Il deputato della Lega Gianluca Cantalamessa il 9 giugno ha commentato sulla sua pagina Facebook la differente reazione dell’opinione pubblica mondiale nei confronti dell’omicidio di Zora Shah, una bambina di 8 anni che lavorava come domestica e che è stata uccisa in Pakistan dai suoi datori di lavoro, e George Floyd, l’afroamericano ucciso il 25 maggio dalla polizia durante un controllo, la cui morte ha scatenato proteste in tutto il mondo contro il razzismo.
Cantalamessa sostiene in particolare che sarebbero nettamente più i bianchi le vittime della polizia negli Usa (il 40 per cento), mentre neri (15 per cento) e ispanici (10 per cento) sarebbero una minoranza. Il deputato chiude poi il suo ragionamento sostenendo che «il razzismo fa schifo. L’antirazzismo a volte è peggio».
I dati citati da Cantalamessa sono in buona parte sbagliati, ma soprattutto l’uso che ne fa il deputato della Lega è del tutto fuorviante.
Il problema della mancanza di dati ufficiali
Per prima cosa bisogna sottolineare che non esistono dati ufficiali completi ed esaustivi sugli omicidi commessi dalla polizia negli Stati Uniti.
Sul sito del Bureau of Justice Statistics (Bjs), il reparto di statistica del dipartimento della Giustizia, non si trovano dati aggiornati sulle “morti collegate all’arresto” e, come riporta il Washington Post, anche l’Fbi ammette che i suoi dati in proposito sono incompleti. Il documento del Bjs che contiene i dati più recenti è relativo a dieci mesi a cavallo tra il 2015 e il 2016, arriva dopo un buco nei dati dal 2012 ed è la base per un progetto pilota – creato da ricercatori e membri (o ex membri) del Bjs – presentato a luglio 2019 per conteggiare questi decessi con una nuova metodologia.
Nella nostra analisi ci affideremo quindi a due fonti non governative: il sito Mapping Police Violence e il database del Washington Post. Il primo è un sito creato da ricercatori e attivisti, che conteggia tutti gli omicidi commessi dalla poliziotti in servizio e non, con qualsiasi mezzo (armi da fuoco, taser, soffocamenti etc.). Il secondo è un archivio che, incrociando informazioni di varia provenienza, tiene traccia di tutti gli omicidi commessi negli Usa, a partire dal 2015, da poliziotti in servizio e solo con armi da fuoco (quindi quello di George Floyd non viene conteggiato).
I dati raccolti dal Washington Post, in ogni caso, sono compatibili con quelli raccolti da Mapping Police Violence: il primo riporta per lo scorso anno 1.003 morti causate da armi da fuoco e da poliziotti in servizio, il secondo ne riporta 1.098 con qualsiasi mezzo e da poliziotti sia in servizio che non.
I dati di Mapping Police Violence risultano affidabili non solo per la compatibilità con quelli del prestigioso quotidiano ma anche perché, facendo un confronto con il citato documento del Bureau of Justice Statistics (che riguarda solo i mesi che vanno dal 1° giugno 2015 al 31 marzo 2016, durante i quali sarebbero morte 1.348 persone) il database di Mapping Police Violence risulta coprirne il 92 per cento.
In ogni caso nella nostra analisi useremo soprattutto il database del Washington Post come fonte, sia per la maggiore autorevolezza che per facilità di consultazione. Le morti per armi da fuoco causate da poliziotti in servizio, come risulta dal database di Mapping Police Violence qui scaricabile, sono infatti la stragrande maggioranza del totale e dunque l’impatto statistico degli altri casi è marginale.
I dati sugli omicidi della polizia negli Usa
Nel 2019, secondo il database del Washington Post, negli Stati Uniti sono state uccise con armi da fuoco dalla polizia 1.003 persone. Di queste 405 erano bianche, 249 afroamericane, 163 ispaniche, 43 altro e 145 sconosciute.
Dunque è vero che il 40 per cento delle vittime fossero bianche, come dice Cantalamessa, che però riporta dati scorretti sulle minoranze.
