La prima proposta di legge per l’abolizione dei vitalizi parlamentari, dal titolo ‘Nuove disposizioni concernenti il trattamento pensionistico dei parlamentari’, è stata effettivamente presentata e depositata alla Camera dal Pd, il 21 dicembre 2010. Primo firmatario, Enrico Letta. Occorre pero’ precisare che, a dispetto di quanto sembra insinuare Bersani dicendo ‘sono state fatte’, la proposta giace per ora in parlamento e non è diventata legge. Grande clamore fu suscitato invece da un episodio precedente. Nel settembre 2010 Antonio Borghese, deputato Idv presentò come ordine del giorno durante la discussione per l’approvazione del bilancio della Camera, una mozione che mirava all’abolizione del vitalizio per i deputati in carica e per quelli cessati dal mandato parlamentare. La proposta fu bocciata. Il Pd votò contro. Ma la formula scelta dall’Idv, il semplice “ordine del giorno” proposto durante la discussione del bilancio interno della Camera, appare anomala. Infatti l’odg, anche se approvato dalla maggioranza dei votanti, non avrebbe avuto valore di legge. Il Pd può essere quindi considerato il primo ad avere fatto una proposta di legge per l’abolizione dei vitalizi parlamentari.
Si puo’ attribuire al Pd la paternità del dimezzamento del finanziamento pubblico ai partiti, anche se non in esclusiva. Il 22 maggio 2012 infatti la Camera ha approvato il disegno di legge bipartisan Calderisi-Bressa che ha visto la collaborazione tra Pd e Pdl. Secondo il disegno i contributi statali, passano da 182 milioni di euro a 91 milioni di euro. Esattamente la metà.
Bersani ha ragione sull’accusa di ribaltamento del tavolo operato dal ritrovato asse Pdl-Lega. Infatti la norma sulla riduzione del numero dei parlamentari è stata inserita nel pacchetto di riforme costituzionali, in una prima versione sostenuto da Pd e Pdl. L’articolo 2 riduce i deputati da 630 a 508 (di cui otto residenti all’estero). Poco prima dell’esame al Senato, nel giugno 2012, il Pdl ha posto come condizione necessaria per l’accordo sul pacchetto l’inserimento al suo interno degli articoli sul semipresidenzialismo alla francese e sullo Senato Federale. Inserimento che ha fortemente allungato i tempi di approvazione del pacchetto. Per i provvedimenti di revisione costituzionale la procedura prevede infatti due passaggi per ogni Camera, a distanza di almeno tre mesi l’uno dall’altro. In questo caso, l’ultimo voto sarebbe calendarizzato a gennaio, termine considerato pericoloso per l’approssimarsi della fine della legislatura e dello scioglimento delle Camere.
Se Bersani si merita un “C’eri quasi”, ad Alessia Laudati rivolgiamo un enorme “Grazie” per aver contribuito inviandoci quest’analisi. Se anche tu vuoi collaborare con noi, inviaci una tua analisi tramite il form che trovi sul nostro sito!