Gianni Cuperlo, in piena corsa verso la segreteria del Partito Democratico, prova a dare una misura alla diminuzione del livello di benessere degli italiani, e lo fa citando un rapporto dell’Onu.
Il Sustainable Development Solutions Network (Sdsn) ha pubblicato, sotto l’egida dell’Onu, il rapporto sulla felicità (World Happiness Report) che non tiene conto solo di indicatori macroeconomici o del livello dei salari ma si basa su una serie di fattori utili a stabilire se i cittadini sono felici. Il principio intorno a cui si costruisce il rapporto è che la felicità dei suoi abitanti è essenziale per valutare l’efficacia delle politiche pubbliche di un Paese. Per la produzione del rapporto sulla felicità del 2013 (riferito agli anni 2010-2012), pubblicato a settembre scorso, è stata utilizzata la combinazione di tre fonti: i sondaggi Gallup (Gallup World Poll), informazioni fornite dagli Stati e il supporto dell’Ocse. In base ad una serie di indicatori (salute, assenza di corruzione, aspettativa di vita etc.) è stata stilata una classifica dei Paesi più felici (pag. 22, tabella 2.3) in cui le posizioni di vertice sono occupati da Danimarca, Norvegia e Svizzera mentre l’Italia figura al 45° posto.
Andiamo a vedere in che posizione si ritrovava l’Italia nel rapporto sulla felicità precedente, il primo della serie, pubblicato ad aprile 2012 dallo Earth Institute della Columbia University e commissionato dalle Nazioni Unite.Questa prima edizione analizzava i risultati di quattro studi diversi – il Gallup World Poll, la World Values Survey, la European Values Survey e la European Social Survey. Nella figura 2.3 a pagina 30, nella classifica, che si basa su dati del Gallup World Poll sugli anni 2005-metà 2011, l’Italia compare al 28° posto, tra Porto Rico e Kuwait mentre a guidare la classifica era già la Danimarca. La classifica si basa sulla scala di Cantrill (Cantrill Ladder) in base alla quale, come spiegato a pagina 11 del rapporto, agli intervistati viene chiesto di valutare la qualità della propria vita su una scala di valori da 0 a 10.
Detto tutto ciò, Cuperlo dice una cosa che nei fatti è vera: l’Italia è passata dal 28° posto al 45°, perdendo 17 posizioni. Sarebbe stato utile aggiungere un’ulteriore precisazione, e cioè che l’Italia ha sì perso 17 posizioni tra i due rapporti, ma non proprio in un anno – le due classifiche coprono gli anni 2005-2011 (quella del 2012) e gli anni 2010-2012 (quella dell’ultimo rapporto). “C’eri quasi”!