Il 24 settembre 2019, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, parlando tra le altre cose dei risultati ottenuti dal nostro Paese nella lotta contro il cambiamento climatico.
Secondo Conte, «l’Italia ha già centrato gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2020 nell’Unione europea».
Ma è davvero così? Abbiamo verificato.
Di che cosa stiamo parlando
Nel 2010, l’Unione europea ha adottato il piano di strategia decennale Europa 2020, proposto dalla Commissione Ue per favorire «la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva».
Entro il 2020, l’Ue ha così fissato, per l’intero continente, cinque obiettivi principali, in materia di occupazione, ricerca, ambiente, istruzione e povertà.
L’obiettivo ambientale contiene tre specifici traguardi, che sono quelli previsti dal “Pacchetto per il clima e l’energia 2020” (approvato nel 2007). Entro il 2020 le emissioni di gas serra devono essere ridotte a livello comunitario del 20 per cento rispetto al 1990 (o del 30 per cento «se le condizioni lo permettono»); l’efficienza energetica deve aumentare del 20 per cento; il 20 per cento del fabbisogno di energia deve essere ricavato da fonti rinnovabili.
Questi obiettivi sono stati poi rivisti al rialzo nel “Quadro 2030 per il clima e l’energia”. Nei prossimi undici anni, per esempio, le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990. Il loro azzeramento è invece previsto nella “Strategia a lungo termine per il 2050”.
Come è messa l’Italia?
Secondo i dati Eurostat, nel 2017 (rilevazione più recente) i 28 Stati membri Ue hanno emesso circa 4,5 miliardi di tonnellate di gas serra, rispetto agli oltre 5,7 miliardi di tonnellate del 1990. Un calo di oltre il 21 per cento (superiore all’obiettivo prefissato per il 2020).
A prima vista, sembrerebbe invece che il nostro Paese non abbia già raggiunto l’obiettivo di ridurre del 20 per cento le emissioni entro il 2020. Nel 2017, infatti, il nostro Paese aveva prodotto circa 439 milioni di tonnellate di gas serra, rispetto agli oltre 522 milioni del 1990. Una riduzione di quasi il 16 per cento, ma ancora non abbastanza.
In realtà, le cose sono più articolate di così.
Come funzionano le regole
Come spiega il sito della Commissione Ue, sono due i principali strumenti normativi europei con cui sono regolate le riduzioni delle emissioni.
Il sistema Ets
Da un lato, c’è il “Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue” (Ets Eu), ossia il meccanismo introdotto per la riduzione delle emissioni di gas serra dei grandi impianti dei settori energetico e industriale e dell’aviazione.
Questo sistema – che interessa circa il 45 per cento delle emissioni di gas a effetto serra dell’Ue – ha stabilito un unico tetto di emissioni per tutta l’Ue, e non per i singoli Stati, dove i vari partecipanti (come centrali elettriche, fabbriche e operatori aerei) possono acquistare e vendere sul mercato i diritti a emettere quote di gas serra.
Per il 2020 l’obiettivo europeo è ridurre del 21 per cento rispetto al 2005 le emissioni nei settori visti in precedenza.
Il sistema Efd
Dall’altro lato, c’è la Decisione n. 406 del Parlamento europeo e del Consiglio, approvata il 23 aprile 2009, che concerne «gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020».
Questo testo – noto con il nome di Effort sharing decision (Efd), ossia “Condivisione degli sforzi” – assegna a ogni Paese Ue un obiettivo specifico di riduzione delle emissioni nei settori (piccola-media industria, trasporti, civile, agricoltura e rifiuti) non coperti dall’Ets, per raggiungere il traguardo generale a livello comunitario.
L’Efd è stata pensata dall’Ue per compensare il fatto che alcuni Paesi sono più ricchi e popolosi di altri e che il loro contributo alle emissioni comunitarie è maggiore. Di conseguenza, ogni Stato ha delle percentuali di contenimento delle emissioni diverse.
«I Paesi meno ricchi hanno obiettivi meno ambiziosi, poiché è probabile che la loro crescita economica relativamente più elevata determini un aumento delle emissioni e poiché hanno capacità d’investimento relativamente minori», spiega il sito della Commissione Ue.
Come mostra l’Allegato II dell’Efd, per l’Italia l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2020 è del 13 per cento rispetto alle emissioni del 2005.
Secondo i dati Eurostat, nel 2017 (rilevazione più aggiornata) l’Italia ha emesso gas serra nei settori del sistema Efd per una quantità pari a quasi 269 milioni di tonnellate. Rispetto ai 331 milioni di tonnellate del 2005 si tratta di una diminuzione del 18,7 per cento. Il traguardo del 13 per cento è stato insomma ampiamente raggiunto e superato.
Tiriamo le somme
Riassumendo: il piano Europa 2020 prevede entro il 2020 una riduzione a livello comunitario delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto al 1990 (-14 per cento rispetto al 2005).
Il raggiungimento di questo obiettivo è regolato da due sistemi: il sistema Ets, che stabilisce una riduzione comunitaria del 21 per cento rispetto al 2005 nei settori dell’aviazione e della grande industria; e il sistema Efd, che stabilisce quote di riduzione diverse per i singoli Paesi in altri settori (per una media generale del -10 per cento rispetto al 2005).
Per quanto riguarda l’Efd, l’Italia ha raggiunto il suo obiettivo nazionale. Per quanto riguarda invece l’Ets non ha senso considerare la posizione di un singolo Paese, in quanto l’obiettivo dev’essere raggiunto a livello di Unione europea e i soggetti coinvolti nella compravendita di quote di emissioni sono fabbriche, centrali elettriche, operatori aerei e simili.
Il verdetto
Secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, «l’Italia ha già centrato gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2020 nell’Unione europea».
È sostanzialmente vero: il “Pacchetto per il clima e l’energia 2020”, che sta alla base di uno degli obiettivi del piano decennale Europa 2020, stabilisce una riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento rispetto al 1990.
Ma questo è un impegno comunitario, con un funzionamento peculiare che coinvolge le imprese più che gli Stati. Gli obiettivi nazionali sono diversi e riguardano settori come la piccola-media industria, i trasporti, il civile, l’agricoltura e i rifiuti. Per l’Italia, l’obiettivo è una riduzione del 13 per cento delle emissioni rispetto al 2005, raggiunto con ampio margine già nel 2017.
In conclusione, Conte merita un “Vero”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1