Gli afroamericani non sono il 15 per cento del totale, che è poi circa la loro percentuale sul totale della popolazione generale americana, ma il 25 per cento. Gli ispanici non sono il 10 per cento ma il 16,3 per cento. C’è poi un 4,3 per cento di “altri”, non considerati da Cantalamessa, e un 14,5 per cento (non il 35 per cento) di etnia sconosciuta.
Ma al di là delle imprecisioni che fa il deputato della Lega, è il messaggio che cerca di passare che risulta del tutto fuorviante. La percentuale di maggioranza relativa dei bianchi infatti non smentisce in alcun modo che ci sia un problema oggettivo sulle uccisioni di persone di colore da parte della polizia negli Usa.
Andiamo a vedere il perché.
Se sei nero, hai più del doppio delle probabilità di essere ucciso dalla polizia
Il Washington Post ha elaborato il rischio di essere uccisi dalla polizia sulla base dei dati dei cinque anni che vanno dal 2015 al 2019 (gli omicidi della polizia registrati durante questo arco temporale è pressoché stabile a mille all’anno).
Per i neri, le vittime della polizia sono 31 per milione di abitanti. Per i bianchi 13 per milione di abitanti. Dunque per i neri il rischio è più del doppio. Nel mezzo si trovano gli ispanici, con 23 morti per milione di abitanti.
Altri luoghi comuni smentiti dai dati
Un aspetto interessante che emerge poi dai dati raccolti da Mapping Police Violence – che, ribadiamo, sono leggermente diversi da quelli del Washington Post perché conteggiano anche le morti non per arma da fuoco e causate anche da poliziotti non in servizio – è che non sembra esserci un collegamento tra gli omicidi della polizia e il livello di criminalità violenta delle varie città americane prese in considerazione.
Ci sono città con un livello di criminalità violenta relativamente basso e con un tasso di omicidi della polizia molto elevato, come ad esempio Oklahoma City o Phoenix, e città dove invece il livello di criminalità violenta è molto più alto ma la polizia uccide meno, come ad esempio Detroit e Oakland.
Allo stesso modo dal confronto tra alcune città emerge come il tasso di omicidi compiuti dalla polizia non dipenda nemmeno dalla presenza di vaste comunità afroamericane: a Buffalo ad esempio, città di circa 260 mila persone di cui la metà di colore, con un indice di crimini violenti pari a 12 su 1.000, tra il 2013 e il 2016 la polizia non ha ucciso nessuno. A Orlando, città di circa 255 mila persone di cui il 42 per cento di colore, con un indice di crimini violenti pari a 9 su 1.000, tra il 2013 e il 2016 la polizia ha ucciso 13 persone.
In compenso, oltre a ribadire che per i neri il rischio di essere uccisi dalla polizia è molto superiore che per i bianchi (qui si dice addirittura quasi il triplo), Mapping Police Violence riporta anche che per i neri è più elevato il rischio di essere uccisi quando si è disarmati. Non sono insomma solo le persone armate di diverso colore della pelle a essere trattati in modo diverso, ma anche chi non ha addosso alcuna arma.
Il verdetto
Il deputato della Lega Gianluca Cantalamessa ha commentato su Facebook le proteste per l’uccisione di George Floyd in America da parte della polizia, sostenendo che comunque il 40 per cento delle vittime è composto da bianchi, i neri sono solo il 15 per cento, gli ispanici il 10 per cento e gli sconosciuti il 35 per cento.
Questi dati, verificati sul database del Washington Post, risultano per lo più sbagliati, in particolare per quanto riguarda le minoranze. Se è vero infatti che i bianchi siano il 40 per cento, i neri e gli ispanici sono decisamente più di quanto non sostenga il leghista, rispettivamente il 25 e il 16 per cento.
Ma non sono questi errori numerici l’elemento più sbagliato della dichiarazione di Cantalamessa. Non si può infatti passare il messaggio che siano i bianchi le principali vittime degli omicidi della polizia negli Usa. Se rapportati alla popolazione, infatti, questi omicidi risultano accadere nei confronti dei neri con un’incidenza più che doppia rispetto ai bianchi.
Solo il dato sui bianchi uccisi dalla polizia si può ritenere corretto, mentre i numeri sulle minoranze sono tutti sbagliati: il che mina alla base la tesi del deputato. Per lui un “Pinocchio andante”.
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7 dicembre 2024
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