghista. «È un chiaro messaggio di sfida a Salvini e allo stesso Stefani. A Salvini perché Zaia con la sua candidatura dimostrerà realmente quanti voti e preferenze ha nella Lega in Veneto, e dunque la sua forza; e a Stefani perché con questo slogan Zaia si è proposto come il vero trascinatore della campagna elettorale leghista».

La candidatura di Zaia, quindi, è anche un gesto di potere interno. «La questione è tutta interna alla Lega, perché era evidente a tutti noi che Zaia avrebbe voluto comunque avere un ruolo in questa campagna elettorale in Veneto», ha confidato a Pagella Politica un altro candidato al consiglio regionale, che ha preferito restare anonimo. «Mi sembra che lui con questa candidatura voglia più che altro dimostrare la sua forza nel partito, che lui è sempre lì e che può ancora contare». 

Un parere simile è stato espresso da Della Pietra: «L’invito di Zaia a scrivere il suo nome come preferenza suona effettivamente come un suo tentativo di dimostrare che è lui il trascinatore della Lega qui in Veneto».

Negli ultimi mesi, del resto, Zaia è intervenuto più volte nel dibattito interno sul futuro del partito. In un’intervista al Corriere della Sera del 17 ottobre ha rilanciato la proposta di “sdoppiare” la Lega in due formazioni, una per il Nord e una per il Sud, sul modello tedesco dell’alleanza tra l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) e l’Unione Cristiano Sociale (CSU). «Ne ho parlato più volte con Salvini», ha detto Zaia. «In questo Paese ci sono troppe differenze, quello è un modello che ha avuto successo in Germania. È un contributo che offro alla Lega, ma serve anche agli altri partiti. Se vogliamo provare a superare una volta per tutte questione settentrionale e questione meridionale dobbiamo modificare il modello. Quello è vincente», ha concluso il presidente uscente del Veneto, che sul suo futuro ha detto: «Adesso bisogna prendere i voti in Veneto. Poi qualcosa farò di sicuro».

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