Nel giugno del 2012 si è riunita la prima task force con il compito di risolvere la crisi siriana. L’evento, chiamato Ginevra 1, ha visto la partecipazione del segretario generale dell’Onu e quello della Lega Araba, oltre che dei rappresentati del Ministero degli Esteri di diversi Paesi come Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Turchia, Kuwait, Qatar e Unione Europea.



Frutto di tali incontri fu il testo, passato agli atti come “Comunicato Finale” del gruppo d’azione per la Siria. Nella sezione “Clear Steps in the Transition” (pag. 3) vengono annoverati i passaggi per portare avanti un giusto processo di pacificazione della zona. Come si legge nel documento – e come viene dichiarato giustamente anche dalla Bonino – la strada per raggiungere la pacificazione passa per un governo di transizione, che sia in grado di stabilire quell’ambiente imparziale necessario per una transizione di successo. Il governo di transizione dovrà avere pieno potere esecutivo, e dovrà essere composto da membri sia del governo attuale sia dall’opposizione.



E’ vero che la parola “Assad” non compare mai nel testo, ma le indicazione e le richieste nei confronti del leader siriano erano, al tempo, abbastanza chiare. Il documento parla in maniera molto diretta del ruolo che dovrà avere il governo di Assad: cessate il fuoco, piena collaborazione con le forze Onu, non creare ostruzione con gli interventi umanitari, e soprattutto piena collaborazione dell’implementazione dei 6 punti d’azione del piano di transizione stabilito.



Il punto però, a parere della Bonino, è il futuro vero e proprio di Assad: avrà un ruolo? andrà in esilio? sarà sottoposto a un processo? Nel documento non v’è traccia di risposte a queste domande, e quindi noi non possiamo che dare un “Vero” al nostro ministro degli Affari Esteri.