L’11 dicembre, ospite a Omnibus su La7, la deputata del Movimento 5 stelle Vittoria Baldino ha difeso il reddito di cittadinanza, dicendo (min. 1:04:50) che «i dati Inps […] ci dicono che la povertà è diminuita del 60 per cento».
In studio, il giornalista del Foglio Luciano Capone ha subito replicato a Baldino dicendo che «non c’è un dato pubblicato» a sostegno di questa dichiarazione.
Ma è vero o no che il reddito di cittadinanza ha più che dimezzato la povertà in Italia? La risposta, in breve, è no; o meglio, è ancora presto per dirlo. Vediamo nel dettaglio perché.
Che cosa dice l’Inps
Il 2 dicembre, il Blog delle Stelle ha pubblicato un articolo intitolato “Presidente Inps: con il Reddito di Cittadinanza tasso di povertà diminuito del 60 per cento”, che contiene un’intervista rilasciata lo stesso giorno dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico all’Economia del Corriere del Mezzogiorno.
«L’impatto che abbiamo calcolato del reddito di cittadinanza sulla povertà povertà, dopo solo sei mesi di introduzione, – ha detto Tridico – è di una riduzione forte […] di circa -60% del tasso di povertà».
Con “tasso di povertà” si intende il rapporto tra il numero di persone che vive in povertà e il numero totale dei residenti in Italia. Secondo Tridico dunque – come riportato da Baldino su La7 – il numero dei poveri si sarebbe ridotto del 60 per cento, più che dimezzandosi. Ma su quali basi poggia questo dato (ripreso di nuovo il 6 dicembre in un altro articolo del Blog delle Stelle)?
Nell’intervista, Tridico dice «abbiamo calcolato», facendo dunque riferimento ad analisi interne all’Inps, che ricordiamo è l’istituto responsabile dell’erogazione del reddito di cittadinanza (iniziata ad aprile 2019).
Il presidente dell’Inps riporta anche altri dati («riduzione forte dell’intensità della povertà, di circa -8 per cento, una riduzione di circa -1.5 per cento dell’indice di Gini, cioè della disuguaglianza») che, come ha ricostruito Capone in un articolo del Foglio pubblicato il 10 dicembre scorso, compaiono anche in una presentazione fatta dall’Inps a inizio novembre a una missione della Commissione Ue a Roma.
Nella presentazione, non c’è però traccia del 60 per cento citato da Baldino e Tridico. Abbiamo contattato l’Inps per sapere se ci fossero documenti o ricerche pubblicamente consultabili che testimoniassero questo risultato e ci hanno risposto che no, simili dati o ricerche non esistono.
Da dove viene la percentuale del -60 per cento
Non è dunque chiaro da dove Tridico, Baldino e il M5s prendano il dato del calo del tasso di povertà del 60 per cento.
Secondo i dati più aggiornati dell’Osservatorio sul reddito e pensione di cittadinanza (qui consultabili), da aprile a fine ottobre 2019, hanno infatti ricevuto entrambe le forme di sostegno 977.844 nuclei familiari, per un totale di 2.367.775 persone coinvolte.
Quest’ultimo dato corrisponde al 47 per cento del numero totale di poveri assoluti in Italia, che secondo l’Istat nel 2018 (dati più aggiornati) erano poco più di 5 milioni. Ad oggi, quindi il Rdc arriva a poco meno della metà dei residenti in povertà assoluta (assumendo che non ci siano beneficiari che lo ricevono senza essere effettivamente poveri), e non al 60 per cento come lascerebbe intendere il M5s.
Questa percentuale – come ha spiegato Capone su Twitter il 10 dicembre scorso – fa molto probabilmente riferimento alla platea di potenziali beneficiari del Rdc, che corrisponde solo in parte (circa per il 60 per cento, come vedremo) al numero totale dei poveri in senso assoluto.
«Tale parziale disallineamento dipende dal fatto che l’eleggibilità al beneficio è condizionata a requisiti reddituali, patrimoniali e di residenza, mentre la classificazione nella “povertà assoluta” si basa sui livelli di consumo familiare dichiarati in indagini statistiche», spiega la Banca d’Italia nella sua Relazione Annuale, relativa al 2018 e pubblicata il 31 maggio 2019. «In particolare circa il 6 per cento degli individui classificabili come “poveri assoluti” non rispetterebbe il requisito di residenza e circa il 35 per cento non sarebbe in possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali».
