La fattispecie citata dal presidente della Camera è rappresentativa delle “centinaia di richieste presentate contro l’Italia a causa della situazione di sovraffollamento nelle carceri”, come informa un documento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.



L’ultimo caso contro l’Italia è quello di Torreggiani e altri: sette detenuti nelle prigioni di Piacenza e Busto Arsizio hanno invocato la violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo per trattamento inumano o degradante.



Lo scorso 8 gennaio, la Corte ha riconosciuto la violazione dell’articolo 3 della Convenzione e dichiarato che “lo Stato convenuto dovrà, entro un anno a decorrere dalla data in cui la presente sentenza sarà divenuta definitiva […], istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi idonei ad offrire una riparazione adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario, e ciò conformemente ai principi della Convenzione come stabiliti nella giurisprudenza della Corte”.



L’Italia, dopo aver presentato un ricorso per “allungare i tempi”, come affermato anche dal capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha ricevuto la conferma ufficiale della sentenza nel maggio del 2013, data in cui la Grande Camera ha rigettato il ricorso italiano.



Laura Boldrini non usa le stesse parole della Corte, ma esprime lo stesso significato: la sentenza definitiva è arrivata a maggio del 2013, e da quella data lo Stato italiano ha un anno per rimediare la situazione. In concreto, si richiede all’Italia, per un verso, di diminuire il numero di persone soggette a detenzione, sia attraverso l’applicazione di misure punitive non privative della libertà personale sia minimizzando l’impiego della custodia carceraria; per altro verso, di introdurre le necessarie vie di ricorso per giustiziare le possibili violazioni perpetrate ai detenuti nel corso dell’espiazione della pena.



La palla è dunque ora in mano alle istituzioni italiane: una mancata o inefficace risposta porterebbe, evidentemente, a condanne al risarcimento pesanti da Strasburgo, una volta decorso l’anno concesso dalla Corte stessa.



Diamo un “Vero” alla Presidente della Camera e speriamo che le sue parole siano un monito per coloro che hanno la possibilità di trovare finalmente una soluzione ad un problema di dimensioni ormai gigantesche.