La dirompente entrata dei ”cittadini” del MoVimento5stelle all’interno del parlamento ha sicuramente avuto un primo, grande effetto sulla politica italiana, almeno a giudicare dagli eventi di queste ultime settimane: ha spostato l’attenzione del dibattito pubblico sui costi della politica, ed in particolare sui rimborsi elettorali destinati ai partiti e sul ”salario” corrisposto ai 945 parlamentari dell’attuale legislatura (a cui, precisiamo, si aggiungono quattro Senatori a vita). 


I primi effetti si sono, infatti, cominciati a notare una volta ufficializzato l’insediamento dei nuovi presidenti di Camera e Senato i quali, in occasione della prima riunione delle conferenze dei presidenti dei gruppi, hanno annunciato quasi immediatamente la loro intenzione di ridurre Ii propri stipendi del 30%, oltre ad abolire la natura forfettaria di gran parte dei rimborsi.


Nonostante abbiamo giá trattato dell’argomento in una nostra precedente analisi, riteniamo giusto sottoporre l’entitá del compenso dei nostri parlamentari ad un ulteriore scrutinio, sia per verificare l’esattezza della dichiarazione di Crimi, sia per venire incontro ad uno degli argomenti piú importanti di questo periodo.


Per fare ció, ci torna utile la relazione a riguardo presentata dalla Camera dei deputati nel marzo del 2011, che presentava le componenti di entrata dei parlamentari prima dei tagli decisi nel corso del 2011 e successivamente nel 2012. La relazione,a pagina 32, dispone le tipologie di entrate in una nitida tabella. All’epoca l’indennitá, ossia lo stipendio mensile di un parlamentare italiano, raggiungeva la somma di 11.703 euro al lordo delle tasse (pag. 3), ai quali bisognava aggiungere una diaria per il rimborso delle spese di soggiorno a Roma (3.503 euro al mese, totalmente fortfettari – pag. 6), i rimborsi forfettari per le spese di viaggio dal luogo di residenza dei parlamentari a Roma (fino ad un massimo di 1.331 euro per viaggi di distanze superiori ai 100 kilometri – pag. 8), i contributi per le spese di segreteria (3.690 euro al mese, giá ridotti di 500 euro rispetto al 2010, di natura forfettaria – pag. 10) ed ulteriori rimborsi per le spese telefoniche (258 euro al mese) ed informatiche (2.500 euro per l’intera legislatura – pag. 10).


Insomma, sommando l’indennitá ai rimborsi di varia natura il parlamentare accumulava nel 2011 un totale massimo di 20.486 euro. 


Tutto questo era, comunque, precedente la grande crisi dell’estate del 2011, le dimissioni di Berlusconi davanti ad una Piazza del Quirinale ribollente di contestatori, l’altalenare dello spread, l’avvento dei loden, del fiscal compact e del rigore finanziario, ed in ultimo prima della straordinaria cavalcata di Grillo sull’onda del suo tsunami tour. La nuova relazione parlamentare sui tagli dei costi delle due Camere, pubblicata nel dicembre del 2012, presenta, infatti, un minuscolo dettaglio di questi ultimi 16 mesi di storia nazionale, riassumibile nelle riduzioni degli emolumenti parlamentari che fanno capolino qua e lá tra le pagine, sospinti, nel corso dei mesi, da un’onda montante di indignazione popolare.


Scopriamo, quindi, che l’indennitá lorda (prima delle tasse) raggiunge adesso la cifra di 10.435 euro, che il rimborso per le spese di soggiorno a Roma sará oramai soggetto ad una decurtazione giornaliera di 206 euro per ogni seduta saltata dal parlamentare, e che il rimborso per le spese di segreteria, benché mantenga una soglia massima di 3.630 euro, non é piú di natura interamente forfettaria bensí sottoposto per il 50% a spese rendicontate dal parlamentare.


Insomma, non tocca a noi stabilire se questi tagli siano sufficienti o no, né tocca a noi stabilire la giustezza dell’accanita lotta contro gli stipendi dei parlamentari. Tuttavia notiamo che, nonostante le ultime riduzioni, la somma totale guadagnata mensilmente da un parlamentare italiano raggiunge comunque quasi 19.000 euro, poco al di sotto di quanto dichiarato da Crimi.


Ed é anche vero che, tuttora, poche voci sono soggette a rendicontazione, o meglio: sarebbero pure abbastanza (consulenze, ricerche, gestione dell’ufficio, utilizzo di reti pubbliche di consultazione dati, convegni e sostegno delle attivitá politiche, come specificato a pagina 15 della seguente relazione), ma valgono solamente per il 50% del rimborso di attivitá di segreteria a cui avrá diritto il parlamentare giacché, come specificato sopra, il restante 50% é di natura forfettaria.


Cosa vuol dire tutto ció? Crimi ha ragione? Non totalmente. Innanzitutto ci teniamo a specificare che le somme citate sopra includono, appunto, l’indennitá al lordo delle tasse che, volenti o nolenti, pure i parlamentari devono pagare. Ai 10.000 e piú euro mensili vanno, effettivamente, sottratti contributi di tipo previdenziale, assistenziale e fiscale, oltre alle addizionali regionali e comunali che possono variare in base al domicilio fiscale del deputato. Insomma, considerando l’indennitá al netto delle tasse e dei contributi si supererebbe di poco una somma media di 5.000 euro mensili, che porterebbero il totale ”intascato” dai parlamentari ben al di sotto dei 21.000 euro citati da Crimi (ma molto distante da quanto guadagneranno gli stessi parlamentari ”grillini” che, almeno a giudicare da quanto riportato sotto la voce ”Trattamento economico” del Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in parlamento, guadagneranno 5.000 euro lordi di indennitá). In ogni caso, ”Ní”.