Il 28 gennaio, Matteo Salvini ha partecipato alla trasmissione radiofonica Non Stop News in onda su RTL 102.5. ll ministro dell’Interno ha sottolineato che questo è il primo anno dove in Italia ci sono state più espulsioni di stranieri irregolari rispetto agli arrivi.

Ma che cosa ci dicono i dati? Abbiamo verificato.

Le espulsioni


Parlando di “espulsioni”, bisogna tener conto che sono più d’uno i provvedimenti verso i cittadini stranieri che portano all’allontanamento dal territorio nazionale. Facciamo brevemente chiarezza.

L’espulsione può essere di due tipi: amministrativa o giudiziaria. L’espulsione amministrativa, a sua volta, si distingue in ministeriale (se disposta dal Ministero dell’Interno) e prefettizia (se viene disposta dal prefetto del territorio interessato). I principali motivi che portano ad una espulsione amministrativa sono il pericolo per l’ordine pubblico, la prevenzione del terrorismo, la mancata richiesta da parte dello straniero del permesso di soggiorno entro i termini stabiliti, l’ingresso clandestino in Italia e il relativo mancato controllo alla frontiera.

L’espulsione giudiziaria, invece, è disposta dall’autorità giudiziaria e riguarda principalmente due casi: l’espulsione disposta da un giudice nei confronti di uno straniero al termine di un processo penale e l’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione.

Fino al 2011, la regola generale prevedeva che, in caso di espulsione, l’interessato fosse accompagnato immediatamente alla frontiera. Il d.l. 89/2011 ha apportato delle modifiche alle precedenti norme, stabilendo che l’applicazione del decreto di espulsione avvenga in via preferenziale con la partenza volontaria del soggetto. Si ricorre al rimpatrio forzato o all’accompagnamento alla frontiera italiana solo in alcuni casi come, ad esempio, il pericolo di fuga dello straniero, l’inosservanza del termine di partenza volontaria, l’espulsione disposta da una sanzione penale.

Esiste inoltre uno specifico problema che riguarda i rimpatri forzati. Come aveva infatti sottolineato l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti in occasione di un question time alla Camera nel mese di novembre 2017, un Paese non ha l’obbligo di “riprendersi” i suoi cittadini. Per questo, per rimpatriare i cittadini stranieri è necessario stipulare un accordo con i Paesi di origine.

Un approfondimento realizzato dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) a maggio 2018 ha evidenziato che tra il 2013 e il 2017 l’Italia ha rimpatriato solo il 20 per cento dei migranti a cui è stato indicato di lasciare il Paese. L’Ispi sottolinea che la nazionalità di coloro che ricevono l’ordine di tornare nel proprio luogo di origine influenza l’esito del rimpatrio: «L’Italia ha emesso decreti di espulsione in massima misura nei confronti di persone con nazionalità africana (49 per cento Nordafrica; 18 per cento Africa subsahariana). Roma è riuscita a sottoscrivere solo pochi accordi di riammissione con molti dei Paesi africani e, anche laddove questi esistono, la loro applicazione da parte di governi e autorità locali è discontinua e disomogenea».

 

Il risultato rivendicato da Salvini


Il leader della Lega ha rivendicato un risultato a suo avviso unico: un numero maggiore di espulsioni degli stranieri irregolari rispetto al totale degli arrivi. Quanto dichiarato corrisponde al vero ma è bene specificare che il ministro si rifà a un arco temporale piuttosto limitato: dal 1° gennaio 2019 al 23 gennaio 2019.

Infatti, secondo quanto riporta il Ministero dell’Interno, nei primi 23 giorni del 2019 sono approdati sulle coste italiane soltanto 155 migranti – dato confermato anche dall’Unhcr. Ancora secondo quanto riportato dal comunicato del Viminale, nei primi 23 giorni del 2019 sono stati 636 gli irregolari espulsi dall’Italia, «di cui 221 rimpatriati con accompagnamento alla frontiera».

Dunque, Salvini riporta un’informazione basata su dati corretti: nei primi giorni del 2019, rispetto al totale degli arrivi, è più alto il numero di rimpatri. Sottolineiamo a questo punto due aspetti. Uno: l’arco temporale preso in considerazione è molto ridotto e il risultato che può potenzialmente essere intaccato in tempi molto brevi.

