Uscito sonoramente sconfitto alle elezioni europee, Silvio Berlusconi cerca di riunire il frammentato centrodestra attorno ad un progetto di riforma costituzionale: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Nel citare esempi internazionali Berlusconi si sofferma sulla Francia, ricordando un illustre esempio di un oppositore di sinistra convertitosi alla causa, a tal punto da diventare il primo socialista eletto con il suffragio popolare. La storia è come la racconta l’ex Premier?
Partiamo definendo il contesto. “Le coup d’État permanent” è un pamphlet politico pubblicato nel 1964 in cui François Mitterrand si scaglia contro l’allora Presidente Charles De Gaulle, reo di aver creato un sistema politico che definisce senza mezzi termini “dittatura”.
“J’appelle le régime gaulliste dictature parce que, tout compte fait, c’est à cela qu’il ressemble le plus, parce que c’est vers un renforcement continu du pouvoir personnel qu’inéluctablement il tend” (pag. 29)
La scelta di definire un “colpo di stato permanente” il regime gollista non scaturisce però esclusivamente dall’opposizione alla riforma costituzionale presentata dal Presidente De Gaulle nel 1962. La riforma riguardava proprio un referendum sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che fino ad allora veniva eletto indirettamente. All’assemblea nazionale fu netta l’opposizione, tanto che il parlamento passò la prima ed unica mozione di censura della storia della Quinta Repubblica francese, inaugurata qualche anno prima. Il Presidente del Senato giustificò questo voto sulla base del fatto che una riforma presidenziale doveva originare in parlamento e non dal Presidente della Repubblica. Mitterrand non era in quel periodo deputato, quindi non partecipò alle votazioni. Ciononostante, si impegnò chiaramente a favore del “No” al referendum, come si può leggere nella premessa all’edizione 2010 del suo pamphlet. Questo non bastò a cambiare l’opinione del popolo francese, che approvò la riforma con una maggioranza netta del 62,25% (per dettagli sull’iter della riforma ed il referendum si veda questa scheda dell’assemblea nazionale).
Tutto sembra dare ragione a Berlusconi, quindi. Ma in realtà la lettura della situazione che fa l’ex Cavaliere è troppo semplicistica. L’opposizione di Mitterrand non era esclusivamente – e forse nemmeno principalmente – diretta all’elezione diretta del Presidente della Repubblica, definita “accettabile in sé” nello stesso “Le coup d’État permanent”:
“L’élection du président de la République au suffrage universel, acceptable en soi, n’avait pas d’autre but que de parachever la lente dénaturation des institutions politiques qui régissent la France” (p. 44)
Certo, questa frase arriva successivamente al referendum, e Mitterrand ha tutto l’interesse di non mostrarsi dalla parte “sbagliata” della volontà popolare. Però nel libro si legge chiaramente che Mitterrand è preoccupato dall’intero contesto politico francese che si trova a gestire a cavallo tra gli anni ’50 e ’60: la tesissima situazione algerina (si veda qui per maggiori dettagli), le misure di sicurezza che avrebbero portato a un “regime poliziesco” (pag. 78), l’offensiva del gollismo contro la libertà d’espressione ed il non-conformismo (pag. 65).
Insomma, Berlusconi banalizza assai la posizione di Mitterrand. Non è propriamente proponibile come “oppositore convertito” alla causa dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica dal momento che ne “Le coup d’État permanent” si mostra non contrario al voto popolare quanto a quello che riteneva essere la crescente concentrazione di potere nelle mani del sistema gollista. Ricordiamo inoltre che – al contrario del Presidente della Repubblica italiano – il Presidente nella V Repubblica ha poteri esecutivi.
Nonostante non ci sia nulla da eccepire sul fatto che dopo aver perso la prima elezione diretta proprio contro De Gaulle nel 1965, diviene il primo Presidente di sinistra della V Repubblica nel 1981, Berlusconi imbastisce una lezione di storia piuttosto imprecisa: “Nì”.