Il 9 gennaio 2020 la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha rilanciato su Twitter una notizia del quotidiano La Verità, affermando che la Banca centrale europea (Bce) «darebbe ragione» a Fratelli d’Italia nel considerare il tetto per i pagamenti in contanti «un macroscopico errore».
Ma cosa ha detto esattamente la Bce sulla questione? Abbiamo verificato.
Di che cosa stiamo parlando
Il cosiddetto “tetto al contante” è una misura con la quale i governi fissano un limite al di sopra del quale non è possibile effettuare transazioni in moneta contante.
Come abbiamo scritto in passato, una qualche forma di limitazione all’uso del contante esiste in Italia dal 1991, quando era ancora in vigore la lira. Da allora, la soglia è stata modificata in numerose occasioni dai vari governi che si sono succeduti. Tra questi vi è anche il governo Conte II, che con il cosiddetto “decreto Fiscale” (n. 124 di ottobre 2019, convertito con la legge n. 157/2019), ha rivisto (art. 18) la soglia attuale, riducendola da 3.000 a 2.000 euro a partire dal 1° luglio 2020, e poi a 1.000 euro a partire dal 1° gennaio del 2022.
A sua volta, la soglia dei 3.000 euro era stata introdotta dal governo Renzi nella legge finanziaria per il 2016 (articolo 1, comma 898), allentando in parte le limitazioni introdotte dall’esecutivo di Mario Monti nel 2011, che tramite il cosiddetto “decreto Salva Italia” (n. 201 del 2011) limitò (art. 12) i pagamenti in contanti a un massimo di 1.000 euro.
Che cosa ha detto la Bce
Come già era accaduto in passato, le istituzioni comunitarie si sono espresse sulle politiche adottate dal nostro governo in materia finanziaria.
In questo caso, a dare un parere sulla nuova soglia per l’uso del contante introdotta nel nostro Paese è stata la Banca centrale europea. In particolare, il 13 dicembre 2019 la Bce si è espressa sulla misura con una lettera firmata da Yves Mersch, vicepresidente del Consiglio di Vigilanza dell’istituto di Francoforte, e indirizzata ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Elisabetta Casellati, e al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Innanzitutto, la Bce lamenta di non essere stata consultata dal governo italiano e richiede e di poter esprimere un parere prima dell’approvazione definitiva del provvedimento: «La Bce evince che il procedimento legislativo di conversione in legge del decreto-legge è in fase avanzata. Ciò nondimeno la Bce chiede di essere consultata in virtù della propria competenza consultiva ai sensi del Tfue».
Questa circostanza non si è però verificata, visto che il decreto contenente la norma è stato convertito in legge (legge n. 157/2019) tre giorni dopo.
La «competenza consultiva» a cui si fa riferimento nella lettera è sancita da due norme dell’Unione europea. In particolare, dal Trattato di funzionamento dell’Unione europea, citato nel messaggio della Bce, (art. 127 par. 4 del testo consolidato) e, soprattutto, dalla disposizione del Consiglio dell’Unione europea del 29 giugno 1998 (n. 415), in cui si specifica che «le autorità degli Stati membri consultano la Bce su ogni progetto di disposizioni legislative che rientri nelle sue competenze», quindi, tra le altre cose, per «le questioni monetarie [e] i mezzi di pagamento».
La disposizione continua precisando che gli Stati membri dovrebbero consultare la Bce «in tempo utile affinché l’autorità che elabora il progetto di disposizioni legislative tenga conto del parere della Bce prima di adottare la decisione nel merito».
Ora, il parere della Banca centrale europea sulle misure decise dagli Stati membri non è vincolante, quindi non rispettarlo, o addirittura non chiederlo, non implica alcuna sanzione. Tuttavia l’istituto di Francoforte ritiene doveroso essere consultato in materia fiscale e monetaria. In una Guida stilata nel 2015 ad uso delle autorità dei paesi Ue si legge infatti: «Le autorità legislative nazionali non sono tenute a seguire i pareri della Bce. Ad ogni modo, il sistema stabilito dalla Decisione 98/415/CE è concepito per assicurare che la normativa nazionale sia adottata solo dopo il debito esame del parere della Bce».
Oltre alla questione di metodo, l’Istituto guidato da Christine Lagarde si esprime anche nel merito della norma italiana di limitazione dei pagamenti in contanti, articolando il ragionamento in sette punti. Alla sua base c’è il principio secondo cui il denaro contante è una parte essenziale del corso monetario dell’euro e, come tale, una limitazione alla sua circolazione deve essere proporzionata (punto quinto della lettera) e tenere conto degli effetti sociali della sua limitazione (punto primo della lettera).