Inoltre, se guardiamo ai dati degli ultimi tre anni, è evidente che gli irregolari in Italia sono ancora nell’ordine delle centinaia di migliaia di persone e il loro rimpatrio non è semplice. Lo stesso ministro dell’Interno aveva promesso, in campagna elettorale e anche successivamente, di mantenere un determinato ritmo nelle espulsioni e di stanziare determinate cifre per questo scopo, ma abbiamo di recente verificato che in realtà i soldi destinati alle espulsioni siano stati molti meno e lo stesso Salvini ha dovuto ammettere le difficoltà di realizzare quanto promesso.

Infine, il 2 febbraio 2019 il ministro dell’Interno ha rivendicato un risultato differente. In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, Matteo Salvini ha dichiarato che nel primo mese dell’anno le espulsioni sono state, in totale, 482. Non è chiaro da dove provenga questo dato, che non risulta essere in linea con quanto precedentemente riportato dal Viminale.

 

Il trend degli anni precedenti


Vediamo ora come sono andate le cose negli ultimi anni. In una nostra precedente analisi avevamo già fatto chiarezza sul numero di migranti rimpatriati. Il ministero dell’Interno ci aveva fornito dati a riguardo: nel 2017 sono stati rimpatriati 6.514 migranti, un numero in crescita rispetto ai 5.817 del 2016. I numeri degli sbarchi sono molto più alti: circa 120 mila nel 2017 e circa 180 mila l’anno precedente.

Abbiamo contattato il ministero dell’Interno chiedendo di condividere i dati sui rimpatri relativi al 2018, in modo da avere un riscontro ufficiale per le cifre. Al momento, però, non abbiamo ottenuto alcuna risposta.

Abbiamo quindi deciso di utilizzare, per il 2018, i dati resi pubblici qualche mese fa dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà.

Le osservazioni del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà


A novembre 2018 sono stati condivisi dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà i dati aggiornati ed elaborati dalla Direzione centrale dell’immigrazione della Polizia relativi ai rimpatri, alle loro procedure e alle maggiori criticità che comportano. Il ruolo principale del Garante è quello di monitorare i luoghi di privazione della libertà come i carceri, i centri per gli immigrati e i luoghi di polizia.

In occasione della presentazione del Rapporto sull’attività di monitoraggio delle operazioni di rimpatrio forzato dei cittadini stranieri (dicembre 2017-giugno 2018) sono stati condivisi dei dati utili al confronto tra l’andamento dei rimpatri nel 2017 e nel 2018.

Secondo il Garante nazionale, infatti, nel 2017 il totale dei rimpatri è risultato essere pari a 6.514 unità (cifra perfettamente in linea con quella che ci era stata fornita dal ministero dell’Interno). Si parlava, quindi, di una media di circa 543 persone rimpatriate mensilmente. Nel 2018 e, nello specifico, dal 1° gennaio al 31 ottobre, secondo il Garante nazionale sono stati rimpatriati 5.306 migranti; in questo caso, dunque, la media mensile è pari a 530 unità.

Il comunicato sottolinea come la leggera diminuzione tra 2017 e 2018 sia da ritenersi collegata a un generale calo degli sbarchi (che sono diminuiti, complessivamente, dell’80 per cento, passando da 119.369 nel 2017 a 23.370 nel 2018) piuttosto che a una minore efficienza nelle procedure di rimpatrio.

Infine il rapporto sottolinea l’importanza, per tutte le diverse fasi di un’operazione di rimpatrio, della presenza di un’organizzazione complessa: dei mediatori linguistici, dell’obbligo di comunicare a chi sta per essere rimpatriato in tempo utile la data della partenza così che possa organizzarsi e avvisare rispettivamente familiari e avvocato, e di evitare il più possibile qualsiasi tipo di misura coercitiva, fatta eccezione per casi di seri rischi di fuga.

 

Il verdetto


Matteo Salvini ha dichiarato che, per il primo anno in Italia, è più alto il numero dei migranti espulsi rispetto a quelli arrivati.

Il leader della Lega ha ragione ma riporta un dato molto specifico: il suo calcolo è infatti basato sui soli primi ventitré giorni del 2019. Seppur corretto, quindi, è presto per rivendicare un risultato straordinario. Se, poi, guardiamo ai primi dieci mesi del 2018 – periodo in cui il leader della Lega ha ricoperto il ruolo di ministro dell’Interno per quattro mesi – notiamo come i rimpatri mensili siano stati in media leggermente meno rispetto all’anno precedente.

In conclusione, Salvini merita comunque un “Vero”.