Berlusconi ricompare dopo un periodo di lunga assenza per criticare uno che una volta avrebbe considerato “un alleato” o un caro amico. Il Presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdoğan (pronunciato Erdoòan, con la “o” lunga), capo indiscusso del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (lo AK Parti, partito di ispirazione moderatamente islamica) e protagonista della scena politica anatolica nell’ultimo decennio, è stato sottoposto ad un numero crescente di critiche nell’ultimo anno e mezzo. Dal trattamento dei manifestanti durante le ormai famose proteste di Gezi Park, all’enorme scandalo di corruzione che ha colpito diversi esponenti del suo partito (e al blocco di Twitter e Youtube, successivamente invalidato dalla Corte Costituzionale), fino all’attuale gestione dell’assedio della città curdo-siriana di Kobane da parte dei guerriglieri dello Stato Islamico e alle prime avvisaglie di rallentamento dell’economia turca, non si direbbe che sia stato un anno facile.
Ma sarà vero che una delle leggi più discusse della Turchia – il divieto per le donne di indossare il velo all’interno di delle scuole e degli uffici pubblici – sia stato addirittura rovesciato, imponendo un obbligo?
Il velo e le rifome kemaliste, una controversia che dura da trent’anni
Contrariamente a quanti pensano in molti, non è stato il fondatore della Repubblica Turca, Mustafa Kemal Atatürk, a bandire il velo dagli uffici pubblici. Si tratta di una misura che è arrivata molto più tardi, ovvero nel 1981, dopo l’ultimo colpo di Stato da parte dell’esercito.
Da quel momento in poi il dibattuto divieto è sempre stato avversato dai partiti di ispirazione “confessionale”, sin da quando lo stesso Erdoğan fu eletto sindaco di Istanbul nel 1994 tra le fila del Partito del Welfare di Necmettin Erbakan, .
I maggiori mutamenti, però, sono arrivati solo con l’arrivo al potere nel 2002 dell’AK Parti (di matrice islamico-moderata), che ha negli anni avviato un parziale rilassamento di questa normativa (non senza scontrarsi con la Corte Costituzionale che annullò un primo tentativo nel 2008). Nel 2010 cadde il primo divieto. L’Alta Commissione per l’Educazione (Yok), istituita dall’esercito negli anni ’80 per monitorare l’applicazione del suo rigido codice vestiario ma controllata ormai dall’AK, permise di indossare il velo all’interno delle aule universitarie. Seguì nell’ottobre del 2013 l’eliminazione del divieto per le donne di indossare il velo tipico dell’osservanza musulmana all’interno di edifici pubblici ed amministrativi. L’ultima legge, entrata in vigore il 27 settembre di quest’anno, altro non è che un’ulteriore picconata al sistema di proibizioni messo in piedi negli anni ’80.
La nuova legge
Cosa prescrive nuova legge? Secondo quanto riportato dalla Gazzetta Ufficiale (tradotta sapientemente da nostri contatti turchi), il nuovo regolamento elimina il divieto di portare il velo a scuola a partire dalla quinta elementare, mantenendolo invece per trucco, baffi, barba, o capelli tinti (che fanno quindi parte di un divieto che è stato mantenuto, non imposto). Insomma, la nuova legge non impone assolutamente di indossare il velo, ha semmai abbassato l’età entro la quale è permesso indossarlo, lasciando inalterate le disposizioni su trucco, barba, e altri elementi decorativi del viso. Una “Panzana pazzesca” per Berlusconi.
P.S.: per chi non si fidasse delle traduzioni dei nostri amici turcofoni, vi invitiamo ad effettuare una grossolanissima traduzione su Google Translate dei seguenti passaggi tratti dalla Gazzetta Ufficiale turca:
“d) Okullarda yüzü açık bulunur; siyasî sembol içeren simge, şekil ve yazıların yer aldığı fular, bere, şapka, çanta ve benzeri materyalleri kullanamaz; saç boyama, vücuda dövme ve makyaj yapamaz, pirsingtakamaz, bıyık ve sakal bırakamaz,
e) Okul öncesi eğitim kurumlarında ve ilkokullarda okul içinde baş açık bulunur.”
Sicuramente non otterrete un testo grammaticalmente perfetto, ma sarà almeno conforme a quanto riportato da questo articolo.