La cancellazione del reato di abuso d’ufficio non è incostituzionale

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, dichiarando legittima l’abolizione voluta dal governo Meloni
Il palazzo della Corte Costituzionale a Roma – ANSA
Il palazzo della Corte Costituzionale a Roma – ANSA
L’8 maggio la Corte Costituzionale ha stabilito che l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, voluta dal governo Meloni, non è contraria alla Costituzione. Per ora, la Corte ha comunicato la sua decisione solo con una nota stampa: le motivazioni della sentenza saranno pubblicate «nelle prossime settimane».

Prima di essere eliminato, l’articolo 323 del codice penale puniva il reato di abuso d’ufficio. Questo si configurava, per esempio, quando un pubblico ufficiale – come un sindaco – durante l’esercizio delle sue funzioni arrecava un danno patrimoniale o otteneva un vantaggio personale violando la legge, oppure ometteva di astenersi da una decisione in presenza di un conflitto di interessi.

LEGGI LA GUIDA AI REFERENDUM DI GIUGNO

Ti spiega in modo chiaro e semplice:
• che cosa chiedono i cinque referendum abrogativi su cittadinanza e lavoro;
• le ragioni di chi è a favore e di chi è contrario;
• le posizioni dei partiti;
• e come funziona il voto, anche per chi vive fuorisede.
Scopri come riceverla gratis
A luglio 2024, la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha cancellato il reato. Il provvedimento è stato sostenuto non solo dai partiti della maggioranza, ma anche da Azione e Italia Viva. Hanno votato contro il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra.

La proposta di abolire il reato di abuso d’ufficio non è una novità: negli ultimi trent’anni la definizione del reato di abuso d’ufficio era già stata modificata tre volte, prima della sua definitiva abrogazione. Le opinioni, anche questa volta, sono state diverse. I contrari sostengono che la cancellazione potrebbe creare un vuoto normativo e favorire l’impunità degli amministratori pubblici. I favorevoli, invece, ritengono che il reato fosse troppo vago, che le condanne fossero rarissime e che esistano comunque altri strumenti giuridici per perseguire chi abusa della propria funzione.
Nel suo comunicato, la Corte Costituzionale ha spiegato di aver esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da 14 autorità giudiziarie, inclusa la Corte di Cassazione. «La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta “Convenzione di Merida”)», si legge nella nota. «Nel merito, la Corte ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale».

La Convenzione di Merida – dal nome della città messicana dove fu firmata – è un trattato internazionale adottato nel 2003 e ratificato dall’Italia nel 2009. L’articolo 19 della Convenzione invita ogni Stato a «esaminare l’adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale» all’abuso d’ufficio. Poiché l’articolo 117 della Costituzione impone allo Stato italiano di rispettare gli «obblighi internazionali», secondo i critici dell’abolizione la riforma sarebbe in contrasto con la Costituzione. Come detto, però, la Corte ha stabilito che la cancellazione del reato non viola la Costituzione. 

In parallelo all’abolizione dell’abuso d’ufficio, nel 2024 il governo ha introdotto un nuovo reato contro la pubblica amministrazione. Si tratta dell’«indebita destinazione di denaro o cose mobili», inserito nell’articolo 314-bis del codice penale. Questa nuova norma prevede una pena da sei mesi a tre anni per i pubblici ufficiali che usano beni o denaro pubblico a loro disposizione per scopi diversi da quelli per cui li hanno ricevuti. Un esempio: un dirigente che organizza una festa privata in un immobile assegnatogli come ufficio.
Newsletter

Conti in tasca

Ogni giovedì
Si dice che l’economia ormai sia diventata più importante della politica: in questa newsletter Massimo Taddei prova a vedere se è vero. Qui un esempio.

Ultimi articoli