Federica Guidi, ministro per lo Sviluppo Economico, ribadisce la volontà del governo di incrementare la ricerca di idrocarburi. Il casus per la dichiarazione è la notizia che la Croazia ha messo a gara alcuni spicchi di superficie marina dell’Adriatico per la ricerca di idrocarburi, in alcuni casi a ridosso delle acque territoriali italiane, mentre in Italia – come riporta Il Messaggero – “le concessioni rimangono al palo frenate da complicati iter procedurali e da una cascata di autorizzazioni (comprese quelle della Regione Veneto) per iniziare solo a pensare di installare una piattaforma”.
Il decreto a cui si riferisce il ministro Guidi è quello titolato “Rimodulazione della zona “E” e ricognizione delle zone marine aperte alla presentazione di nuove istanze del 9 agosto 2013“. Il breve decreto segue alle indicazioni contenute nella Strategia Energetica Nazionale e mira a regolare la ricognizione e la rimodulazione delle zone marine aperte alla presentazione di nuove istanze per il prosperare e la ricerca di idrocarburi nel rispetto dei limiti ambientali. La ratio esplicitata dall’allora ministro Zanonato, promotore del decreto, è quella di sostenere le risorse nazionali strategiche, concentrando la ricerca in poche aree marine a maggior potenziale.
Al primo articolo il decreto definisce la delimitazione della cosiddetta zona “E” tra il Mar di Sardegna e il Mare Balearico in cui è possibile presentare nuove istanze (l’allegato “A” contiene le coordinate della zona). All’articolo 2 il decreto prevede che sul sito internet del Ministero dello Sviluppo Economico sia pubblicata e aggiornata periodicamente la planimetria delle aree aperte alla presentazione di nuove istanze per l’attività di ricerca di idrocarburi.
All’allegato D viene presentata la situazione delle zone marine precedente al decreto mentre l’allegato C ci mostra la nuova conformazione delle aree marine. Dal confronto tra le due carte è evidente come le modifiche normative degli ultimi anni (si veda il decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e sue modifiche) abbiano di fatto ridotto l’area in cui era possibile presentare istanze per il conferimento di nuovi titoli minerari; il decreto qui in esame non fa altro che definirne meglio i confini. In particolare, nel caso della zona E, viene previsto il blocco delle attività di ricerca nel Mar Tirreno ma viene compreso il settore ovest dove è consentito presentare nuove istanze.
Sul versante Adriatico, invece, si ridefiniscono le aree per le nuove istanze, delimitandole alla sola porzione di mare successiva alle 12 miglia di cui sopra ed esclusa la zona dell’alto Adriatico. Va notato che, rispetto alla situazione precedente al decreto, le attività sono state spostate verso aree più lontane dalle coste diminuendo l’effettivo spazio dell’area marina aperta alle ricerche: l’articolo 2 precisa che l’attuale estensione è pari a 139.656 kmq rispetto alla precedente di 227.160 kmq. Per chi volesse saperne di più informiamo che dal sito del Ministero per lo Sviluppo Economico è possibile verificare che esistono già società in possesso di titoli esclusivi che consentono le attività di ricerca (indagini geofisiche e perforazione del pozzo esplorativo per l’individuazione di un eventuale giacimento di idrocarburi), anche nell’Adriatico.
Concludendo, è vero che il decreto di rimodulazione delle aree marine ha disciplinato, o meglio ri-disciplinato, le aree marine su cui è possibile effettuare nuove attività di ricerca al fine di chiarire le zone in cui è possibile presentare nuove istanze. Mentre ha chiuso l’apertura a nuove attività di ricerca nell’area tirrenica, ha aperto nuovi spazi di ricerca (zona “E”), ma non nell’Adriatico, dove l’area marina aperta a nuove istanze si è ridotta per via dell’allontanamento dalla costa. Anche se il ministro non sbaglia sulla sostanza del decreto, avrebbe potuto essere più precisa, “Nì”!