Il Segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani viene promosso a pieni voti all’esame di storia dell’Italia contemporanea.
Nel 1976 le forze parlamentari scaturite dalle elezioni politiche del 20 giugno si accordarono per la formazione di un governo “monocolore” (così definito perché tutti i ministri venivano espressi dallo stesso partito, la Democrazia Cristiana) guidato per la terza volta da Giulio Andreotti. Si trattava di un governo di maggioranza relativa (“di minoranza” nel gergo comune) in quanto la Dc aveva ottenuto il 38,7%, poco più di quattro punti percentuali rispetto alla seconda formazione, il Partito Comunista Italiano (che con il 34,4% aveva raggiunto il suo massimo risultato storico alle politiche), ma pur sempre meno del 50% più uno.
Quel governo, che sarebbe durato fino a marzo 1978, è passato alla storia come “governo della non sfiducia” (copyright di Andreotti) o “delle astensioni” in quanto la fiducia fu votata alla Camera da 258 deputati su 630, con 44 contrari e 303 astenuti, e al Senato con 136 sì su 315, con 17 contrari e 69 astensioni. Oltre al Pci, non avevano partecipato al voto altre formazioni (socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali), quindi il governo era partito con più “no” e astensioni rispetto ai voti favorevoli. Dato che al Senato l’astensione equivaleva (e ancora equivale) a voto contrario – questione già illustrata in una precedente analisi – molti “astenuti” avevano abbandonato l’aula… Ma non tutti, in modo da non far mancare il numero legale, necessario per la validità dello scrutinio.
Inoltre, è bene ricordare che, nell’anno e mezzo successivo, il governo Andreotti contrattò tutti i principali provvedimenti con il Pci.
La “non opposizione” da parte del Pci e di altri partiti alla formazione del governo cosiddetto “di minoranza” e l’opera di mediazione appena descritta giustificano l’espressione di Bersani – stilisticamente non molto aggraziata ma comunque efficace – secondo la quale “c’era uno che governava e gli altri che consentivano”.
Corretta è anche la qualificazione di quell’esperienza politica come una “singolare forma di governo di minoranza”: prima del 1976 i tentativi di formare governi monocolore targati Dc (“di minoranza”, in quanto mai questo partito aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei suffragi) erano o naufragati a causa della mancata concessione della fiducia da parte del parlamento (De Gasperi VIII e Fanfani I, governi che non hanno ricevuto la fiducia rispettivamente nel 1953 e nel 1954) o, quando avevano avuto successo (es. Zoli, 1957), erano risultati da un processo di gestazione diverso, considerato che i voti favorevoli avevano sempre superato quelli contrari e le astensioni. Non va poi trascurato che mai il Pci, principale forza antagonista alla Dc, si era espresso per un appoggio o, comunque, una non opposizione alla formazione di governi così configurati.
Bersani richiama quel momento storico auspicando che Grillo o i rappresentanti di altre forze politiche non coalizzate con il Partito Democratico ripropongano la linea adottata da Berlinguer il giorno del giuramento del governo Andreotti III (10 agosto 1976), quando sostenne in parlamento che il Pci aveva deciso per l’astensione perché aveva messo il bene del Paese davanti alle questioni di opportunità politica.
Se gli appelli di Bersani sembrano non aver avuto molta fortuna, il segretario del Pd può trovare parziale consolazione incassando un bel “Vero” per questa dichiarazione.