Antonio Ingroia, candidato premier per la lista Rivoluzione Civile, sostiene che negli Stati Uniti, come del resto in qualsiasi altra parte del mondo, la pena comminata per il reato di evasione fiscale sia il carcere. Sarà vero?


L’Internal Revenue Service (Irs) – ente statunitense facente parte del Dipartimento del Tesoro – si occupa di applicare la legislazione federale in materia fiscale (Internal Revenue Code – Irc), di riscuotere le tasse e di indagare eventuali casi di violazione della normativa di riferimentoSecondo il Titolo 26 – Sez. 7201 dell’Irc, una sua violazione è punibile con una multa massima di 100.000 dollari (500.000 nel caso di una società) o, effettivamente, la reclusione non superiore a cinque anni o entrambe, unitamente alle spese processuali. Tuttavia, ai sensi del Titolo 18 – Sez. 3571, le sanzioni massime ammissibili per una violazione del Titolo 26 – Sez. 7201 possono essere elevate a non più di 250.000 dollari per gli individui e 500.000 dollari per le società. Inoltre, nel caso in cui una persona tragga un’entrata pecuniaria dal comportamento fraudolento, o il comportamento in questione abbia arrecato un danno patrimoniale a una persona diversa dal reo, quest’ultimo può essere sanzionato con una multa non superiore al maggiore tra il doppio del valore del guadagno lordo e il doppio del valore della perdita lorda.


Specifichiamo che, affinchè l’evasore fiscale possa essere accusato e processato ai sensi del Titolo 26 – Sez. 7201 (e quindi, punito eventualmente con il carcere), la violazione posta in essere deve presentare almeno tre caratteristiche: il mancato pagamento di un’imposta dovuta (oltre a quanto effettivamente pagato); il tentativo (anche fallito) di non pagare l’imposta in questione; la volontarietà e l’intenzionalità da parte del reo o presunto tale. Ad esempio, non presentare una dichiarazione dei redditi una tantum non costiturà in sè reato, bensì un semplice illecito, ma la reiterazione della mancata presentazione per diversi anni, costituirà la prova che questo comportamento non è casuale, ma scientemente posto in essere al fine di non pagare le imposte dovute in maniera sistematica. In tal caso il trasgressore potrà essere accusato e processato ai sensi del Titolo 26 – Sez. 7201 dell’Irc. Ed eventualmente incarcerato.


E per quanto riguarda il resto del mondo? Per amor di brevità ci limiteremo ai Paesi principali, constatando come effettivamente il carcere sia previsto in Paesi europei come Germania, Regno Unito, Francia, Spagna, Norvegia e perfino nella tanto bistrattata Grecia e nell’opaca Russia (a certe condizioni). Anche in India l’evasione fiscale è punibile con il carcere, mentre in Cina, fino a poco tempo fa, lo era addirittura con la pena di morte. E in Italia? Contrariamente a quanto vuole la vulgata, anche nel Belpaese è prevista la reclusione per i casi di evasione fiscale; sul sito dell’Agenzia delle Entrate è possibile, infatti, trovare tutte le fattispecie di reato per cui possono essere comminate pene detentive da un minimo di 1 anno ad un massimo di 6 anni. La nuova normativa in vigore dal settembre 2011, inoltre, prevede che non si possa più accedere alla sospensione condizionale della pena per i reati di dichiarazione fraudolenta, infedele o omessa, di false fatturazioni e di distruzione delle scritture contabili, nel caso in cui l’imposta sottratta sia superiore a 3 milioni di euro e al 30% del fatturato. Visti i criteri di condizionalità, non sarà esattamente facile “finire al gabbio” (per parafrasare Romanzo Criminale), ma è certamente possibile anche da noi.


Insomma, da bravo ex-magistrato Ingroia dimostra di conoscere la legge anche in materia fiscale. Nonostante ci venga il sospetto che abbia volutamente ignorato, almeno in parte, quanto previsto dalla normativa fiscale italiana per rinforzare il proprio messaggio elettorale – senza contare una certa genericità di parte della sua affermazione – lo vogliamo comunque premiare con un bel “Vero”. Buone manette a tutti!