Il 26 febbraio, ospite di Cartabianca su Rai 3, Giorgia Meloni ha dichiarato (min. 01:08:25) che «la protezione umanitaria è uno strumento che esiste solamente qui». Secondo la leader di Fratelli d’Italia, negli ultimi anni chi ha ricevuto dal nostro Stato questa forma di protezione «in tutti gli altri Paesi del mondo non sarebbe stato accolto».

Meloni dice però una cosa falsa. Vediamo perché.

Quali sono i tipi di protezione in Italia?

Quando si parla di accoglienza, bisogna fare alcune distinzioni. Una volta arrivato in Italia, infatti, un migrante può ricevere dalle Commissioni territoriali tre tipi di protezione, con alcune differenze significative legate ai benefici concessi.

Lo status di rifugiato

Lo status di rifugiato è regolato dalla Convenzione di Ginevra, un trattato delle Nazioni Unite sottoscritto da 147 Paesi nel 1951 e ratificato dall’Italia con la legge n. 722 del 1954.

L’articolo 1 della Convenzione stabilisce che va assegnato questo status a chi, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese».

Semplificando: a un rifugiato riconosciuto come tale viene dato un permesso di soggiorno per asilo con una durata di cinque anni e rinnovabile a ogni scadenza. Tra i diritti del ricevente ci sono: l’accesso al lavoro; il ricongiungimento familiare; il diritto all’assistenza sanitaria, sociale e all’istruzione pubblica; il diritto di circolare liberamente all’interno dell’Unione europea e di chiedere la cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza in Italia.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, tra il 2015 e il 2018 hanno ricevuto la status di rifugiato circa 22.300 richiedenti, il 6,5 per cento su un totale di circa 340 mila casi esaminati – se non si contano gli esiti dei ricorsi nei gradi di giudizio della giustizia ordinaria.

La protezione sussidiaria

La seconda forma di protezione internazionale che può ricevere un migrante è quella sussidiaria: è prevista dall’ordinamento dell’Unione europea ed è concessa – come spiega il Ministero dell’Interno – al cittadino straniero che «non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine […] correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno».

Al migrante viene concesso quindi un permesso di soggiorno della durata di tre anni, rinnovabile a ogni scadenza e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Rispetto allo status di rifugiato, chi riceve la sussidiaria ha qualche beneficio in meno, ma gode di diritti essenziali come la possibilità di partecipare all’assegnazione di alloggi pubblici.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, tra il 2015 e il 2018 hanno ricevuto la protezione sussidiaria circa 34.300 richiedenti, il 10 per cento su un totale di circa 340 mila casi esaminati – se non si contano gli esiti dei ricorsi nei gradi di giudizio della giustizia ordinaria.

La “vecchia” protezione umanitaria

Chi ha fatto domanda di richiesta d’asilo prima del 5 ottobre 2018 può ricevere una terza forma di protezione, quella umanitaria, che come vedremo più avanti è stata di fatto cancellata con il “decreto sicurezza”, approvato in quella data.

A differenza dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, quella umanitaria non è una protezione internazionale, ma è concessa qualora ricorrano «gravi motivi» di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano.

Semplificando: la protezione umanitaria impedisce di rimpatriare nel proprio Paese d’origine migranti la cui vita e libertà sarebbero minacciate, ma che non hanno i criteri per essere tra i beneficiari né della sussidiaria né dello status di rifugiato.

La durata del permesso di soggiorno per motivi umanitari è di due anni e tra i diritti concessi permette di svolgere attività lavorativa e di richiedere la cittadinanza dopo dieci anni di residenza legale in Italia. Questa forma di protezione, però, non consente il ricongiungimento familiare.

Tra il 2015 e il 2018, secondo i dati del Ministero dell’Interno hanno ricevuto la protezione umanitaria circa 75 mila richiedenti, oltre il 22 per cento su un totale di circa 340 mila casi esaminati – se non si contano gli esiti dei ricorsi nei gradi di giudizio della giustizia ordinaria.

