All’indomani della chiusura del primo turno delle primarie del centrosinistra, Grillo mette in discussione la coerenza della scelta del partito di Bersani con il meccanismo di funzionamento stesso degli organi dello Stato: il premier non esiste (e quindi neanche il candidato a tale ruolo) ed il Presidente della Repubblica nomina chi crede, previa fiducia delle Camere. Vero o falso? Vista la lunghezza della dichiarazione, andiamo a verificarla in due parti, partendo dagli ultimi tre periodi.


1) Il Presidente della Repubblica può nominare chi crede. Costui, con un programma e una lista dei ministri, si presenta alle Camere per la fiducia. Se la ottiene diventa presidente del Consiglio.


La fonte legislativa più importante per la disciplina degli organi dello Stato italiano è la nostra Costituzione, che nella Parte seconda, intitolata “Ordinamento della Repubblica” identifica i meccanismi di base che regolano il funzionamento di Parlamento, Presidente della Repubblica, Consiglio dei ministri, Pubblica Amministrazione e Organi ausiliari.


A stabilire i principi cardine del nostro governo è l’art. 92 che afferma che “il Governo è composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.” L’art. 94 prosegue confermando, quanto detto da Grillo, ovvero che “Il governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.” Il portavoce, come lui stesso si fa chiamare, del Movimento 5 stelle ha quindi ragione? “Nì”.


Grillo dimentica completamente di guardare alla prassi, che è altrettanto importante ed obbligatoria, in quanto oramai consolidata come consuetudine interpretativa.  In accordo a questa, la formazione del governo “si compie mediante un complesso ed articolato processo, nel quale si può distinguere la fase delle consultazioni (fase preparatoria), da quella dell’incarico, fino a quella che caratterizza la nomina”, e alla fiducia delle Camere. E’ nella fase delle consultazioni che il Presidente della Repubblica sente i partiti: questi ultimi propongono il proprio candidato alla presidenza che, sempre nella prassi, è il leader della coalizione che ha avuto il maggior numero di voti in sede di elezioni politiche. E non si tratta di una scelta a caso, ma di una scelta che va a vantaggio dell’intero sistema, in quanto il candidato della coalizione è anche quello che offre una certa garanzia di poter ottenere la fiducia delle due Camere. In questo senso “il governo è l’espressione della maggioranza parlamentare, cioè della coalizione di partiti che hanno ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamento”, che a sua volta è il risultato dell’espressione popolare. Il Presidente della Repubblica può quindi nominare chi crede (nel senso che non ci sono candidati espressamente identificati dalla nostra Costituzione): l’importante è che abbia ottenuto la fiducia del Parlamento. Questo iter nella pratica si traduce con la nomina del leader di coalizione.


2) In Italia non esiste il premierato, non esiste di conseguenza neppure il candidato premier. La buffonata odierna, promossa dalla grancassa mediatica equamente distribuita e senza eccezione alcuna, non eleggerà alcun candidato premier.


Come dicevamo sopra, essendo il leader della coalizione ad essere nominato dal Presidente della Repubblica, a seguito delle consultazione, è difficile essere d’accordo con Grillo quando dice che “la buffonata odierna […] non eleggerà alcun candidato premier”. I cittadini italiani non eleggono direttamente il premier, ma lo eleggono sostanzialmente,  in quanto sono messi  in condizione di conoscere, preventivamente dall’esito elettorale, quale sarà il Presidente del Consiglio dei ministri, e l’indirizzo politico che verrà perseguito qualora dovesse vincere (ovvero, qualora dovesse avere la maggioranza) uno o l’altro schieramento politico.


Tuttavia la complessità di questa prima parte è piuttosto legata alla definizione di premierato e al fatto che, effettivamente, è un istituto che a tutto’oggi non esiste in Italia. Non solo per le modalità di elezione del Presidente, che è il punto su cui Grillo così fortemente insiste, ma anche e soprattutto per i poteri che sono assegnati a quest’ultimo. Il Presidente del Consiglio italiano gode infatti di meno poteri di quelli, ad esempio del premier inglese: primo fra tutti non ha la possibilità di sciogliere le Camere (per approfondimenti su questo punto si veda T.E. Frosini). Parlare di “premier” è quindi sbagliato da un punto di vista giuridico, anche se, il termine inglese è oramai entrato nell’uso comune.


Insomma, un po’ imprecisa la dichiarazione di Grillo, che prende troppo alla lettera alcune parti della Costituzione, senza guardare ad altre fonti del diritto. Inoltre confonde l’elettore esagerando i toni sull’inutilità delle primarie. Premiamo comunque la conoscenza almeno della forma, e diamo un “C’eri quasi”.