Giorgia Meloni se la prende con le riforme elettorali e costituzionali del governo Renzi che sarebbero, a detta della leader di Fratelli d’Italia-An, chiaramente antidemocratiche. “Speriamo che questi dittatori che ci capiteranno dopo le riforme di Renzi siano illuminati perché se sono scarsi, abbiamo un problema” dice Meloni. Vediamo se le modifiche riguardanti le modalità di intervento popolare sono davvero come descritte dall’ex ministro.
Nel testo originale del ddl costituzionale sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione non vi è traccia di modifiche ai limiti minimi di firme richieste per i due strumenti. Il testo è però attualmente in corso di esame nella Commissione Affari Costituzionali del Senato, come si vede nel tracciato dell’iter parlamentare dell’atto sul sito OpenParlamento. Ed è proprio durante questo esame che sono emersi numerosi emendamenti.
Tra questi vi è l’emendamento 11.0.1000 voluto dai relatori della legge, Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, in cui si modifica in maniera sostanziale l’articolo 75 della Costituzione (relativo ai referendum). Il referendum popolare, che secondo la Costituzione può essere indetto con cinquecentomila firme (o cinque consigli regionali), necessiterebbe di un milione di firme se l’emendamento venisse approvato. Questo emendamento è stato modificato dal 11.0.1000/54 testo 2, degli stessi autori, che riducono da un milione a ottocentomila firme la loro proposta. Corretto quindi il primo numero di Meloni.
Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, esse sono regolate dall’articolo 71 della nostra Costituzione ed attualmente richiedono almeno cinquantamila firme. L’emendamento 9.1000 (testo 2), voluto sempre dai relatori Finocchiaro e Calderoli, moltiplicherebbe effettivamente per 5 questo limite portandolo a duecentocinquantamila.
Vedremo se il testo verrà approvato con o senza questi emendamenti, ma al momento Meloni ha correttamente riportato le modifiche proposte: “Vero”.