La riforma del mercato del lavoro è tornata al centro del dibattito politico ed è probabile che ci rimarrà per parecchie settimane. Inevitabilmente, come ogni volta che si parla dell’argomento, torna anche l’articolo 18. Spauracchio per una parte politica, totem per l’altra.
L’articolo 18 regola i licenziamenti di dipendenti a contratto indeterminato da aziende con almeno 15 addetti. Prima della legge 92 del 2012, in caso di licenziamento illegittimo, ovvero di licenziamento non per giusta causa o per giustificato motivo, il datore di lavoro era obbligato al reintegro del dipendenteal quale spettava scegliere tra questo ed un risarcimento di 20 mensilità lavorative (per un approfondimento vedetevi questo video a cura di Quattrogatti.it).
La nuova legge, oltre ad aver introdotto la possibilità di rito semplificato per velocizzare i contenziosi, ha spostato sul giudice del lavoro l’onere di dover scegliere tra reintegro e risarcimento, privando quindi il dipendente di questa facoltà.
Detto ciò, è mai possibile che in nessun altro Paese sia concepito il reintegro come tutela del lavoratore illegittimamente licenziato?
Per scoprirlo abbiamo sfogliato l’esaustivo studio di Ius Laboris, associazione internazionale di avvocati dell Risorse Umane. Il rapporto si intitola “Individual Dismissal Across Europe”, ed è un’analisi comparativa di più Paesi europei in tema di licenziamento illegittimo e trattamenti che ne seguono.
Il reintegro esiste eccome in numerosi Paesi europei, anche se ovviamente con modalità e forme diverse rispetto all’Italia. E’ previsto in Austria, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Repubblica Ceca.
- Austria: oltre al reinserimento, il datore di lavoro deve pagare le mensilità di lavoro perdute.
- Danimarca: il reintegro può essere richiesto dal dipendente, ma a quanto pare viene forzato molto raramente.
- Germania: il reinserimento è previsto, con pagamento retroattivo delle mensilità perdute. Su richiesta di una delle parti, però, il giudice del lavoro può decidere se permettere successivamente la conclusione del rapporto di lavoro tramite compenso.
- Grecia: se il licenziamento è giudicato illegittimo sarà annullato e il dipendente sarà reintegrato, oltre a ricevere un risarcimento.
- Paesi Bassi: il reinserimento è previsto ma avviene di rado e dopo l’esaurimento di altre opzioni di risarcimento. E’ specificato che viene però accordato in pochissimi casi.
- Polonia: è il giudice a decidere se ordinare il reinserimento o no. Come in Italia dopo la riforma dell’articolo 18, può condannare il datore del lavoro al solo risarcimento.
- Portogallo: il giudice può obbligare il datore di lavoro ad un reinserimento o un risarcimento. Come in Italia prima della riforma, il dipendente può inoltre optare di sostituire la reintegra con un risarcimento.
- Repubblica Ceca: il reinserimento è obbligatorio se il dipendente insiste nell’ottenerlo.
Tirando le somme, ci sembra assurdo affermare che nessuno dei Paesi europei prevede il reintegro. Come attenuante per Brunetta, aggiungiamo che è vero che nessuno di questi Paesi prevede una forma di reintegro obbligatorio, come era prevista in Italia prima della riforma dell’articolo 18. Certo, però, da ex ministro e da parlamentare ci aspettiamo che sia completamente al corrente delle evoluzioni della normativa! Se non proprio “Panzana pazzesca”, un “Pinocchio andante” se lo merita tutto.