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Draghi ha ragione: i dipendenti pubblici hanno in media quasi 51 anni, oltre 7 in più rispetto a vent’anni fa

| 10 marzo 2021
La dichiarazione
«L’età media oggi dei dipendenti pubblici è di quasi 51 anni, mentre venti anni fa era di 43 anni e mezzo»
Fonte: Governo.it | 10 marzo 2021
Ansa
Ansa
Verdetto sintetico
Vero
Il 10 marzo, in occasione della cerimonia di firma del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che «c’è stato un progressivo indebolimento della struttura demografica della pubblica amministrazione».

Secondo Draghi, vent’anni fa l’età media dei dipendenti pubblici era di 43,5 anni, oggi salita a quasi 51. Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e l’ex presidente della Banca centrale europea ha ragione. Vediamo perché.

Quanto è vecchia la pubblica amministrazione

I dati più aggiornati sulla distribuzione dell’età dei dipendenti pubblici in Italia fanno riferimento al 2018 e sono stati pubblicati ad aprile 2020 dal Ministero dell’economia e delle finanze (Mef).

Nel nostro Paese l’età media nel pubblico impiego è di 50,7 anni, i «quasi 51 anni» citati da Draghi. La media degli uomini è di 49,9 anni, quella delle donne di 51,4 anni (Tabella 1).
Tabella 1. Età media per genere nel pubblico impiego – Fonte: Mef
Tabella 1. Età media per genere nel pubblico impiego – Fonte: Mef
Nel 2001 – quindi 20 anni fa – l’età media, tra uomini e donne, era di 43,5 anni, altro dato correttamente indicato da Draghi. Nello stesso periodo tutta la popolazione italiana è invecchiata, ma con un aumento più sostenuto, passando da un’età media di 41,9 anni a una di 45,2.

Come si vede dal Grafico 1, dall’inizio degli anni 2000 i dipendenti del pubblico impiego sono invecchiati costantemente, con un picco nel 2002, dovuto però a un’anomalia nella comunicazione dei dati.
Grafico 1. Andamento dell’età media del totale del pubblico impiego – Fonte: Mef
Grafico 1. Andamento dell’età media del totale del pubblico impiego – Fonte: Mef
Il Grafico 2 mostra invece come sono distribuiti i dipendenti pubblici nelle varie fasce d’età. La forma di questa distribuzione è quella di un rombo, poiché i valori più elevati sono concentrati nelle classi centrali di età. Questo tipo di distribuzione c’era già anche nel 2001, ma quello che è cambiato in vent’anni circa – come abbiamo visto in precedenza – è stato il generale invecchiamento del pubblico impiego (Grafico 2).
Grafico 2. Distribuzione del totale del Personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per età e genere, anno 2018 – Fonte: Mef
Grafico 2. Distribuzione del totale del Personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per età e genere, anno 2018 – Fonte: Mef
Secondo il Mef, sono due i motivi principali che spiegano questa distribuzione a rombo. «Il primo, che ha avuto un effetto diretto, è riferibile alle disposizioni normative sul contenimento delle assunzioni che hanno limitato l’ingresso di personale nelle prime classi d’età», si legge in un approfondimento del Mef. «Il secondo è riconducibile a una maggiore qualificazione richiesta dalle amministrazioni al nuovo personale (es. insegnanti o agli infermieri), anche per fronteggiare la crescente complessità dei processi da gestire o come conseguenza del processo di informatizzazione avviato all’interno delle pubbliche amministrazioni all’inizio degli anni ’90».

«Le maggiori competenze richieste – prosegue il Mef – sono associate a percorsi formativi più lunghi, che si riflettono in un aumento dell’età dei nuovi assunti, i quali, al loro ingresso, si inseriscono nelle classi d’età intermedie, lasciando vuote le prime».

Il verdetto

Secondo Mario Draghi, «l’età media oggi dei dipendenti pubblici è di quasi 51 anni, mentre venti anni fa era di 43 anni e mezzo». Il presidente del Consiglio cita numeri corretti.

Nel 2018 – dati più aggiornati – l’età media del pubblico impiego era di 50,7 anni, mentre nel 2001 era di 43,5 anni.

Inoltre, già vent’anni fa il numero dei dipendenti pubblici era maggiore nelle fasce di età centrali, principalmente per due motivi: i limiti delle assunzioni imposti nella pubblica amministrazione e percorsi formativi più lunghi per arrivare all’assunzione.

In conclusione, Draghi si merita un “Vero”.

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