All’indomani delle elezioni, politici, commentatori e opinionisti vari si sono sbizzarriti alla ricerca di soluzioni per lo stallo istituzionale. Anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, non è stato da meno. Ma la sua ricetta per “uscire dal ginepraio” è fondata?
Sembrerebbe proprio di sì. Secondo l’art. 88 della Costituzione, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere o anche una sola di esse. E’ giusto anche il riferimento alla “pienezza dei poteri” del Capo dello Stato per poter effettuare quest’operazione. Lo stesso articolo al secondo comma dice, infatti, che tale facoltà non può essere esercitata negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano, in tutto o in parte, con gli ultimi sei mesi della legislatura. Tale periodo è il cosiddetto “semestre bianco”, ed è volto ad impedire che un Presidente della Repubblica in scadenza di mandato sciolga le Camere per favorire la formazione di un parlamento meglio disposto verso una sua eventuale rielezione. Napolitano, prima che venisse rieletto, non poteva dunque sciogliere le nuove Camere uscite dalle urne di febbraio, perché era in scadenza di mandato. Si sarebbe dovuto aspettare un nuovo (o, alla fine, lo stesso) Capo dello Stato nel pieno dei suoi poteri per poterlo fare.
Lo scioglimento anticipato di una sola Camera potrebbe essere una mossa politicamente molto controversa, ma l’art. 88 ci dice che sulla carta l’ipotesi esiste. Tuttavia è vero, come ricorda Pisapia, che si tratta di un caso di scuola: come spiega questo articolo su Altalex sullo scioglimento anticipato di una sola Camera, “esistono tre precedenti (nel 1953, nel 1958 e nel 1963) in cui una sola Camera è stata sciolta ma soltanto per motivi tecnici. Tali scioglimenti, infatti, avevano lo scopo di far svolgere contestualmente le consultazioni elettorali di Camera e Senato la cui durata era diversa, cinque anni per la prima e sei per il secondo. Poi intervenne la legge costituzionale n. 2 del 1963 che equiparò la durata delle due Camere, senza però modificare il citato articolo. Non si rinvengono invece precedenti dello scioglimento di una sola Camera per motivi politici” (sullo stesso punto, agli appassionati consigliamo questo articolo su Il Ricostituente e quest’altro articolo su Ius et Norma).
La questione si era posta di recente nel novembre 2010, quando l’ultimo governo Berlusconi era alle prese con una maggioranza traballante alla Camera. Berlusconi all’epoca aveva ammonito i riottosi finiani: “andremo avanti a governare con una fiducia che ci verrà data al Senato e che penso ci verrà data anche alla Camera. E se ci dovesse essere una fiducia che non c’è alla Camera, benissimo, si andrà a votare per la Camera stessa dei deputati e vedremo che cosa decideranno gli italiani”.
Pisapia supera l’esame di diritto costituzionale: “Vero”!