Impegnato nello sfrenato ed estenuante “Tsunami Tour” per le piazze d’Italia, Grillo snocciola un numero dietro l’altro, dipingendo l’immagine di un Paese distrutto, smembrato, sul quale l’ultimo governo si è accanito con misure draconiane con l’appoggio di tutti i principali partiti politici.


Condizione necessaria per un programma politico serio, però, è la solidità del ragionamento sottostante, che si deve basare su dati osservabili. Vediamo da questo punto di vista come se la cava il leader del Movimento 5 Stelle, a partire dai dati sulla disoccupazione giovanile.


Qui Grillo ha, purtroppo, ragione. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, nell’ottobre 2012, il tasso di disoccupazione giovanile dell’Italia raggiungeva il 36.5%. Record polverizzato nel novembre del 2012 dalle nuove stime Istat, che danno il tasso in crescita al 37.1%. Rispetto agli altri Paesi europei siamo messi decisamente male. L’ultimo confronto possibile con l’ìntera zona Ue può essere effettuato con i dati Eurostat risalenti ad agosto 2012, ed il risultato è tutt’altro che lusinghiero. L’Italia si trova infatti al quarto posto, appena sotto il podio poco lusinghiero composto da Grecia, Spagna e Portogallo, decisamente al di sopra della media Ue del 25.3%.


                                  


 


Grillo ha ragione anche quando si riferisce alla “tasse sul lavoro più alte d’Europa”. L’Implicit Tax Rate on Labour a pagina 29 del Rapporto 2012 di Eurostat – Taxation Trends in the European Union – vede l’Italia prima in classifica (anche se i dati sono riferiti al 2010). 


                                


  


Che dire, infine, degli ultimi due numeri citati da Grillo: 275mila piccole e medie imprese  chiuse (in un periodo di tempo non specificato), e 35 imprese che falliscono ogni giorno? Potrebbe aiutarci l’ultimo rapporto di Unioncamere per l’anno 2012, uscito il 24 gennaio, esattamente lo stesso giorno in cui Grillo, a Siena, faceva il suo comizio. Lo studio non distingue tra “piccole”, “medie” o “grandi” imprese, limitandosi a riferire del numero totale di nuove iscrizioni e di chiusure anno dopo anno. Tuttavia, i dati della Commissione Europea mostrano che il 99,4% delle imprese italiane sono considerate “micro” o “piccole”, lo 0,5% è qualificato come “medie” e appena lo 0,1% sono “grandi”. Tali percentuali non lasciano spazio a dubbi: uno studio sulle imprese in Italia equivale ad uno studio sulle Piccole e Medie Imprese.


Secondo Unioncamere, quindi, nel 2012 ne sono sparite 364.972, quasi 1.000 al giorno. Un numero sicuramente ben più alto di quello citato da Grillo, che però ha parlato di fallimenti. I dati Unioncamere si riferiscono invece alle imprese cessate dall’attività,  una categoria più ampia che, secondo la definizione della stessa Unioncamere, abbraccia tutte quelle imprese che abbiano comunicato una delle seguenti attività: ritiro dagli affari, trasferimento in altra provincia, scioglimento, o cessazione d’ufficio.  


                                 


In merito al numero di imprese fallite, l’ultimo rapporto Unioncamere risale al 2011 e parla di 38 fallimenti al giorno nel primi 9 mesi dell’anno. Secondo uno studio pubblicato da Cribis D&B lo scorso 16 gennaio, nel 2012 12.463 imprese hanno chiuso i battenti per fallimento, ovvero 34 al giorno – un numero vicinissimo a quello citato da Grillo.


Insomma, Grillo ha sciorinato una serie di cifre su argomenti diversi e complessi dando prova di buona preparazione. Non ci sentiamo di penalizzare l’imprecisione sul numero di imprese chiuse in virtù del fatto che il dato è perfino sottostimato, e premiamo dunque il leader del M5S con un “Vero”.