È proprio cosi. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, si è pronunciata in diverse occasioni sull’importanza del principio di proporzionalità nelle sentenze relative ai reati di diffamazione. Un chiaro esempio è il caso Cumpana e Mazare v. Romania del 17 dicembre 2004, nella quale la Corte giudicò ingiustificata la pena di detenzione in carcere per un giornalista accusato di diffamazione. Un commento simile venne fatto anche nel caso Skałka v. Polonia, quando la Corte giudicò la pena detentiva sproporzionata rispetto al reato di diffamazione.
Anche l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa si è pronunciata contro la detenzione come sanzione per il reato di diffamazione, per esempio nella Raccomandazione 1814 (2007), intitolata appunto “Verso la decriminilizzazione del reato di diffamazione”. La raccomandazione è stata appoggiata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che ha chiarito questa presa di posizione spiegando che l’applicazione di sanzioni sproporzionate rischia di limitare la libertà d’espressione e d’informazione.
Con la Corte, l’Assemblea e il Consiglio a favore, la sentenza per Paola Severino non può essere che una: “Vero”.