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I “nuovi” permessi speciali

Come abbiamo visto, il 4 ottobre 2018 è stato approvato il decreto legge n. 113, noto anche con il nome di “decreto sicurezza”, convertito in legge (n. 132/2018) il 1° dicembre 2018. Le domande presentate dopo tale data – così come quelle da rinnovare, una volta scadute – sono regolate da questa nuova norma.

Tra le diverse misure introdotte, questo testo ha di fatto soppresso la concessione dei permessi di soggiorno «per motivi umanitari», sostituendoli con alcuni permessi speciali dati ai richiedenti per alcuni particolari motivi: per cure mediche, per le vittime di violenza domestica e di grave sfruttamento, per situazioni di eccezionale calamità, o per atti di particolare valore civile.

Se non sussistono queste condizioni, il permesso speciale può essere comunque concesso ai richiedenti che, pur non potendo ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, rischierebbero la persecuzione o la tortura nei loro Paesi di origine.

Insomma, il governo – come dimostra anche una circolare inviata dal Ministero dell’Interno ai prefetti a luglio 2018 – ha ritenuto che la concessione della protezione umanitaria fosse troppo discrezionale, garantendo permessi di soggiorno a un numero troppo elevato di richiedenti asilo.

Che conseguenze ci sono?

A gennaio 2019, nei primi quattro mesi di applicazione del “decreto sicurezza”, la protezione umanitaria è stata concessa solo nel 2 per cento dei casi esaminati, rispetto al 25 per cento del 2017. Questo ha comportato un conseguente aumento dei dinieghi: da giugno 2018 a oggi, hanno visto respinta la loro richiesta d’asilo circa 44.400 migranti.

Di questi, solo una minima parte è stata rimpatriata (circa 4.300). Secondo quanto scrive Matteo Villa, dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), così come diversi sindaci italiani, questo comporterà in futuro un continuo aumento degli irregolari presenti in Italia (stimati in +138 mila circa entro dicembre 2020).

Perché la protezione umanitaria non c’è solo in Italia

Già in passato, alcuni politici – come il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio – avevano giustificato l’abolizione della protezione umanitaria sostenendo che fosse un’eccezione tutta italiana. Una posizione identica a quella presa da Giorgia Meloni.

In realtà, secondo Eurostat, sono 25 i Paesi europei – di cui 21 sono membri dell’Unione europea – che prevedono la concessione di una forma di protezione per «motivi umanitari» (humanitarian reasons).

Con questa terminologia, Eurostat fa riferimento ai migranti che non ricevono lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, ma vengono comunque accolti, appunto, su basi umanitarie.

In generale, nel 2017 (dati più aggiornati) 19 Paesi dell’Unione europea hanno concesso in totale una qualche forma di protezione a circa 538 mila migranti. Di questi, circa il 15 per cento (77.530) hanno ricevuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Oltre a questi 19, altri sei Stati hanno protezioni simili alla umanitaria, sebbene nel 2017 non ci sono stati casi in cui è stata concessa. Solo in Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Lituania, Francia, Bulgaria e Belgio non sono applicabili forme di protezione per humanitarian reasons.

Infine l’Italia non è lo Stato in Europa che ha concesso nel 2017 più protezioni umanitarie di tutte (20.015). Al primo posto c’è infatti la Germania (50.420), seguita dal nostro Paese e dalla Svizzera (7.345).

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Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni, la protezione umanitaria esiste solo in Italia e i migranti che l’hanno ricevuta negli ultimi anni non sarebbero mai stati accolti in altri Paesi europei. Questa affermazione è però falsa.

Innanzitutto, la leader di Fratelli d’Italia omette di dire che questa forma di protezione è stata di fatto abolita con il “decreto sicurezza”, che l’ha sostituita con permessi speciali, dai criteri selettivi più restrittivi (come si è visto dal basso numero di permessi concessi a gennaio 2019).

In tutta Europa, sono comunque 25 i Paesi – 21 nell’Ue – che prevedono la concessione di permessi di soggiorno ai migranti per «motivi umanitari». Nel 2017 ne hanno beneficiato oltre mezzo milione di persone nel continente. La leader di Fratelli d’Italia merita dunque una “Panzana pazzesca”.