Il governatore della Puglia interviene, dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno, sul recente intervento della Corte costituzionale volto ad incidere sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni contenute nella legge regionale n. 11 del 20 giugno 2011 ” Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda pubblica regionale ‘Acquedotto Pugliese (AQP)’ “.



Tre sono le disposizioni, della legge regionale in questione, che vengono fatte oggetto dalla censura di costituzionalità:



– secondo l’art. 2, comma 1 “il servizio idrico integrato della Puglia è affidato a un’azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attività con l’ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento del servizio e con l’obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno l’80 per cento degli avanzi netti di gestione”;



– l’art. 5 disciplina il subentro della Azienda pubblica regionale – denominata, appunto, AQP – nel patrimonio e nei rapporti della S.p.A. Acquedotto pugliese (a suo tempo costituita, mediante trasformazione del preesistente “Ente autonomo per l’acquedotto pugliese”, con il d.lgs. n. 141/1999);



– secondo l’articolo 9, comma 1, “il personale in servizio presso l’Acquedotto pugliese S.p.A. alla data di costituzione dell’AQP transita nell’organico dell’AQP alla data della costituzione della medesima, conservando tutti i diritti giuridici ed economici acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell’attuazione di tale progetto sono assicurate le relazioni sindacali».



Un quadro completo, sia pur sintetico, presuppone di esaminare la risposta della Corte costituzionale, intervenuta con sentenza n. 62 del 21 marzo 2012, almeno sui primi due aspetti della legge regionale (sul terzo, si rimanda quindi a quanto contenuto nella nota apparsa sul sito di Amministrazione in Cammino).



Con riferimento alla censura inerente l’art. 2, la Corte ha annullato la normativa impugnata, sul presupposto che la disciplina relativa all’affidamento della gestione del Servizio Idrico Integrato rientra nella competenza esclusiva statale in tema di “tutela della concorrenza” (art. 117, comma 2, lett. e Cost.) e “tutela dell’ambiente” (art. 117, co. 2, lett. s, Cost.). In particolare, secondo la Corte, anche dopo l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del D.l. n. 112 del 25 giugno 2008, “resta vigente il disposto del terzo periodo del comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 (…) in forza del quale alla legge regionale spetta soltanto disporre l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità d’ambito territoriale ottimale (Aato), ‘nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza’, e non spetta, di conseguenza, provvedere direttamente all’esercizio di tali funzioni affidando la gestione ad un soggetto determinato”.



Come sottolineato dal commento alla sentenza apparso sul sito di Diritti Regionali-Osservatorio delle Autonomie (cui si rinvia anche per l’approfondimento di ulteriori aspetti connessi con la pronuncia in esame): “Detto in altri termini, la Corte ha giudicato illegittima la legge regionale in questione poiché, in contrasto con la normativa statale, avrebbe: a) impedito che l’Autorità idrica pugliese (che succede alla soppressa Aato) deliberi con un proprio atto le forme di gestione del Servizio Idrico Integrato e provveda ad aggiudicare la gestione del predetto servizio al soggetto affidatario; b) stabilito che il Servizio Idrico Integrato sia affidato a un’azienda pubblica regionale, denominata ‘Acquedotto Pugliese – AQP’, appositamente istituita con la medesima legge regionale”.



Passiamo ora alla previsione contenuta nell’art. 5. Nella pronuncia della Corte si osserva che tale disposizione “incide sul patrimonio e sui rapporti attivi e passivi di una società per azioni costituita con legge statale; società nel cui oggetto sociale rientra la ‘gestione del ciclo integrato dell’acqua’ e che è destinata ad operare (in base al citato d.lgs. n. 141 del 1999) almeno fino al 31 dicembre 2018”. Di qui, prosegue la Corte che “la norma regionale impugnata è riconducibile – oltre che alla materia ordinamento civile – alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, entrambe riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base agli evocati parametri costituzionali”. Per l’effetto, “la previsione del subentro dell’AQP nel patrimonio e nei rapporti della s.p.a. Acquedotto pugliese, ponendosi in palese contrasto con la suddetta disciplina statale (che non prevede tale subentro), integra, perciò, la denunciata illegittimità costituzionale”.



Pur riconoscendo che la dichiarazione di Nichi Vendola si caratterizza per un taglio compatibile più con una risposta giornalistica che con un libro di diritto, può scorgersi nella stessa un fondo di “Vero”!