Una fiducia dopo l’altra: un meccanismo che per molti sta diventando un abuso. Pierluigi Bersani, ex capo del governo incaricato, sostiene che l’attuale parlamento sia particolarmente disponibile nei confronti del governo visto che ha già approvato ben 28 questioni di fiducia.
Mi fido di te, cosa sei disposto a perdere
28 mozioni di fiducia sembrano davvero tante, specialmente se si considera che il governo Renzi si è insediato soltanto da nove mesi. Per verificare le parole di Bersani visitiamo il sito della Camera dedicato al rapporto fiduciario fra parlamento e governo. Ebbene, abbiamo scoperto che l’attuale esecutivo, ad oggi, ha chiesto (e ottenuto) la fiducia ben 26 volte (13 alla Camera e 13 al Senato). Ne mancherebbero quindi due al conteggio proposto da Bersani, ma possiamo immaginare che l’ex segretario del Pd abbia inserito nel totale anche le due mozioni di fiducia nei confronti del governo Renzi nel giorno del suo insediamento.
Tanto o troppo?
Sul fatto che Bersani sappia contare non abbiamo dubbi, la questione su cui ci dovremmo soffermare è l’utilizzo delle parole del politico di Bettola. Una cosa sono le questioni di fiducia poste dal governo su singoli disegni di legge (fondamentali per la stabilità di un esecutivo), un’altra sono quelle poste da membri del parlamento su mozioni o risoluzioni. Per queste ultime, e nel caso specifico le due in più che conta Bersani, stiamo parlando di elementi puramente procedurali, essenziali per il formale insediamento di un governo. Non sarebbe quindi corretto metterle a carico di Renzi e del suo esecutivo, in quanto parte della prassi parlamentare.
Possiamo quindi distinguere le mozioni di fiducia politiche dalle mozioni di fiducia procedurali. Quelle politiche sono 26 e non 28: “C’eri quasi” per Bersani.
P.S.: sul fatto che “non si sia mai visto un parlamento così disponibile”, ci rifacciamo a una dichiarazione già verificata di Di Battista. Nessun altro esecutivo, dal governo Berlusconi ad oggi, ha avuto un tasso di mozioni di fiducia al mese così alto come quello di Renzi.