All’indomani dell’incontro istituzionale tra gli esponenti del M5S e il Premier Renzi, proponiamo il fact-checking della dichiarazione di Di Maio sulla tanto discussa legge elettorale e l’immunità parlamentare. Incredibile o meno, Luigi Di Maio ricostruisce eccellentemente in poche frasi la recente storia elettorale italiana.
La legge con cui abbiamo votato fino alle scorse elezioni politiche, la 270 del 2005, è meglio nota al pubblico italiano come Porcellum, dopo la stessa descrizione che ne fece l’autore, appunto Roberto Calderoli, intervistato da Enrico Mentana in una puntata di Matrix. I più nostalgici possono rivivere questo momento grazie a questo video.
In Italia si sono succedute sostanzialmente tre leggi elettorali: quella per l’elezione dell’Assemblea Costituente e poi applicata alle successive tornate elettorali; il Mattarellum (un pacchetto di due leggi relative, rispettivamente, a Camera e Senato) adottato nel 1993 e così chiamato dal nome del suo principale relatore, Sergio Mattarella, e il già citato Porcellum (invitiamo i lettori a consultare questo approfondimento del Corriere della Sera o quest’altro a cura del Senato della Repubblica). Ebbene, se non vogliamo considerare la parentesi della cosiddetta legge truffa, approvata nel 1953 su iniziativa dell’allora Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi e abrogata l’anno successivo, il Porcellum risulta, ad oggi, l’unica legge elettorale ad essere quasi completamente annullata da una sentenza della Corte Costituzionale.
Veniamo ai giorni nostri e cerchiamo di far luce sui tentativi di riforma del parlamento. Lo scorso aprile il governo ha presentato la sua proposta di riforma del Senato, in vista del superamento del bicameralismo perfetto. In effetti, l’articolo 6 toglieva l’immunità parlamentare ai senatori per lasciarla ai soli deputati.
Art. 6.
(Prerogative dei parlamentari)
1. All’articolo 68 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, le parole: «Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «Senza autorizzazione della Camera dei deputati, nessun deputato»;
b) al terzo comma, le parole: «membri del parlamento» sono sostituite dalla seguente: «deputati».
E che cos’ha fatto l’emendamento, il 6.1000 proposto da Calderoli congiuntamente con la democratica Finocchiaro? Niente di meno che eliminare completamente tale articolo, restaurando così l’immunità anche ai senatori, non più direttamente eletti dai cittadini.
Dell’immunità non si parla nel codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in parlamento dove leggiamo, però, che “Il parlamentare eletto dovrà dimettersi obbligatoriamente se condannato, anche solo in primo grado, nel caso di rinvio a giudizio sarà invece sua facoltà decidere se lasciare l’incarico”. Da ciò si intuisce che, almeno a nostra conoscenza, non esiste una regola comune unica adottata dai pentastellati, i quali quindi decidono in maniera autonoma se rinunciarvi. Lo deduciamo dall’invito fatto a dicembre dello scorso anno dal democratico Faraone a Nuti, e dalle rinunce spontanee di Maurizio Romani e De Rosa.
Sebbene l’ultima parte della dichiarazione sia difficile da verificare, ciò non toglie la correttezza della parte centrale dell’affermazione di Di Maio: “Vero”!