La dichiarazione del ministro degli Affari Esteri, da poco nominata Alto Rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune dell’Unione Europea, ci permette di fare un piccolo excursus nella recente storia politica afghana per verificare se il governo che si è formato pochi giorni fa rappresenta effettivamente “la prima transizione democratica di potere” in Afghanistan.



Un po’ di storia



Per tracciare il profilo storico dell’area ci viene in aiuto la linea del tempo preparata dalla Bbc, la quale ritrae i passi più importanti nella storia politica afgana a partire dall’invasione britannica a metà del 19 esimo secolo. Seguono anni di monarchia e governi autoritari fino ad arrivare al colpo di Stato del 1973, quando il generale Mohammed Daoud Khan, già Primo Ministro, proclama una repubblica con lui a capo come Presidente. L’esperimento repubblicano dura poco: Daoud viene assassinato in un colpo di Stato pro-sovietico, seguito dall’invasione sovietica del 1979. La conseguenza dell’occupazione porterà all’ormai risaputo aiuto degli Stati Uniti, spaventati dall’avanzata comunista, ai mujahidden, e all’alleanza tra i mujahidden e il Pakistan contro l’Urss. Nel 1988 si firma l’accordo di pace che vede l’inizio della ritirata sovietica, ma la stabilità nel Paese è ancora lontana. Seguono anni di instabilità politica ed una guerra civile che porterà i talebani a controllare Kabul e, successivamente, due terzi del Paese.



Tutti gli occhi sull’Afghanistan



Quel che avviene dopo è storia nota, così come è noto che non ci sono state, fino ad oggi, transizioni al potere democratiche. L’attacco alle Torri Gemelle a New York nel 2001 riporta l’attenzione della comunità internazionale sul Paese, dove si nasconde, almeno secondo gli Stati Uniti, Osama Bin Laden, già accusato di essere il responsabile per l’attacco alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998.



Nel 2001 la Conferenza di Bonn, tenutasi con l’auspicio delle Nazioni Unite, stabilisce un processo per la ricostruzione politica nel Paese che include elezioni presidenziali nel 2004 ed elezioni per un’Assemblea Nazionale nel 2005. Hamid Karzai, nominato capo del governo provvisorio, è eletto Presidente nel 2004 e riconfermato nel 2009. Nel 2014, terminato il limite di due mandati al potere, Karzai cede il posto ad un governo di coalizione guidato, come annunciato recentemente, da Ashraf Ghani, ex economista della Banca Mondiale.



Una transizione complicata





Il processo che ha portato all’insediamento di questo governo è stato tutt’altro che semplice, e ha registrato numerose irregolarità, come aveva previsto l’International Crisis Group già nel 2012. Sebbene al primo turno delle elezioni (avvenuto ad aprile) l’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah, avesse ottenuto il 44,9% contro il 31,5% di Ashraf Ghani, nel secondo turno Ghani torna in vantaggio: forte di questo risultato, Ghani spinge il suo rivale a proclamare l’irregolarità delle elezioni e a minacciare la creazione di un governo parallelo. Mentre Ghani ha potuto contare sui voti della maggioranza etnica pashtun, Abdullah Abdullah – di origini pashtun e tagike (ma considerato da molti come rappresentante di quest’ultima) – ha basato il suo sostegno sul voto della comunità tagika.








afghanistan etnie



L’accordo tra i due, finalmente raggiunto a settembre, prevede una divisione del potere, secondo cui Ghani è Presidente e Abdullah Abdullah “chief executive”. I dettagli del ruolo di quest’ultimo non sono ancora chiari. Quel che si sa è che Abdullah Abdullah sarà a capo di un “Consiglio dei ministri” che includerà anche due vice e una serie di ministri. Il ruolo di questo Consiglio sarà “implementare le decisioni del governo”, come spiega quest’articolo del Post.





La transizione è stata difficile e con non pochi cambi di scena, ma arrivati alla sua conclusione, è impossibile negare un “Vero” a Federica Mogherini.