La dichiarazione è vera se si considera un quadro politico a tre schieramenti. In teoria, però, potrebbe bastare molto meno del 33 per cento dei voti. Infatti, la legge Calderoli, (legge n. 270 del 2005) potrebbe attribuire il premio di maggioranza alla coalizione che supera le altre di almeno un voto con il quorum fissato al 10 per cento alla Camera e al 20 percento al Senato.



E’vero che alla Camera, se nessuna delle coalizioni o delle liste singole ottiene almeno 340 seggi (corrispondenti al 55 % dei seggi), la quota di maggioranza (340 seggi) viene attribuita alla coalizione o alla lista singola con la maggiore cifra elettorale. Accedono alla ripartizione, effettuata su base nazionale, le coalizioni che abbiano raggiunto il 10 per cento dei voti validi o le liste non collegate che abbiano ottenuto il 4 per cento. Per l’elezione del Senato, la ripartizione avviene su base regionale. Sono ammesse alla ripartizione le coalizioni che ottengono il 20 per cento dei voti e le liste singole che ottengono l’8 per cento. Anche in questo caso, se nessuna lista o coalizione raggiunge la quota di maggioranza, equivalente al 55% dei seggi della regione, tale cifra è attribuita alla coalizione o lista singola con il maggior numero di voti.



Bersani ha dunque ragione a sostenere che con la legge elettorale in vigore, il premio di maggioranza possa essere assegnato alla maggiore minoranza. Manca solo di puntualizzare che potrebbe bastare anche meno del 33%. “C’era quasi”!