Luigi Marattin, esponente del Partito Democratico e membro della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, ha detto che la promessa di una riduzione della pressione fiscale per il 2019, ad oggi, non è stata mantenuta.
Sarebbero, come sottolinea lo stesso Marattin, i dati diffusi dal governo a confermare quanto dichiarato: nessuna riduzione della pressione fiscale per il 2019 e, al contrario, una diminuzione pari a 1,8 punti percentuali (dal 43,6 per cento al 41,8 per cento) negli anni di governo a guida democratica.
Verifichiamo.
La pressione fiscale
La pressione fiscale misura il totale delle risorse raccolte dallo Stato e dalle amministrazioni pubbliche locali per finanziare la spesa pubblica.
L’espressione quindi, indica l’ammontare complessivo di quanto lo Stato chiede ai propri cittadini per finanziare l’apparato amministrativo, i servizi sociali e, in generale, tutte quelle attività gestite dal settore pubblico. Non indica, invece, quanto del proprio reddito i singoli cittadini versano in tasse.
La pressione fiscale viene di solito espressa in percentuale rispetto al Prodotto interno lordo (Pil).
Meno tasse per tutti
Quali erano state le promesse delle forze oggi al governo? Luigi Marattin ha affermato che M5S e Lega «in campagna elettorale hanno preso i voti dichiarando in tutte le lingue di voler ridurre la pressione fiscale».
Sicuramente il tema figura tra le promesse presenti all’interno del Contratto del governo del cambiamento. Il capitolo dedicato al fisco recita: «il contesto che ci caratterizza rende pertanto necessaria l’adozione di coraggiose e rivoluzionarie misure di riforma, nell’ottica di una riduzione del livello di pressione fiscale».
Vediamo se, anche prima della nascita dell’alleanza giallo-verde, i diversi esponenti delle forze politiche in questione facessero della riduzione della pressione fiscale un punto centrale del proprio programma politico.
I programmi elettorali presentati dei rispettivi partiti (Movimento Cinque Stelle e Lega) non riportavano, in realtà, una diminuzione della pressione fiscale (ma parlavano piuttosto di una riduzione del cuneo fiscale, ovvero della parte di retribuzione che viene destinata a imposte e contributi previdenziali e sociali). L’argomento, però, era stato trattato più volte dai due leader, come è testimoniato da una serie di dichiarazioni.
Ad esempio, nei mesi precedenti alla campagna elettorale, Luigi Di Maio ha pubblicato una serie di post sulla propria pagina Facebook dove, effettivamente, dichiarava di voler ridurre la pressione fiscale (qui e qui). Anche in una dichiarazione rilasciata a marzo 2018 e ripresa dall’Ansa il leader del Movimento Cinque Stelle ribadiva il concetto.
Il 30 luglio 2017 Matteo Salvini aveva criticato, tramite la propria pagina Facebook, l’attività del governo Renzi e, in particolare, la pressione fiscale al 39 per cento, invocando velocemente delle elezioni. Con la progressiva crescita della pressione fiscale la critica era stata ribadita (qui e qui).
Dunque, i due esponenti più in vista dell’attuale governo hanno effettivamente espresso il desiderio di ridurre la pressione fiscale o hanno criticato i livelli raggiunti in passato. In ogni caso, poi, all’interno delle promesse del Contratto del governo del cambiamento è presente questo intento.
La pressione fiscale per il 2019
Luigi Marattin allega alla sua dichiarazione un’immagine: è una tabella presente all’interno del documento programmatico di bilancio 2019 del governo Conte che riporta, tra gli altri dati, i valori relativi alla pressione fiscale.
Nella tabella dedicata alle amministrazioni pubbliche e agli obbiettivi delle entrate e delle uscite, il valore della pressione fiscale per il 2018 è pari al 41,8 per cento. È lo stesso valore anche per il 2019.
Dunque, tra questo e il prossimo anno, non si registra alcuna diminuzione: l’obiettivo dichiarato dal governo è quello di mantenere un valore costante.
Tabella 1: Amministrazioni pubbliche: obiettivi di uscita ed entrata, articolati per le principali componenti – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
Sempre all’interno del documento programmatico di bilancio esiste, poi, un’altra tabella.
È quella relativa alle previsioni (e, quindi, non più agli obiettivi) delle entrate e delle uscite delle amministrazioni pubbliche. In questo caso la pressione fiscale per il 2018 risulta pari al 41,9 per cento mentre quella per il 2019 prevede una crescita e raggiunge il 42,2 per cento.
Tabella 2: Amministrazioni pubbliche: previsioni di uscite ed entrate a politiche invariate, articolate per le principali categorie – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
In entrambi i casi quindi, che si faccia riferimento agli obiettivi o alle previsioni, la pressione fiscale discussa nel recente documento programmatico di bilancio non è destinata a diminuire.
La pressione fiscale durante gli anni di governo Pd
Marattin rivendica, infine, un calo della pressione fiscale (dal 43,6 per cento al 41,8 per cento) negli «anni dei governi Pd».
Nel 2014, anno di insediamento del governo Renzi, la pressione fiscale era pari al 43,6 per cento. Questo dato, in linea con quello citato dall’esponente del Partito democratico, è confermato dalla nota di contabilità stilata dall’Istat.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in una precedente analisi, negli ultimi anni il calcolo della pressione fiscale può portare a risultati diversi. Il punto cruciale è come considerare il bonus fiscale degli 80 euro: se, infatti, lo si considera come una riduzione delle imposte, la pressione fiscale diminuisce. Se, invece, il bonus viene considerato come una maggiore spesa dello Stato, la pressione fiscale cresce.
In qualsiasi caso, la pressione fiscale del 2014 (43,6 per cento) non tiene conto del bonus, visto che non era ancora stato introdotto. Nel documento programmatico di bilancio, poi, non si fa mai riferimenti al bonus introdotto da Renzi e, quindi, è possibile supporre che la pressione fiscale sia calcolata senza considerarlo.
Per il 2018 – e, quindi, ultimo anno che ha visto un esponente del Partito democratico alla guida del governo Gentiloni – il valore è in linea con quello riportato da Luigi Marattin: pari al 41,8 per cento (o 41,9 per cento se si considera la tabella relativa alle previsioni).
Il verdetto
Luigi Marattin ha recentemente contestato le promesse fatte dagli esponenti del governo Conte durante la campagna elettorale. Secondo il deputato Pd, nonostante fosse stato promesso un abbassamento della pressione fiscale, i documenti forniti dal governo testimoniano come questa scelta non sia stata presa. Al contrario, una diminuzione è avvenuta durante gli anni di governo guidato dal Partito Democratico: dal 43,6 per cento al 41,8 per cento.
L’esponente del Pd ha ragione: nel documento programmatico di bilancio 2019 la pressione fiscale non è destinata a scendere, nonostante fossero questi gli intenti presenti all’interno del Contratto del governo del cambiamento e le idee espresse dai principali esponenti delle attuali istituzioni. È inoltre corretto affermare che la pressione fiscale ha visto una riduzione di circa 1,8 punti percentuali (esattamente dal 43,6 per cento al 41,8 per cento, come dichiarato da Marattin) tra il 2014 e il 2018 e, quindi, sotto i governi Renzi e Gentiloni.
Luigi Marattin merita un “Vero”.