Per verificare quanto dichiarato dal Segretario del Pd, Matteo Renzi, nel corso della direzione nazionale del partito dello scorso 30 maggio a proposito delle percentuali di cui sono accreditate le forze politiche tradizionali in Europa, abbiamo guardato i sondaggi nei 28 Stati membri dell’Unione europea. Partiamo dall’Italia e in seguito gli altri Paesi in ordine decrescente per numero di abitanti.
Italia
In Italia, secondo gli ultimi sondaggi, il PD e il M5S sono entrambi più o meno vicini, a seconda dell’istituto di ricerca che ha svolto l’indagine, alla soglia del 30%. Il PD, provenendo dalla fusione dei partiti eredi della tradizione comunista e democristiana del Paese, è considerata una forza tradizionale.
Gli altri grandi Paesi europei
In Germania la CDU/CSU della cancelliera Angela Merkel, altra forza tradizionale di centrodestra del panorama politico tedesco, nei sondaggi degli ultimi 12 mesi è sempre stata ampiamente sopra al 30%. Con l’avvicinarsi delle elezioni politiche del prossimo 24 settembre la CDU/CSU è ulteriormente cresciuta, arrivando a fine maggio al 37%.
In Francia l’unica formazione che i sondaggi danno come vicina al 30%, alla vigilia delle imminenti elezioni legislative, è En Marche, il partito fondato in vista delle elezioni presidenziali dal neo-presidente Emmanuel Macron. Pertanto non un partito tradizionale.
Nel Regno Unito, che si avvia alle prossime elezioni politiche dell’8 giugno, i sondaggi di maggio non solo danno i conservatori (storico partito britannico di centrodestra) stabilmente sopra il 40%, ma anche i laburisti (altra formazione storica) sopra il 30% e in forte ascesa nelle ultime due settimane.
In Spagna il Partito Popolare, tradizionale forza di centrodestra che esprime anche il primo ministro Mariano Rajoy, è dato dai sondaggi dell’ultimo anno stabilmente sopra al 30%.
Due Paesi “medi” dell’Est Europa
In Polonia è più complicato stabilire se il PIS (Diritto e Giustizia), il partito fondato nel 2001 dai gemelli Kaczyński, sia una forza tradizionale o meno, anche considerato che il Paese è stato un regime comunista fino al 1989. Ha infatti posizioni nazionaliste e populiste ma è erede di una parte di Solidarnosc, lo storico partito di Lech Walesa, occupa stabilmente l’area di destra del panorama politico polacco da oltre un decennio, è attualmente al governo e lo era già stato nel primo decennio degli anni 2000. Nei sondaggi è dato stabilmente al di sopra del 30%.
Anche la Romania pone il problema di quali tra le proprie formazioni politiche si possano considerare “tradizionali”, visto che fino al 1989 era una dittatura comunista. Il Partito Social Democratico rumeno è stato fondato nel 2001 (come il Pis polacco) e da allora occupa stabilmente l’area di centrosinistra in Romania. Ha vinto le ultime elezioni parlamentari nel 2016 con il 45% dei voti, esprime il Primo Ministro Sorin Grindeanu e recenti sondaggi lo danno stabilmente sopra la soglia raggiunta nelle urne.
I Paesi di dimensioni medio-piccole
In Olanda il partito liberale (VVD), fondato nel 1948 sulle ceneri di altre precedenti formazioni liberali, è l’unica formazione che sta sopra il 20% nei sondaggi (un risultato non dissimile da quello ottenuto nelle urne lo scorso 15 marzo), ma ampiamente lontano dal 30%.
In Grecia Nea Demokratia, la forza tradizionale di centrodestra attualmente all’opposizione del governo Tsipras, nei sondaggi dell’ultimo anno è stabilmente sopra il 30%.
In Portogallo il Partito Socialista, il cui leader Antonio Costa è Primo Ministro, viene dato dagli ultimi sondaggi di aprile 2017 sopra il 40%. Già alle ultime elezioni politiche dell’ottobre 2015 era comunque al 32,3% e da allora è andato in crescendo.
In Belgio l’unico partito che si avvicini alla soglia del 30% nei sondaggi (anche se di recente è in flessione) è il N-VA, il partito indipendentista fiammingo di centrodestra, forza tradizionale di quei territori.
In Repubblica Ceca l’unico partito che viene dato vicino al 30% dai sondaggi è ANO (che significa “sì” in ceco), una formazione centrista-populista fondata nel 2012 dal secondo uomo più ricco del Paese. Non una forza tradizionale, dunque.
In Ungheria il partito del presidente Orban, Fidesz, è una formazione populista di destra nazionalista, anche se in origine nasceva come una forza di ispirazione liberale. Fondato nel 1988, occupa il campo di centrodestra fin dalla fine del comunismo e nei sondaggi viene attualmente dato sopra il 50%.
