No, l’aumento del tetto al contante non “ce lo chiede l’Europa”

A differenza di quanto dice Siri (Lega), la soglia dei 10 mila euro è un limite massimo fissato dall’Ue, non un valore che gli Stati devono adottare 
AFP
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Il 10 dicembre, in un’intervista con la Repubblica, il responsabile dei Dipartimenti della Lega Armando Siri ha detto che il suo partito voterà a favore dell’emendamento al disegno di legge di Bilancio, presentato da Fratelli d’Italia, per alzare da 5 mila a 10 mila euro il limite all’uso del contante. L’emendamento – che deve essere ancora esaminato dalla Commissione Bilancio del Senato – prevede inoltre il pagamento di un’imposta di 500 euro per chi fa un acquisto in contanti tra i 5 mila e i 10 mila euro, e l’obbligo di emissione della fattura.

Secondo Siri, l’aumento del tetto al contante è «doveroso» perché i 10 mila euro sono «un livello deciso dall’Europa». «Si tratta solo di un adeguamento», ha aggiunto l’esponente della Lega, secondo cui l’introduzione di una nuova imposta è comunque «un eccesso di zelo».

Al di là delle opinioni personali sul contante, non è vero che portare la soglia a 10 mila euro sia un «adeguamento doveroso» a una decisione dell’Unione europea. 

In base alla legge, dal 1° gennaio 2023 in Italia sono vietati i pagamenti in contanti per un valore superiore ai 5 mila euro. Fino al 2022, questo limite valeva per i pagamenti fino a 2 mila euro. Sarebbe dovuto poi ulteriormente scendere a mille euro, ma il governo Meloni lo ha alzato a 5 mila con la legge di Bilancio per il 2023, mantenendo una delle promesse contenute nel suo programma elettorale. 

All’epoca, questa misura è stata criticata da vari organismi indipendenti – tra cui la Banca d’Italia, la Corte dei conti e l’Ufficio parlamentare di bilancio – perché, a detta loro, rischia di limitare il contrasto all’evasione fiscale.
Fino a poco tempo fa, nell’Unione europea non esisteva un limite all’uso dei contanti valido per tutti gli Stati membri. Ma le cose sono cambiate di recente. A gennaio 2024 il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo su un pacchetto di misure in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo. A giugno dello stesso anno è stato pubblicato il nuovo regolamento, che ha imposto a partire dal 10 luglio 2027 «limiti ai pagamenti in contanti di importo elevato in cambio di beni o servizi». 

Il regolamento stabilisce che le persone che commerciano beni o forniscono servizi nell’Ue «possono accettare o effettuare un pagamento in contanti fino a un importo di 10 mila euro», o l’equivalente in altra valuta, sia che la transazione avvenga con un’unica operazione sia che avvenga con più operazioni collegate.

Lo stesso regolamento, però, precisa che gli Stati membri «possono adottare limiti inferiori» rispetto ai 10 mila euro, previa consultazione della Banca centrale europea. In più, i limiti all’uso del contante già esistenti nei Paesi membri – tra cui l’Italia – «continuano ad applicarsi».

Messe in fila queste norme, il quadro è chiaro. La soglia di 10 mila euro non è un obiettivo a cui l’Italia è tenuta ad «adeguarsi», ma il massimo oltre il quale l’Ue non consente di andare per certi pagamenti in contanti nell’economia formale. Con un limite nazionale fissato a 5 mila euro, l’Italia rispetta già oggi pienamente la cornice europea, presente e futura. Un eventuale innalzamento a 10 mila euro, come proposto nell’emendamento alla legge di Bilancio, non sarebbe quindi un adeguamento tecnico imposto dall’Ue, ma una scelta politica interna per portare il limite nazionale fino al massimo consentito dalle norme europee.

In ogni caso, la scelta dell’Ue è stata quella di andare verso un restringimento della libertà di pagare in contanti a livello europeo, seppure con una soglia fissata a 10 mila euro, visto che prima questo limite per tutti gli Stati membri non c’era.

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