Ospite a Servizio Pubblico, Alessandro Di Battista critica le relazioni tra Italia ed Arabia Saudita, Paese con dubbi standard per quanto riguarda la difesa dei diritti umani. L’esponente del Movimento Cinque Stelle si focalizza sulla pena di morte, causa della morte di 87 persone nel 2013.
I numeri
L’organizzazione di riferimento per i dati concernenti la pena di morte è Amnesty International, che nel rapporto 2013 conta almeno 79 esecuzioni in Arabia Saudita tra decapitazioni e fucilazioni. Secondo lo studio almeno tre delle persone uccise erano state condannate per crimini commessi quando erano ancora minorenni. Le condanne non ancora eseguite nel 2013 sono invece state minimo 6.
Oltre ai crimini più gravi (come l’omicidio) le condanne nel Paese sono dovute a crimini minori quali l’adulterio ed il furto aggravato. Secondo Amnesty, la maggior parte dei casi di pena di morte nel mondo nel 2013 è avvenuto in assenza degli standard internazionali per un processo giusto – l’Arabia Saudita rientra nella lista dei Paesi che effettivamente non hanno applicato questi standard.
Un triste primato
Vale la pena inoltre notare che l’Arabia Saudita è uno dei Paesi dove la pena di morte è più comune. L’80% delle 778 esecuzioni globali (Cina esclusa, con un numero di esecuzioni non ufficiali che si aggira intorno alle migliaia) avvengono in Iran, Iraq e appunto l’Arabia Saudita, come dimostra l’infografica qui in basso.
Il Verdetto
Amnesty International, punto di riferimento globale per i numeri sulla pena di morte, riporta un minimo di 79 esecuzioni nel 2013 in Arabia Saudita, e un minimo 6 condanne. Addizionando i numeri ci avviciniamo al totale di Di Battista, anche se il dato da lui fornito rimane impreciso: “C’eri quasi”.