Le quote rosa: tema ritornato in auge in questi ultimi giorni, sull’onda del dibattito sulla riforma della legge elettorale. Da entrambi i lati della barricata, le deputate si sono unite in una comune battaglia per la parità di genere. Tra gli emendamenti presentati:



– un emendamento prevedeva che le liste dei candidati fossero composto dal 50% di uomini e 50% di donne;



– un secondo emendamento prevedeva che i capilista fossero metà uomini e metà donne;



– un terzo emendamento proponeva invece una divisione 60-40 dei posti in cima alle liste;



– un quarto emendamento prevedeva l’alternanza uomo-donna nelle liste.



Quanto afferma Brunetta non è però rispecchiato dall’attuale dibattito: gli emendamenti non chiedono infatti il 50% dei posti alle donne in parlamento, bensì una maggior parità nelle liste per garantire una parità di genere di partenza, che potrebbe comunque risultare in una divisione dei posti parlamentari non equa, a seconda dell’esito elettorale. Tuttavia Brunetta si riferisce probabilmente al più ampio dibattito sulle quote rosa, nel quale si discute anche della possibilità di garantire una determinata presenza femminile in parlamento, riservando un certo numero di posti alle donne.



Vediamo ora se è vero quanto detto dal capogruppo forzista, ossia che non esiste da nessun’altra parte nel mondo una divisione ex post dei seggi a 50 e 50. Ci viene in aiuto il Quota project, promosso dalla International Idea, dalla Stockholm University e dall’Inter-Parliamentary Union, con lo scopo di informare il dibattito sul tema della parità di genere in politica e sull’uso e l’impatto delle quote rosa. Visitando il database del progetto, possiamo vedere quali Paesi riservano un certo numero di posti alle donne in parlamento – i cosiddetti reserved seats che garantiscono, quind,i un preciso esito, in termini di composizione di genere; degli organi legislativi. Riportiamo la tabella in basso di questi Paesi:






Apprendiamo che esistono parecchi Paesi che riservano una quota di seggi alle donne: rimane da capire se, tra questi, alcuni arrivano a riservarne ben la metà. Se confrontiamo l’elenco dei Paesi presenti in tabella con le percentuali di donne in parlamento fornite dall’Inter-Parliamentary Union, vediamo che solo un Paese (Andorra) ha un organo legislativo esattamente al 50% femminile. Andorra, tuttavia, risulta non avere quote rosa e infatti non appare tra i Paesi con reserved seats in tabella. La presenza del 50% delle donne non è quindi il frutto di una politica di genere. Paesi come l’Afghanistan, Cina e Tanzania riservano circa il 20-30% dei posti in parlamento.



Di conseguenza Brunetta ha ragione a dire che la certezza di un risultato esattamente paritario in termini di posti legislativi non esiste da nessuna parte al mondo. Esistono Paesi, come il Marocco o la Cina, che riservano un certo numero di seggi alle donne, tuttavia in nessuno di questi casi si tratta della metà dei posti disponibili. Allo stesso modo, Paesi in cui vengono applicate altre politiche di parità di genere (per esempio richiedendo pari numero di uomini e donne nelle liste elettorali) non garantiscono un risultato elettorale paritario, ma “solo” condizioni di partenza che non favoriscano un genere più di un altro. Brunetta conquista la promozione: “Vero”.