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Conte sbaglia: gli occupati a termine e la cassa integrazione sono scesi, non aumentati

| 22 maggio 2024
La dichiarazione
«Guardando i dati dell’occupazione di cui si vantano, sono aumentati i lavori a termine e i cassintegrati»
Fonte: Corriere della Sera | 21 maggio 2024
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Verdetto sintetico
I numeri danno torto al presidente del Movimento 5 Stelle.
In breve
  • Secondo Istat, durante il governo Meloni gli occupati sono aumentati di 600 mila unità. I dipendenti a tempo determinato sono calati. TWEET
  • Nel 2023 le ore autorizzate di cassa integrazione sono state più basse rispetto a quelle del 2022. Nei primi due mesi di quest’anno c’è stato un aumento rispetto allo stesso periodo del 2023, ma a marzo c’è stato di nuovo un calo. TWEET
Il 21 maggio, in un’intervista con il Corriere della Sera, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha accusato il governo Meloni di vantarsi dei dati sull’occupazione, nonostante siano aumentati i lavoratori con un contratto a termine e quelli in cassa integrazione.

Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri più aggiornati di Istat e l’ex presidente del Consiglio non dice la verità.

Il calo dei lavoratori a termine

A marzo gli occupati in Italia erano oltre 23,8 milioni, 600 mila in più rispetto a ottobre 2022, quando si è insediato il governo Meloni. Nel nostro Paese non ci sono mai stati così tanti occupati e il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni, pari al 62,1 per cento, è il più alto da quando sono disponibili i dati mensili di Istat. Da quando è diventata presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha citato più volte questa crescita, che – come abbiamo spiegato in altri fact-checking – segue una dinamica iniziata nel 2021, durante il governo Draghi. 

Al di là dei meriti di questa crescita, è vero che l’aumento degli occupati in Italia nasconde un aumento dei lavoratori con un contratto a tempo determinato? I numeri di Istat dicono il contrario di quanto sostenuto da Conte. A marzo i dipendenti con un contratto a tempo determinato erano più di 2,8 milioni, circa 160 mila in meno rispetto a ottobre 2022. Gli occupati con un contratto a tempo indeterminato, invece, sono aumentati di quasi 700 mila unità, avvicinandosi al numero record di 16 milioni. Secondo i dati più aggiornati, il 15 per cento degli occupati dipendenti in Italia ha un contratto a tempo determinato, una percentuale in calo rispetto al 16,4 per cento registrato a ottobre 2022. Questo calo è iniziato a febbraio 2022, quando è stato toccato il picco di dipendenti a termine, il 17,3 per cento sul totale dei dipendenti.
Il calo dei lavoratori a tempo determinato registrato nel 2023 è stato sottolineato dalla stessa Istat nel “Rapporto annuale 2024”, pubblicato il 15 maggio. «Uno dei tratti distintivi degli ultimi due decenni è la continua crescita dei dipendenti a tempo determinato, interrotta solo nelle fasi di congiuntura negativa in quanto più esposti al ciclo economico: sono infatti i primi a perdere il lavoro all’inizio di un periodo di crisi e ad aumentare con la successiva ripresa», ha scritto Istat, aggiungendo però che «in Italia solo nel 2023 si registra un primo calo del lavoro a termine in presenza di un aumento complessivo dell’occupazione». Secondo Istat, questo calo «può essere legato sia alle trasformazioni verso il tempo indeterminato, sia alla ripresa del lavoro autonomo anche nella componente priva di dipendenti, come i collaboratori, forme di lavoro che soprattutto per i giovani assumono caratteristiche spesso sovrapponibili a quelle del lavoro a termine».

Nel suo “Rapporto annuale”, Istat scrive anche che se si allarga lo sguardo agli ultimi vent’anni, tra il 2004 e il 2023 i lavoratori a tempo determinato sono aumentati, in particolare nella fascia di età tra i 15 e i  34 anni. Il lavoro a tempo indeterminato, invece, «è aumentato solo tra gli occupati ultracinquantenni». 

Ricapitolando: in vent’anni gli occupati a tempo determinato sono aumentati, ma durante i primi 17 mesi del governo Meloni sono calati, sia in valore assoluto sia in percentuale sul totale dei dipendenti.

E la cassa integrazione?

Secondo Conte, l’aumento del numero di occupati sarebbe anche frutto del conteggio dei lavoratori in cassa integrazione, cresciuti con il governo Meloni. Vediamo che cosa dicono i numeri, facendo prima una premessa.

Istat considera come “occupato” chi, nella fascia di età tra i 15 e gli 84 anni, dichiara di lavorare almeno un’ora retribuita alla settimana. Secondo alcuni, questo criterio, nonostante sia usato da molti anni a livello internazionale, falserebbe i dati sull’occupazione. Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, in realtà non è così: in Italia solo l’1,5 per cento degli occupati lavora al massimo dieci ore alla settimana, una piccola percentuale sul totale, rimasta stabile negli anni. Nel 2021 Istat ha rivisto alcuni criteri per il conteggio degli occupati, aggiornando comunque i dati degli anni passati, che restano quindi confrontabili tra loro. Tra le altre cose, Istat considera “occupati” i lavoratori dipendenti che si trovano in cassa integrazione al massimo per tre mesi e gli autonomi che non hanno sospeso la loro attività per più di tre mesi. La cassa integrazione è un sostegno economico temporaneo che lo Stato offre ai lavoratori quando le aziende per cui lavorano riducono o sospendono le attività per difficoltà di vario tipo. Esistono tre tipi di cassa integrazione: quella ordinaria, straordinaria e in deroga.  

Innanzitutto va chiarito che un lavoratore, quando viene messo in cassa integrazione, non è conteggiato come un nuovo occupato: rimane infatti conteggiato tra gli occupati e se resta più di tre mesi in cassa integrazione, diventa disoccupato. Dunque al massimo questo criterio evita un calo temporaneo degli occupati, non un suo aumento. 

Secondo i dati dell’Inps, in tutto il 2023 sono state autorizzate 409 milioni di ore di cassa integrazione, considerando quelle ordinaria, straordinaria e in deroga. Rispetto al 2022, le ore autorizzate di cassa integrazione sono scese del 12,6 per cento. Solo in due mesi, a settembre e a ottobre 2023, c’è stato un aumento delle ore di cassa integrazione rispetto agli stessi mesi dell’anno prima. 

Secondo i dati più aggiornati, tra gennaio e marzo 2024 le ore di cassa integrazione autorizzate sono aumentate dell’8,6 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2023, ma a marzo c’è stato comunque un calo del 7,3 per cento rispetto a marzo 2023. L’aumento si è concentrato finora su gennaio e febbraio.

Il verdetto

Secondo Giuseppe Conte, il governo Meloni si vanta dei dati sull’occupazione, ma «sono aumentati i lavori a termine e i cassintegrati». Abbiamo verificato e i numeri danno torto al presidente del Movimento 5 Stelle.

Secondo Istat, durante il governo Meloni gli occupati sono aumentati di 600 mila unità. I dipendenti a tempo determinato sono calati. Nel 2023 le ore autorizzate di cassa integrazione sono state più basse rispetto a quelle del 2022. Nei primi due mesi di quest’anno c’è stato un aumento rispetto allo stesso periodo del 2023, ma a marzo c’è stato di nuovo un calo.

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