La dichiarazione che verifichiamo è l’argomento a supporto di un giudizio di valore del nuovo presidente della Camera sulla legge Bossi-Fini del settembre 2002 che ha modificato parti importanti della disciplina contenuta nella legge Turco-Napolitano del 1998.


La logica su cui si basa la disciplina è che il permesso di soggiorno sia legato ad un lavoro effettivo. La legge stabilisce, infatti, che il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro. Ciò detto, il tema della dichiarazione è quella del lavoro autonomo, subordinato e stagionale dello straniero e fa preciso riferimento alle modalità con cui un datore di lavoro richiede il servizio di una persona dall’estero. Per verificare la dichiarazione bisogna entrare nel meccanismo contenuto nel titolo IIIL’articolo 21 stabilisce, prima di tutto, che l’ingresso per motivi di lavoro subordinato – anche stagionale – e di lavoro autonomo, avviene nell’ambito delle quote d’ingresso stabilite ogni anno da decreti del Presidente del Consiglio (cosiddetti decreti flussi). Lo sportello unico per l’immigrazione provinciale è responsabile dell’intero procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.


L’articolo 22 prevede che il datore di lavoro italiano, che vuole instaurare con un lavoratore straniero residente all’estero un rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, deve presentare la richiesta corredata da una serie di documenti (elencati nel secondo comma) allo sportello unico per l’immigrazione. La richiesta viene trasmessa al centro per l’impiego competente che la diffonde anche agli altri centri.  Il comma 5 prevede che, se il datore di lavoro lo richiede, la documentazione può essere trasmessa anche agli uffici consolari. Lo stesso articolo, con il comma 3, copre anche la fattispecie specifica in cui il datore di lavoro non ha una conoscenza diretta dello straniero – fattispecie che fa più prettamente al nostro caso. In teoria, anche se il datore di lavoro non ha una conoscenza diretta dello straniero, può richiedere, – sempre presentando la documentazione relativa al contratto – l’alloggio e le spese per il rimpatrio, e il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste delle ambasciate o dei consolati. Una volta arrivato in Italia lo straniero dovrebbe recarsi presso lo sportello unico per l’immigrazione che ha rilasciato il nulla osta e firmare il contratto di soggiorno.


La Boldrini sembra voler criticare l’utilità del meccanismo creato dalla Bossi-Fini rispetto alla finalità di far emergere il lavoro sommerso dei lavoratori extracomunitari. Nell’argomentare la sua critica non dice comunque una cosa sbagliata. “Vero”!