I mille euro per i nuovi nati non sono una novità

Già vent’anni fa ci aveva provato Silvio Berlusconi, con un esito imprevisto
FRANCO SILVI / ANSA / PAL
FRANCO SILVI / ANSA / PAL
Il disegno di legge di Bilancio presentato in Parlamento dal governo propone di dare alle famiglie un assegno da mille euro per ogni bambino nato, o adottato, dal 1° gennaio 2025. Al momento la legge di Bilancio è all’esame della Camera: se sarà approvata, il bonus dovrà essere richiesto all’INPS dai nuclei familiari composti da cittadini italiani, europei e non (dotati però di permesso di soggiorno di lungo periodo) che hanno un reddito ISEE inferiore ai 40 mila euro lordi. Il governo stima di spendere 330 milioni di euro nel 2025 e 360 milioni di euro dal 2026 in poi per finanziare questa misura, pensata per «incentivare la natalità». Non si tratta però di una novità: già in passato c’è chi ha introdotto un bonus identico, con esiti imprevisti. 

Il bonus di Berlusconi

A ottobre 2003, con un decreto-legge, l’allora secondo governo guidato da Silvio Berlusconi aveva introdotto un bonus da mille euro per le donne residenti in Italia, con cittadinanza italiana o di un Paese dell’Unione europea, che avrebbero avuto un secondo figlio dal 1° dicembre 2003 al 31 dicembre 2004. La legge di Bilancio per il 2006, approvata sotto il terzo governo Berlusconi, aveva poi rilanciato l’assegno da mille euro (ribattezzato “bonus bebè”) per ogni figlio nato nel 2005 e per ogni figlio nato nel 2006. Anche in questo caso, per ottenere il bonus, bisognava essere italiani o cittadini comunitari, con un reddito annuo inferiore ai 50 mila euro lordi. 

All’epoca lo stesso presidente del Consiglio aveva inviato una lettera, a sua firma, in cui si rivolgeva direttamente ai neonati, comunicandogli che la nuova legge di Bilancio assegnava loro un bonus da mille euro. «Ti invio i più affettuosi auguri per una vita lunga, serena, piena di soddisfazioni e di successi e porgo ai tuoi genitori le più cordiali felicitazioni», si leggeva nella lettera, dove era indicato l’ufficio postale dove ritirare l’assegno.
La lettera inviata da Berlusconi nel 2006 – Fonte: Corriere della Sera
La lettera inviata da Berlusconi nel 2006 – Fonte: Corriere della Sera

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L’iniziativa, però, aveva avuto dei problemi. A febbraio 2006 il quotidiano L’Unità aveva raccontato infatti che le lettere di Berlusconi erano state inviate anche ad alcune famiglie composte da genitori extracomunitari, escluse per legge dalla platea dei beneficiari, o residenti all’estero. La CGIL e altri sindacati avevano criticato l’operazione del presidente del Consiglio, perché a detta loro violava la legge sulla par condicio, che durante le campagne elettorali deve garantire a tutti i partiti lo stesso spazio in tv, in radio e negli altri mezzi di informazione (le elezioni politiche si sarebbero tenute ad aprile 2006). Nei mesi successivi alcune famiglie che avevano ottenuto indebitamente il bonus avevano ricevuto una multa da 3 mila euro. Tra queste famiglie ce n’erano alcune che non rispettavano il requisito relativo al reddito, che doveva essere autocertificato.

I problemi si sono protratti anche nel 2007. A marzo di quell’anno, in risposta a un’interrogazione parlamentare sulla questione, l’allora ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme istituzionali Vannino Chiti (secondo governo Prodi) aveva dichiarato che la legge di Bilancio per il 2007 aveva sanato la situazione di chi aveva percepito indebitamente il “bonus bebè”, ma solo da un punto di vista civilistico, e non penale. Nel 2008 alcuni giudici hanno fatto cadere le accuse, sostenendo che non ci fosse stato dolo da parte dei cittadini extracomunitari che avevano ottenuto i mille euro senza averne i requisiti. La vicenda, però, ha avuto strascichi che si sono protratti anche negli anni successivi, in particolare per chi aveva autodichiarato il proprio reddito in modo scorretto.

Il bonus di Renzi

Il “bonus bebè” è tornato tra le politiche di incentivazione della natalità nel 2014, sotto il governo di Matteo Renzi, con l’approvazione della legge di Bilancio per il 2015. L’assegno è stato introdotto inizialmente per i nati tra il 2015 e il 2017, erogato fino al terzo anno di età del bambino, ed è stato via via riconfermato con varie modifiche fino al 2022, quando è stato assorbito dall’assegno unico e universale, un bonus mensile destinato alle famiglie con figli a carico. L’importo dell’assegno introdotto dal governo Renzi era di 960 euro, che il prossimo anno torneranno a mille euro una volta approvata la legge di Bilancio per il 2025. Se si considera l’inflazione, però, il nuovo assegno pensato dal governo Meloni è più “povero” dei precedenti: il potere d’acquisto di mille euro nel 2005 equivale infatti a quello di circa 1.400 euro attuali.

L’importo più esiguo rispetto al passato non è l’unico problema del nuovo “bonus bebè”. In una recente audizione in Parlamento, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani, ha sottolineato che l’assegno da mille euro «introduce nuovi carichi gestionali e maggiori oneri burocratici per le famiglie che dovranno presentare domande separate per i due strumenti», considerando anche l’assegno unico e universale. L’erogazione del “bonus bebè” e dell’assegno unico, infatti, non è automatica, ma avviene solo su richiesta. 

Tra corsi e ricorsi, che effetto hanno avuto i “bonus bebè” sulla natalità? In base alle nostre verifiche, non esiste uno studio che ha valutato l’impatto di questa misura sulle nuove nascite, che sono in calo costante ormai da anni. La «mancanza di un disegno di valutazione di impatto scientificamente valido» era già stata denunciata vent’anni fa come «un gravissimo limite che accompagna praticamente ogni scelta di politica sociale in Italia», in un articolo pubblicato nel 2005 su lavoce.info, dedicato proprio al “bonus bebè” del governo Berlusconi.

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