La Bce ricorda, infatti, che le forme di pagamento alternative al contante richiedono strumenti (per esempio il conto in banca e l’accesso a internet) che non sono gratuiti (come invece lo è la carta delle banconote) né accessibili a tutti (punti terzo e sesto). I contanti, si legge invece nella lettera, sono «l’unico metodo di regolamento in denaro di banca centrale e al valore nominale che non consente legalmente di imporre tariffe per il suo utilizzo».
Per questo la Bce invita le autorità italiane a «verificare con attenzione» la disponibilità degli strumenti alternativi al contante « in tutti gli strati della società, a costi comparabili con i pagamenti in contanti».
La Bce commenta anche l’intento anti-evasione con cui il governo Conte II ha giustificato il tetto a 1.000 euro, chiedendo un supplemento di riflessione (quarto punto): «Sarebbe necessario dimostrare che le limitazioni ai pagamenti in contanti proposte, che incidono sul corso legale delle banconote in euro, siano efficaci ai fini del conseguimento delle finalità pubbliche legittimamente perseguite attraverso tali limitazioni. Si dovrebbe quindi dimostrare chiaramente che tali limitazioni permettano, di fatto, di conseguire la dichiarata finalità pubblica della lotta all’evasione fiscale».
Per finire, a beneficio del governo la lettera elenca alcuni pareri (altrettanto critici) espressi dalla Bce a proposito di misure introdotte in Spagna e Grecia, dove sono state fissate soglie rispettivamente di 1.000 e 500 euro per pagamenti tra individui ed esercenti, giudicate dall’Istituto di Francoforte troppo limitanti per il flusso di contante. La Bce invita anche a leggere il parere espresso su una norma di limitazione del contante a 3.000 euro in discussione nei Paesi Bassi, che è ritenuta più adeguata da Francoforte in quanto vincolerebbe solo gli esercenti.
Come abbiamo visto, la lettera della Bce solleva rilievi critici e perplessità relative non al principio della limitazione dei pagamenti in contanti in quanto tale, ma alla proporzionalità della misura e ai suoi reali effetti. I sette punti della missiva non hanno l’obiettivo di chiedere al governo di ritirare il provvedimento, ma chiedono analisi e delucidazioni ulteriori.
Il contante negli altri europei
Una fotografia dei limiti all’uso del contante nei paesi dell’Ue è stata prodotta dal Centro europeo dei consumatori(creato nel 2005 dalla Commissione europea e dagli Stati membri) con una mappa interattiva.
Su 28 Stati membri, 12 hanno fissato un tetto all’uso del contante, ma è necessario considerare il loro peso specifico. Tra le cinque principali economie europee, i Paesi che limitano il contante sono tre: Francia (1.000 euro), Spagna (2.500 euro) e, appunto, Italia.
Il tetto di 1.000 euro si ritrova anche in Portogallo, mentre in Germania e Austria non esistono limitazioni, se non quella di mostrare un documento per transazioni superiori a 10.000 euro in Germania.
Inoltre, non tutte le soglie sono restrittive allo stesso modo: in Bulgaria e Slovacchia il limite è 5.000 euro, in Repubblica Ceca, Croazia e Polonia intorno a 15.000 euro.
Il verdetto
Giorgia Meloni ha affermato che Banca centrale europea «ha dato ragione a Fratelli d’Italia» affermando che la misura di limitazione dei pagamenti in contanti sarebbe «un errore macroscopico».
La lettera indirizzata il 13 dicembre dalla Bce alle ministro dell’Economia e ai presidenti di Camera e Senato contiene sette rilievi critici sulla misura introdotta dal governo Conte II il cui senso è invitare a riflettere su tutte le conseguenze dell’introduzione di un tetto dei pagamenti contanti a 1.000 euro. Nonostante le perplessità, la Bce riconosce che porre un limite al contante è possibile per gli Stati membri dell’Ue, ma sostiene sia opportuno ponderare bene i limiti introdotti. La lettera di Francoforte non boccia la misura del governo Conte II, né chiede al governo di ritirarla.
Meloni è quindi imprecisa: la Bce non«dà ragione» a Fratelli d’Italia, partito contrario a ogni tipo di limitazione ai pagamenti in contanti e, pur invitando a una ulteriore riflessione, non afferma che la misura costituisca di per sé un errore.
In conclusione, «Nì» per lei.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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