Il 18 agosto, ospite di Luca Telese sulla web radio Giornale Radio, l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti (Pd) ha commentato l’attuale situazione in Afghanistan, tornato sotto il controllo dei talebani, e ha rivendicato alcuni successi delle missioni militari italiane nel Paese.

In particolare, Pinotti ha dichiarato (min. 13:47) che la provincia afghana di Herat è stata quella con il «miglioramento degli indici di vivibilità più alto» ed è, ad oggi, quella con la «frequenza scolastica femminile più alta».

Ricordiamo che dal 2005 l’area di responsabilità italiana nella guerra in Afghanistan è stata un’ampia regione occidentale – «grande quanto il Nord Italia», dice il Ministero della Difesa – che comprende, oltre alla provincia di Herat, anche quelle di Badghis, Ghor e Farah.

Davvero in quest’area le condizioni di vita sono migliorate più che nel resto dell’Afghanistan? E che oggi qui c’è la maggior presenza di donne nelle scuole? Abbiamo verificato e Pinotti esagera, soprattutto sul primo punto.

Che cosa dicono i dati sulla vivibilità

Per quanto riguarda le statistiche sulla vivibilità nelle aree afghane controllate dall’Italia, possiamo fare riferimento ai dati dello Human development index (Hdi, o “indice di sviluppo umano” in italiano), un indicatore usato anche dalle Nazioni unite che cerca di valutare la qualità della vita di un Paese, mettendo insieme dati su tre ambiti diversi, relativi alla salute, all’educazione e al reddito. Più l’indice è vicino al valore 1, più lo sviluppo è maggiore.

Nel 2004 – anno precedente alla presa dell’Italia del comando della regione – la regione con Herat, Badghis, Ghor e Farah aveva un indice Hdi pari a 0.382, il secondo più basso sulle otto macroaree in cui sono divise le statistiche dell’Afghanistan a livello subnazionale. Nel 2019 (ultimo anno disponibile) il valore dell’indice era salito a 0.476 – questa volta terzo dato più basso del Paese – con una crescita del 25 per cento circa. Questa percentuale è in linea con la crescita registrata in tutto l’Afghanistan, passato da un indice Hdi pari a 0.409 nel 2004 a uno pari a 0.511 nel 2019.

Il +25 per cento circa della zona sotto responsabilità italiana non è stato però il miglioramento più significativo, come sostenuto da Pinotti. L’Afghanistan settentrionale (con le province di Samangan, Sar-e-Pol, Balkh, Jowzjan e Faryab) ha registrato una crescita dell’indice di sviluppo umano superiore al 35 per cento, mentre quella meridionale (con le province di Oruzgan, Zabol, Nimruz, Kandahar e Helmand) intorno al 38 per cento.


Tra il 2004 e il 2019 l’area sotto responsabilità italiana non ha registrato i miglioramenti più alti anche nei tre sottoindici che compongono l’indice Hdi. Per quanto riguarda la salute, la provincia di Herat e quelle vicine hanno avuto un miglioramento del 25 per cento circa, leggermente più basso delle province di Bamiyan e Daikondi (oltre il +26 per cento) e di quelle dell’Afghanistan sudorientale (oltre il +33 per cento). Anche il miglioramento del quasi +32 per cento registrato nell’indice sull’educazione si piazza al terzo posto, dietro al +53 per cento dell’Afghanistan settentrionale e al +98 per cento dell’Afghanistan meridionale. Infine abbiamo l’indice relativo al reddito. Qui, tra il 2004 e il 2019, l’area con Herat ha avuto un miglioramento del +18 per cento circa, terza crescita più alta dietro Afghanistan settentrionale (oltre il +33 per cento) e meridionale (oltre il +22 per cento).

Ricapitolando: sotto il controllo delle truppe italiane, la regione occidentale dell’Afghanistan – con le province di Herat, Badghis, Ghor e Farah – ha registrato il terzo miglioramento più alto nell’indice di sviluppo umano, e anche nei sottoindici relativi a salute, educazione e reddito.

Dunque Pinotti esagera quando parla del «miglioramento più alto» degli indici di vivibilità. Va inoltre aggiunto che i dati appena visti non sono necessariamente una causa diretta degli interventi italiani nella zona, che, oltre agli aspetti militari, hanno riguardato anche investimenti per scuole e ospedali.

Che cosa dicono i dati sulla donne a scuola

Vediamo adesso se è vero che la provincia di Herat è quella con la «frequenza scolastica femminile più alta». Come fonte dei dati, usiamo l’Annuario statistico 2020 dell’Afghanistan, pubblicato in una prima versione lo scorso aprile dall’istituto statistico nazionale afghano, l’equivalente del nostro Istat. Qui la sezione dedicata alla scuola fornisce le statistiche relative al numero delle studentesse rispetto al numero totale degli studenti nelle scuole statali del Paese.

Nel 2019 la sola provincia di Herat contava una popolazione studentesca di quasi 760 mila studenti (secondo numero più alto del Paese, dietro la capitale Kabul), con un 46 per cento composto da femmine, contro un 39 per cento di media nazionale. Una percentuale del 46 per cento era però stata registrata anche in altre tre province (Kabul, Bamyan e Daykundi), mentre meglio di Herat faceva solo la provincia di Panjshir, con il 47 per cento. All’ultimo posto c’era la provincia di Oruzgan, con solo undici studentesse su 100 totali.

Il verdetto

Secondo Roberta Pinotti (Pd), la provincia di Herat – dove ha avuto sede la missione italiana in Afghanistan – è quella che ha avuto il miglioramento «più alto» per gli indici di vivibilità e oggi è quella con «la frequenza scolastica femminile più alta».

Abbiamo verificato e l’ex ministra della Difesa esagera.

In primo luogo, i dati subnazionali sull’indice di sviluppo umano dicono che tra il 2004 e il 2019 l’Afghanistan occidentale – l’area sotto la responsabilità italiana – è sì migliorato, ma con la terza percentuale più alta del Paese, non la prima.

In secondo luogo, è vero che nella sola provincia di Herat il 46 per cento della popolazione studentesca è composta da bambine e ragazze. Ma altre tre province hanno una percentuale identica, mentre un’altra provincia una di poco superiore.

In conclusione, Pinotti si merita un “Nì”.