In Svezia il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori, fondato nel 1889, viene dato dagli ultimi sondaggi poco sopra al 30%.
In Austria gli ultimi sondaggi danno sia il partito tradizionale di centrodestra OVP (poco al di sopra) che quello tradizionale di centrosinistra SPO (poco al di sotto) vicini alla soglia del 30%, mentre il partito populista FPO è dato in calo, al 25%.
In Bulgaria, alle ultime elezioni di marzo 2017, il partito di centrodestra GERB ha vinto con poco più del 30% e quello di centrosinistra – il partito socialista bulgaro, fondato nel 1894 – è arrivato secondo a pochi punti dalla soglia (28%).
I Paesi piccoli
In Danimarca il Partito Socialdemocratico SD (fondato nel 1871) è l’unica forza che nei sondaggi si avvicina al 30% (ad aprile era dato al 28%).
In Slovacchia il Partito Socialista SMER, nato dopo la dissoluzione del regime comunista e la separazione dalla Repubblica Ceca, viene dato dai sondaggi vicino al 30%.
In Finlandia il panorama politico è fortemente frammentato e nessuna formazione, tradizionale o meno, negli ultimi sondaggi si avvicina al 30%.
In Irlanda i due principali partiti politici, il Fianna Fail e il Fine Gael, nelle ultime rilevazioni vengono dati rispettivamente al 27% e al 30%.
In Croazia l’Unione democratica croata (HDZ), partito di centrodestra fondato nel 1989 e che ha guidato il Paese negli anni successivi alla dissoluzione della Jugoslavia, è dato dagli ultimi sondaggi ampiamente sopra il 30%.
La lituana Unione dei contadini e dei Verdi (LVZS) – unica formazione che nei sondaggi viene data sopra al 30% – pone il problema di molte altre formazioni politiche dell’Est Europa, se considerarla “tradizionale” o meno. Fondata nel 2001 (ha cambiato nome negli anni successivi fino a quello attuale, nel 2012) si ispira già nel nome al Partito Popolare dei contadini, di centrosinistra, che operava prima dell’invasione sovietica. Relativamente alla storia del Paese sembra dunque che la risposta debba essere positiva.
In Lettonia il partito socialdemocratico “Armonia” (SDPS), nato dalla fusione di varie forze tradizionali di centrosinistra, viene dato dai recenti sondaggi largamente sopra il 30%.
In Slovenia il Partito Democratico – formazione di centrodestra che raccoglie l’eredità dei partiti tradizionali di quell’area, nati dopo il 1989 – è dato dagli ultimi sondaggi a più del 28%, secondo alcuni istituti anche a più del 29%.
In Estonia le due formazioni liberali (facenti parte dell’ALDE all’Europarlamento) nate nei primi anni ’90 Keskerakond e Reformierakond si contendono la soglia del 30%, che viene spesso avvicinata dall’una a discapito dell’altra. Negli ultimi sondaggi Keskerakond è data in vantaggio, al 29%, e Reformierakond segue al 25%. Alle elezioni del 2015 era invece la seconda formazione in vantaggio, col 28%, davanti alla prima, che si era fermata al 25%.
A Cipro il partito conservatore Dimokratikós Sinagermós, fondato nel 1974 da Glafkos Klerides (presidente dal 1993 al 2003), è dato dai sondaggi stabilmente sopra il 30%.
Nel Lussemburgo il partito cristiano-democratico CSV viene dato nei sondaggi al 40% o più nei distretti elettorali centro, nord ed est, e comunque sopra il 35% anche nel distretto sud.
A Malta il partito laburista ha vinto le recentissime elezioni del 3 giugno con il 55% dei voti, mentre il partito nazionalista (centrodestra) si è fermato al 43,7% dei voti.
La classifica
Su 28 Paesi presi in considerazione solo 4 di questi – Francia, Olanda, Repubblica Ceca e Finlandia – non hanno formazioni politiche tradizionali vicine al 30%. In Francia infatti c’è una formazione vicino a tale soglia ma è una nuova creatura politica, come accade anche in Repubblica Ceca. In Olanda invece nessuna forza politica arriva nemmeno vicina al 30% nei sondaggi, come anche in Finlandia.
Dei 24 Paesi restanti sei hanno un partito a più del 40% (Uk, Romania, Portogallo, Ungheria, Lussemburgo e Malta), in Germania la CDU/CSU si avvicina a tale soglia, e nei restanti 17 Stati c’è almeno una forza politica tradizionale che viene data dai sondaggi vicina al 30% (poco più o poco meno, come il Pd di Renzi).
Il Verdetto
Matteo Renzi ha dunque detto una “Panzana pazzesca”, sostenendo che la condizione del Partito Democratico sia l’eccezione in Europa. Siamo al contrario assolutamente nella regola e ci sono diversi Stati in cui le formazioni tradizionali vengono accreditate di percentuali largamente superiori a quelle attribuite ad oggi al PD.