Quello che viene comunemente chiamato “redditometro” è uno “strumento di accertamento sintetico” pensato per ridurre l’evasione fiscale. In sostanza, il redditometro dovrebbe servire a comparare le spese di una famiglia con il suo reddito dichiarato, e a segnalare eventuali incongruenze laddove i due valori non sono coerenti.


Qualcosa di  simile era stato introdotto addirittura nel 1973 con il decreto 600 (articolo 38), la cui disciplina è stata però riscritta totalmente nel 2010 con il decreto legge numero 70 del 2010 (art.22), convertito in legge nel luglio 2010 (a questo proposito potrebbe essere utile la lettura di questo documento che compara la normativa attuale con quella previgente). Le nuove norme hanno radicalmente modificato la relativa disciplina, tanto che si parla spesso di “nuovo redditometro” modificato – come recita il decreto- al fine di “adeguarlo al contesto socio-economico mutato nel corso dell’ultimo decennio”. Se il vecchio redditometro serviva a stimare se il reddito ipotizzato dai controlli fosse coerente con quello dichiarato (da qui il nome), quello nuovo è stato concepito, invece, per stimare le spese del contribuente e a determinare se siano o meno coerenti con il reddito dichiarato. Inoltre, è stato previsto l’abbassamento del range di tolleranza: l’iter di accertamento ora è avviato solo quando la differenza fra il reddito accertabile sinteticamente – tramite degli elementi di spesa – e quello dichiarato, è superiore al 20% (prima era del 25%). Infine, non è più necessario che questo scostamento si verifichi per due anni consecutivi ma è sufficiente che sia annuale.


Il nuovo decreto ministeriale, approvato dal governo Monti e pubblicato in gazzetta ufficiale il 4 gennaio 2013, si limita a rendere pienamente effettive le norme introdotte nel 2010 e a includere la tabella che  individua il contenuto induttivo degli elementi di spesa, sulla base del quale può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.


Ciò che dice il professore è quindi vero: anche se l’origine dello strumento viene da lontano, la disciplina del redditometro – in cui si inserisce il decreto del governo Monti – è stata effettivamente introdotta nel 2010, “da chi lo ha preceduto”, e aspettava solo il decreto attuativo.