La riforma della riscossione dei tributi, avvenuta con il decreto legge 203 del 30/09/2005 (sotto il III governo Berlusconi, ad opera dell’allora ministro dell’Economia Tremonti) e divenuta legge il 2 dicembre dello stesso anno (n. 248), ha rappresentato il passaggio dell’attività di riscossione dalle mani dei privati (banche perlopiù) allo Stato. All’articolo 3 del dl si legge infatti della costituzione – da parte dell’Agenzia delle entrate e dell’Inps – della Riscossione Spa, che nel 2007 ha cambiato nome diventando la ben nota Equitalia. Renzi ha quindi ragione quando dice che Equitalia “l’ha fatta” Tremonti, nel senso che è stata di fatto costituita per opera sua e del governo di cui ha fatto parte.
Quando sostiene, invece, che i poteri glieli abbiano dati Visco e Bersani, il sindaco di Firenze esagera un pochino. Di certo però, il leader del Pd ha legiferato sul tema Equitalia, ampliandone i poteri. L’articolo 34, comma 26 del decreto Visco-Bersani (dl 223/2006) permette agli agenti di riscossione di “accedere a tutti i restanti dati rilevanti (oltre a quelli dell’Agenzia delle entrate) presentando apposita richiesta, anche in via telematica, ai soggetti pubblici o privati che li detengono, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti dati, nonchè di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni”. Inoltre, la modifica del dl avvenuta con la legge 296/2006 (la Finanziaria 2007) ha stabilito la cosiddetta “tracciabilità dei compensi” ossia l’obbligo di effettuare i pagamenti ai professionisti solo tramite assegni non trasferibili, bonifici o comunque sistemi di pagamenti tracciabili (con alcune deroge per casi specifici, come per gli importi bassi).
Da qui però a dire che i poteri ad Equitalia li abbia dati Bersani, il passo è un pò troppo lungo e le gambe di Renzi si accorciano. “C’eri quasi”.