Pippo Civati segue l’onda degli ultimi cambiamenti intervenuti nella giurisprudenza per attirare l’attenzione sul tema della fecondazione eterologa.
Il Tribunale di Bologna è intervenuto con l’ordinanza del 14 agosto scorso per risolvere il caso originato dal rifiuto del Centro Medico Tecnobios Procreazione di Bologna ad eseguire, ad una coppia, il trattamento di procreazione medicalmente assistita (PMA) in vitro di tipo eterologa. Quest’ultima si distingue dalla procreazione omologa – in cui il seme o l’ovulo appartengono alla coppia – perché la donazione di seme (o dell’ovulo) è fatta da un soggetto esterno alla coppia. Il centro medico aveva motivato la propria scelta appellandosi al divieto di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) di tipo eterologo contenuto nella versione originaria della legge 40 del 2004 (art. 4 comma 3).
Nell’ordinanza del Tribunale (paragrafo 3) si legge che durante il procedimento è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza del 9 aprile 2014 che ha dichiarato illegittimo l’articolo 4 comma 3, nella parte in cui si stabilisce per la coppia il divieto del ricorso a tecniche di PMA eterologa qualora sia stata diagnosticata una patologia causa di sterilità o di infertilità assoluta. Di conseguenza, quanto affermato da Civati nella prima parte della dichiarzione, relativa all’incostituzionalità del divieto di PMA eterologa nei casi di sterilità e di infertilità, corrisponde al vero.
Passiamo ora alla seconda parte: in che misura è corretto sostenere che la procreazione eterologa è possibile senza bisogno di altri interventi normativi?
L’ordinanza del tribunale di Bologna (paragrafo 13) riporta che tra le motivazioni della sentenza, la Corte (paragrafo 11) – con riferimento a casi del tutto assimilabili a quello in oggetto – ha escluso l’esistenza di lacune incolmabili concernenti la regolamentazione essenziale dell’accesso alla PMA con donazioni di gameti. L’ordinanza fonda il suo giudizio sul riconoscimento, da parte della Corte, che esistono già norme “che regolano i profili di più pregnante rilievo”. In poche parole, come sostenuto da Civati la Corte ha stabilito che esiste una normativa minima da integrare con l’aggiornamento delle linee guida, “eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei” (paragrafo 12 della sentenza della Corte).
Dunque, seguendo anche quanto sostenuto dal costituzionalista D’Amico, la dichiarazione di Civati è vera nel senso che la Corte Costituzionale ha escluso la sanzionabilità del ricorso a tecniche di tipo eterologo da parte di coppie infertili o sterili, così come l’ordinanza del Tribunale di Bologna conferma l’assenza di vuoto normativo già stabilita dalla Corte Costituzionale. Su queste basi non vediamo motivi per negare un “Vero” a Pippo Civati!