Se si sommano queste due percentuali (6 e 35 per cento), si ottiene un 41 per cento, che darebbe così un 59 per cento di poveri assoluti eleggibili per ricevere il Rdc (ad oggi, come abbiamo visto, sono il 47 per cento quelli che lo prendono già).
Ricapitolando: il 60 per cento citato da Baldino, Tridico e M5s fa molto probabilmente riferimento alla percentuale di poveri assoluti che potenzialmente rispetta i requisiti per ricevere il reddito (o la pensione) di cittadinanza.
Basta questo per dire che il tasso di povertà è sceso del 60 per cento, o del 47 per cento se si guarda al numero degli effettivi beneficiari a fine ottobre 2019? La risposta è “no”: l’andamento della povertà assoluta non si calcola semplicemente sapendo che un certo numero di individui (quasi 2,4 milioni) da alcuni mesi beneficia di un sussidio da parte dello Stato (in media, secondo i dati Inps, con un valore pari a 520 euro al mese).
Come spiega l’Istat in una nota metodologica, infatti, le stime di povertà «si basano sui dati dell’indagine sulle spese per consumi delle famiglie, che ha lo scopo di rilevare la struttura e il livello della spesa per consumi secondo le principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie residenti».
In sostanza, bisogna aspettare analisi metodologicamente fondate per sapere se effettivamente il Rdc è stato sufficiente a portare le famiglie povere in Italia sopra la soglia di povertà, oppure no.
Come abbiamo visto, ad oggi non esistono analisi dell’Inps a sostegno della percentuale citata. I dati Istat poi – quelli più autorevoli sulla stima della povertà assoluta nel nostro Paese – relativi al 2019 (anno in cui è entrato in vigore il Rdc, a partire da aprile scorso) non sono ancora stati pubblicati. Abbiamo a disposizione solo quelli del 2018, pubblicati a giugno 2019.
Esistono studi recenti che si sono occupati di povertà e Rdc, ma anche in questo caso non c’è conferma dei dati citati dal M5s.
Per esempio, nella ricerca “L’economia delle regioni italiane” della Banca d’Italia – pubblicato a novembre 2019 – si legge che quest’anno l’introduzione del reddito di cittadinanza «dovrebbe ulteriormente rafforzare» la tendenza registrata nel 2018 di calo dell’intensità della povertà (che misura quanto sono povere le famiglie in povertà assoluta) dovuto al reddito di inclusione (Rei), introdotto dal governo Gentiloni al termine della scorsa legislatura.
In questo recente studio della Banca d’Italia, non c’è però nessun riferimento – e nessun dato – relativo al tasso di povertà (diverso dall’intensità della povertà) che è l’oggetto di questo nostro fact-checking.
Il verdetto
Secondo la deputata del M5s Vittoria Baldino, «i dati Inps ci dicono che la povertà è diminuita del 60 per cento» grazie all’introduzione del reddito di cittadinanza. Baldino riporta una percentuale citata dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico in un’intervista, e ripresa più volte dal Blog delle Stelle.
Abbiamo contattato l’Inps che ci ha confermato che non esistono sue analisi a sostegno di un calo del tasso di povertà pari a questa percentuale.
Molto probabilmente, il «60 per cento» in questione fa riferimento alla platea dei potenziali beneficiari del Rdc, rispetto al numero totale di poveri assoluti che oggi vive in Italia. A fine ottobre 2019, i beneficiari del Rdc erano oltre 2 milioni e 367 mila persone, il 47 per cento della popolazione in povertà assoluta (assumendo che non ci siano percettori che ricevono il Rdc pur non rispettando i requisiti).
In ogni caso, guardando a queste percentuali, non è possibile stabilire senza uno studio metodologicamente fondato, o senza le rilevazioni Istat più aggiornate, che oltre metà dei poveri in Italia non lo sono più grazie al reddito di cittadinanza. Per questo 47 per cento di poveri, infatti, il Rdc potrebbe in alcuni casi aver consentito un’uscita dalla povertà assoluta ma in altri solo una riduzione della sua intensità. Bisognerà aspettare i prossimi dati ufficiali per poter fare affermazioni fondate.
In conclusione, Baldino si merita un “Pinocchio andante”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1