La dichiarazione fa riferimento alla partecipazione italiana al programma multinazionale di progettazione, sviluppo e produzione del velivolo militare Joint strike fighter (JSF) F-35. Il progetto, denominato “F-35 Lightning II-Joint Strike Fighter“, è realizzato in cooperazione tra Stati Uniti ed altri 8 partners: il Regno Unito è partner di primo livello, al pari degli Stati Uniti, con una quota di investimento nello sviluppo del programma del 10%; l’Italia, insieme all’Olanda, è partner di secondo livello, con una quota di investimento nello sviluppo del programma del 3,8–3,9%; Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca sono partner di terzo livello con una partecipazione finanziaria pari al 1-2%. Anche Israele e Singapore hanno firmato un accordo di partecipazione alla cooperazione e sicurezza che li ha coinvolti nel programma. Secondo quanto riportato nel sito dell’Aeronautica Militare, l’esigenza primaria italiana è quella di sostituire i velivoli AV-8B Harrier della Marina e gli AMX e i Tornado dell’Aeronautica, a partire dalla metà del prossimo decennio. La scelta è un “velivolo multi-ruolo [dallo] spiccato orientamento per l’attacco aria-suolo, Stealth, cioè a bassa osservabilità radar e quindi ad elevata sopravvivenza, in grado di utilizzare un’ampia gamma di armamento e capace di operare da piste semi-preparate o deteriorate, pensato e progettato per quei contesti operativi che caratterizzano le moderne operazioni militari di quest’era successiva alla Guerra Fredda.


Come si può leggere nel relativo dossier della Difesa, l’Italia ha aderito al programma sin dalla fase concettuale-dimostrativa (il programma si articolo in cinque fasi successive) con un investimento di 10 milioni di dollari; nel 2002, dopo l’approvazione delle Commissioni Difesa di Camera (4 giugno 2002) e Senato (14 maggio 2002) è stata confermata la partecipazione alla fase di sviluppo con un impegno di spesa di circa 1.190 milioni di euro. L’8 aprile 2009 le Commissioni Difesa di Camera e Senato hanno espresso parere favorevole sullo schema di programma trasmesso dal governo che comprendeva l’acquisto di 131 F35 al costo di 12,9 miliardi di euro (spalmati fino al 2026) e la realizzazione, presso l’aeroporto militare di Cameri (Novara), di una linea di assemblaggio finale e di verifica (FACO) per i velivoli destinati ai Paesi europei. Più recentemente, il ministro della Difesa Di Paola, nell’illustrazione del più generale disegno di revisione dello strumento militare davanti alle Commissioni Difesa della Camera e del Senato (seduta del 15 febbraio 2012), ha reso noto che vi sarà un ridimensionamento del programma, in quanto “l’esame fatto a livello tecnico e operativo porta a ritenere come perseguibile, da un punto di vista operativo e di sostenibilità, un obiettivo programmatico dell’ordine di 90 velivoli (con una riduzione di circa 40 velivoli, pari a un terzo del programma)”. Tale decisione è stata confermata dalla Camera con mozione n. 1-00908.




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Nell’ultima parte della dichiarazione, Ingroia fa probabilmente riferimento alla mozione Di Stanislao ed altri n. 1-781, respinta dalla Camera con il 57% dei voti e “finalizzata ad impegnare il governo a rivedere drasticamente la partecipazione dell’Italia al programma per la produzione e l’acquisto dei 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter e a valutare la possibilità di uscire definitivamente dal programma e di utilizzare tali risorse per il rilancio dell’economia e il sostegno all’occupazione giovanile”. Come ha votato il Pd in quest’occasione? Secondo quanto riportato da Openpolis, la maggioranza dei rappresentanti democratici si è astenuta (164), 2 si sono dichiarati favorevoli e 5 hanno espresso parere contrario. Non è compito di Pagella Politica fare il processo alle intenzioni e delineare possibili ragionamenti dietro le intenzioni di voto; ci limitiamo ad analizzare la realtà fattuale e, in questo caso, Ingroia non dice il vero. 


Sarà poi vero che il Pd non si è mai opposto? Prendiamo ad esempio il parere favorevole espresso dalla Commissione Difesa della Camera in merito all’acquisto degli originiari 131 cacciabombardieri. Durante la seduta l’Onorevole Ettore Rosato: “manifesta insoddisfazione, anche a nome del suo gruppo, per il metodo adottato dalla Commissione nell’esame del programma in oggetto”; “osserva come il programma in esame si collochi in un quadro economico del tutto carente, non essendo assolutamente chiarite le modalità e le risorse che dovranno finanziarlo”. E ancora Rosato “rileva che risultano del tutto indeterminati gli effetti che tale programma determinerà nel settore industriale, evidenziando al riguardo una seria preoccupazione per gli aspetti occupazionali”; “sottolinea inoltre l’esistenza di ulteriori questioni non affrontate in maniera esaustiva nel dibattito, evidenziando in particolare come la recente rinuncia da parte del governo ad acquisire un velivolo sperimentale, sia emblematica dell’assoluta mancanza di un disegno strategico sul programma” Infine “ritiene pertanto del tutto insufficienti le prescrizioni contenute nella proposta di parere favorevole del relatore.” Non si può negare che la Commissione abbia approvato all’unanimità tale decisione, ma è altrettanto vero che ciò è accaduto grazie all’astensione dei rappresentanti democratici (come si legge a pag. 46 del resoconto); non una vera e propria opposizione, certo, ma nemmeno un sostegno palese come cerca invece di far intendere Ingroia.


Lasciamo al lettore il compito di giudicare l’opportunità o meno, dell’adesione italiana a questo programma multinazionale; noi ci limitiamo all’analisi dei fatti e, alla luce della condotta del Pd nei casi presi in esame, non possiamo che classificare questa dichiarazione con un “Pinocchio andante”!