Bersani alla prova del diritto penale! Vediamo se supera l’esame…



Sul falso in bilancio, la dichiarazione potrebbe sembrare fuorviante. Tra le leggi contestate a Berlusconi c’è anche la cosiddetta “depenalizzazione” del falso in bilancio, avvenuta con il decreto legislativo n.61/2002. Tuttavia, non e’ che il reato sia scomparso dal nostro ordinamento e si possa tranquillamente falsificare un bilancio. Il codice civile contiene infatti due norme che disciplinano le “false comunicazioni sociali” all’interno di una sezione dedicata alle “Disposizioni penali in materia di società e consorzi”. L’articolo 2621 punisce il falso in bilancio con l’arresto fino a due anni, mentre l’articolo 2622 prevede la pena della reclusione fino a 3 anni se il falso in bilancio ha cagionato un danno patrimoniale alla societa’, ai soci e ai creditori. Panzana pazzesca per Bersani? Non proprio. Infatti, la nuova disciplina ha modificato significativamente la normativa precedente, introducendo una serie di soglie di non punibilità nel caso in cui il falso non alteri “sensibilmente” la rappresentazione della situazione economica della società, e prevedendo le tre soglie del 5% del risultato di esercizio, dell’1% del patrimonio netto e del 10% rispetto alle valutazioni corrette. E’ dunque vero che per tutte queste fattispecie il falso in bilancio e’ stato depenalizzato: non e’ piu’ reato ma costituisce semmai un illecito punito con una sanzione amministrativa, ma negli altri casi rimane un reato. Possiamo osservare che il tentativo di eliminare alcune disposizioni dell’attuale normativa, tra cui queste cause di esclusione della punibilità, è avvenuto lo scorso maggio su iniziativa dei deputati Di Pietro e Palomba dell’Idv con la proposta di legge Modifiche al codice civile, concernenti le disposizioni penali in materia di società e consorzi”, che tuttavia (come è possibile vedere sul sito Openpolis) giace ancora alla Camera. Per quanto riguarda la dichiarazione di Bersani possiamo fermarci qui, ma per un approfondimento sulle altre modifiche introdotte dalla nuova normativa rimandiamo a questo capitolo.



Sull’auto-riciclaggio Bersani si mostra piu’ preciso. Sebbene esista una norma del codice penale che disciplini il reato di riciclaggio (648 bis), essa si rivela insufficiente allo scopo di disciplinare l’auto-riciclaggio. Infatti, l’articolo prevede che “fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilita’ provenienti da delitto non colposo […] e’ punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire euro 1.032 a euro 15.493“. L’inciso iniziale, “fuori dei casi di concorso nel reato”, fa sì che, per essere condannabile, il riciclatore debba essere estraneo al fatto illecito che ha prodotto il denaro oggetto di riciclaggio. L’autoriciclaggio invece avviene proprio quando il riciclatore e’ la stessa persona che ha ottenuto il denaro in maniera illecita. La buona notizia e’ che la Camera ha recentemente iniziato a riesaminare alcune proposte di legge per l’introduzione di questo reato.



Bersani scivola sul voto di scambio mafioso. Il reato infatti esiste. Il Titolo V del secondo libro del Codice Penale è dedicato interamente ai delitti contro l’ordine pubblico. L’articolo 416-ter, “Scambio elettorale politico-mafioso”, stabilisce che che “la pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416-bis [che disciplina l’associazione di tipo mafioso] si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro”. Non solo esiste l’articolo ma, per quanto non manchino critiche e problematiche, esso viene anche applicato. A titolo di esempio, citiamo un articolo del Sole 24 Ore dello scorso agosto che riporta la notizia che la Cassazione, con la sentenza 32820/12, ha stabilito che anche la semplice ‘promessa di scambio’ senza effettivo scambio di denaro è sufficiente per l’incriminazione, fugando alcuni dei dubbi riguardo all’efficacia del provvedimento.



Complessivamente, Bersani ne azzecca una a metà, una in pieno e sbaglia proprio alla fine, meritandosi un “Ni'”!