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Cingolani è impreciso sui settori che emettono più CO2

| 03 novembre 2021
La dichiarazione
«Circa un terzo delle emissioni viene dalla manifattura, circa un quarto della mobilità, e un altro 20-22 per cento viene dalla nostra vita: le case, il riscaldamento, eccetera»
Fonte: Youtube | 1 novembre 2021
Ansa
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Verdetto sintetico
Il 1° novembre il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha partecipato a una conferenza stampa, insieme al presidente del Consiglio Mario Draghi, al termine dei lavori della giornata di apertura della Cop26, la conferenza annuale delle Nazioni unite sul clima, a Glasgow (Scozia).

Tra le altre cose, Cingolani ha ribadito la necessità di ridurre la quantità di Co2 immessa in atmosfera, generata in particolare dalla produzione di energia. Ai giornalisti il ministro ha ricordato che nel nostro Paese «circa un terzo» delle emissioni viene dall’industria manifatturiera, «circa un quarto» dalla mobilità e un «altro 20 per cento» dalla «nostra vita», per esempio dal riscaldamento delle case.

Abbiamo verificato se questi dati sono corretti o meno e il ministro è stato impreciso. Vediamo, settore per settore, qual è il contributo degli ambiti citati da Cingolani sulle emissioni.

Le emissioni per settori in Italia

La fonte più completa e autorevole per conoscere le emissioni di CO2 in Italia è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), un ente di ricerca sotto la vigilanza del Ministero della Transizione ecologica. I dati più aggiornati sono relativi al 2019 e sono contenuti nell’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera, pubblicato la scorsa primavera.

Secondo Ispra, due anni fa in Italia sono state emesse circa 418,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, l’unità di misura usata per pesare insieme gas serra diversi tra loro, in calo del 19,3 per cento rispetto ai livelli di emissioni del 1990 (Grafico 1).
Grafico 1. Andamento delle emissioni in Italia per settore – Fonte: Ispra
Grafico 1. Andamento delle emissioni in Italia per settore – Fonte: Ispra
Più nel dettaglio, il settore energetico – quello sulla produzione e utilizzo di energia, dalle industrie ai trasporti – ha contribuito per oltre 329 milioni di tonnellate.

Ma quali sono i settori che emettono di più nel nostro Paese? E che peso hanno sul totale delle emissioni, e sul totale di quelle del solo settore energetico? Partiamo dal settore della manifattura, il primo indicato da Cingolani.

Quanto pesa la manifattura

Secondo il ministro, l’industria manifatturiera pesa per «circa un terzo» sulle emissioni, ma i dati Ispra danno una stima più bassa. Secondo l’istituto, nel 2019 i settori della manifattura e delle costruzioni – analizzate insieme nel rapporto – hanno contribuito a produrre oltre 48,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, il 14,8 per cento sul settore energetico e il l’11,6 per cento sul totale delle emissioni.

Rispetto al 1990, il settore della manifattura e delle costruzioni ha quasi dimezzato le proprie emissioni, principalmente per due motivi: il taglio della produzione, causato anche dalle crisi economiche, e l’aumento dell’efficienza dei processi produttivi, in particolare nel settore della chimica.

Qual è il contributo dei trasporti

Il settore dei trasporti ha invece pesato nel 2019 per circa 105,5 milioni di tonnellate di CO2, il 25,2 per cento sul totale – percentuale in linea con il «quarto» citato da Cingolani sulla «mobilità». Questa percentuale sale al 32 per cento se si prendono in considerazione solo le emissioni per il consumo di energia.

Nel settore dei trasporti, oltre 97,7 milioni di tonnellate provengono dal trasporto su strada. Le emissioni in questo ambito hanno avuto un continuo trend di crescita tra il 1990 e il 2007, per poi calare soprattutto a causa della crisi economica, e in parte per l’immatricolazione di mezzi meno inquinanti, e stabilizzarsi negli ultimi anni.

Il peso degli “altri settori”

Non è poi chiaro a che cosa faccia riferimento Cingolani quando parla di un «20-22 per cento» di emissioni che proviene dalla «nostra vita». Nella conferenza stampa il ministro ha infatti citato un solo esempio, quello del riscaldamento nelle abitazioni. Nelle sue stime Ispra ha quantificato il contributo dei cosiddetti “altri settori”, che con oltre 76 milioni di tonnellate di emissioni pesa per il 19,6 per cento sul totale delle emissioni (un dato in linea con il «20 per cento» citato da Cingolani) e per il 24,3 per cento sul settore energetico. Ma che cosa rientra in questa categoria?

L’energia usata nelle abitazioni, soprattutto per il riscaldamento, è solo una delle voci in “altri settori”, e pesa per l’11,2 per cento sul totale delle emissioni – la metà del dato indicato dal ministro. Vengono poi considerati i settori dell’agricoltura e la pesca (per quanto riguarda il consumo di combustibile), i settori istituzionali e commerciali, e i trasporti militari (che però pesano soltanto per lo 0,1 per cento sulle emissioni).

Prima di concludere, sottolineiamo che le voci viste finora sono solo una parte di quelle responsabili per l’immissione di gas serra nell’atmosfera. Vanno poi considerate, tra le altre cose, tutte le voci dei settori dell’agricoltura (in questo caso per voci come la gestione del letame e le coltivazioni), dei processi industriali (per esempio per quanto riguarda le attività minerarie) e del ciclo dei rifiuti.

Il verdetto

Secondo Roberto Cingolani, nel nostro Paese «circa un terzo delle emissioni viene dalla manifattura, circa un quarto della mobilità, e un altro 20-22 per cento viene dalla nostra vita», per esempio dal riscaldamento delle case.

Abbiamo verificato e il ministro per la Transizione ecologica è stato un po’ impreciso.

Il settore della manifattura e delle costruzioni pesa per un 11,6 per cento delle emissioni di CO2 (percentuale più bassa di quella indicata da Cingolani), mentre quello dei trasporti per un 25,2 per cento. Il settore residenziale, che comprende anche il riscaldamento domestico, pesa invece per l’11,2 per cento – percentuale che si avvicina a quella indicata dal ministro se si considerano altre voci, per esempio i consumi commerciali.

In conclusione, Cingolani si merita un “Nì”.

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