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Se si vota, i contagi aumentano? Che cosa dicono i numeri

| 03 febbraio 2021
La dichiarazione
«In altri Paesi, in cui si è votato obbligatoriamente perché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i mandati dei presidenti, si è verificato un grave aumento dei contagi»
Fonte: Ansa | 2 febbraio 2021
Ansa
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Verdetto sintetico
C'eri quasi
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha spiegato la sera del 2 febbraio che uno dei motivi per cui ritiene preferibile evitare un ritorno alle urne è che in altri Paesi, in cui si è votato perché il mandato dei parlamenti o dei presidenti erano scaduti, «si è verificato un grave aumento dei contagi».

Abbiamo verificato e l’affermazione, controllando com’è cambiata la curva dei contagi in vari Paesi nel periodo intorno alla data del voto, e in effetti in diversi casi la curva è stata in salita. Ma le due cose sono per forza collegate? Andiamo a vedere qualche dettaglio.

Non tirare conclusioni affrettate

Prima di andare a vedere i numeri e le date del caso, bisogna dire alcune cose. La prima e la più importante è che non bisogna cadere nella tentazione di stabilire con certezza nessi di causa-effetto tra le elezioni e l’eventuale aumento dei contagi: è possibile infatti che l’aumento (o il calo) sia dipeso da altre variabili. La scienza si sta occupando della questione – qui e qui ad esempio – ma ancora non ci sono risultati definitivi.

La seconda è che cambia molto se un’elezione avviene in un momento in cui il virus sta circolando – per intenderci, durante le “ondate” di contagi – oppure se avviene in un momento in cui la circolazione è bassa o pressoché inesistente. La terza è che il numero dei contagi registrati dipende dalla capacità di testing, che può essere superiore o inferiore a seconda dei Paesi.

Mattarella ha parlato anche di quello che sta intorno al voto vero e proprio: «Va ricordato che le elezioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre, la successiva campagna elettorale richiede inevitabilmente tanti incontri affollati, assemblee, comizi».

Quest’ultima condizione non è affatto scontata come dice il presidente della Repubblica – Joe Biden notoriamente ha tenuto pochissimi comizi durante la campagna elettorale negli Stati Uniti – ma Mattarella sembra suggerire che intorno alle elezioni ci siano molte attività affollate.

Guarderemo quindi alla situazione nei vari Paesi a partire da due settimane prima del voto fino al mese successivo alla chiusura delle urne, quando gli eventuali contagi avvenuti durante il periodo della campagna elettorale e quello del voto dovrebbero essere stati registrati nelle statistiche.

Che cosa è successo dove si è votato?

Stati Uniti

Partiamo dagli Stati Uniti, che sono andati al voto per eleggere il presidente, buona parte del Parlamento e diversi governatori il 3 novembre 2020. Il 20 ottobre, due settimane prima che si votasse, i nuovi casi giornalieri erano stati (usiamo il metodo della media mobile a sette giorni) circa 61 mila. Il 3 novembre erano già aumentati a quasi 100 mila e il 3 dicembre, un mese dopo il voto, si è arrivati a più di 180 mila. Un aumento dunque quasi del 200 per cento nel complesso. Ma nel caso americano bisogna notare che l’aumento era cominciato molto prima del periodo elettorale: la curva era in ascesa almeno dai primi di settembre (Grafico 1).
Grafico 1. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 negli Stati Uniti – Fonte: Our World in Data
Grafico 1. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 negli Stati Uniti – Fonte: Our World in Data
Serbia

Spostiamoci ora in Europa. In Serbia le elezioni per il Parlamento erano previste per il 26 aprile ma a causa della pandemia sono state posticipate all’estate, il 21 giugno. A marzo, quando era stata presa la decisione, i numeri erano ancora bassi (meno di 10 casi al giorno) ma il picco di aprile è andato vicino ai quattrocento casi al giorno.

In ogni caso, il 7 giugno – due settimane prima del voto – i casi erano stati poco meno di 60, il 21 giugno più di 83, il 21 luglio 375. L’aumento è stato dunque notevole, anche se i numeri erano tutto sommato contenuti. Un aumento ben peggiore è stato registrato infatti con l’arrivo della seconda ondata, a fine 2020, che ha portato i casi da meno di 100 a inizio ottobre a più di 7 mila a inizio dicembre (Grafico 2).
Grafico 2. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Serbia – Fonte: Our World in Data
Grafico 2. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Serbia – Fonte: Our World in Data
Polonia

Anche in Polonia le elezioni presidenziali sono state posticipate, dal 10 maggio al 28 giugno, a causa dell’epidemia. Dopo il primo turno del 28 giugno si è tenuto il secondo turno il 12 luglio.

Il 14 giugno i casi giornalieri di Covid-19 erano poco più di 400, il 12 luglio (prendiamo la data del secondo turno) erano calati a 277 e il 12 agosto erano aumentati a quasi 700. Nel complesso c’è dunque stato un aumento del 73 per cento circa.

Anche in questo caso, come in quello serbo (e questa è una caratteristica comune a molti Paesi dell’Est Europa), la seconda ondata di fine 2020 è stata molto più violenta: i casi giornalieri sono passati da circa un migliaio a fine settembre agli oltre 20 mila di inizio novembre (Grafico 3).
Grafico 3. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Polonia – Fonte: Our World in Data
Grafico 3. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Polonia – Fonte: Our World in Data
Repubblica Ceca

In Repubblica Ceca si è votato per il Senato il 2 e il 3 ottobre, insieme alle elezioni regionali. Il 18 settembre, due settimane prima del voto, i casi giornalieri erano circa 1.770, il 3 ottobre quasi 2.500 e il 3 novembre quasi 11.300 (il picco, di pochi giorni prima, era di quasi 13 mila casi). Nel complesso dunque un aumento di circa cinque volte (Grafico 4).
Grafico 4. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Repubblica Ceca – Fonte: Our World in Data
Grafico 4. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Repubblica Ceca – Fonte: Our World in Data
Lituania

In Lituania si è votato per il rinnovo del Parlamento l’11 e il 25 ottobre 2020. Il 27 settembre, due settimane prima del primo turno, i casi giornalieri erano poco più di 90. Il 25 ottobre erano aumentati a più di 380 casi e il 25 novembre erano arrivati a circa 1.840. Un aumento complessivo nell’arco di tempo considerato di circa venti volte. La curva dei contagi in Lituania ha poi proseguito la sua crescita fino a superare i 3 mila casi a fine dicembre (Grafico 5).
Grafico 5. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Lituania – Fonte: Our World in Data
Grafico 5. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Lituania – Fonte: Our World in Data
Romania

In Romania il 6 dicembre si è votato per il rinnovo del Parlamento. Il 22 novembre, due settimane prima del voto, i casi giornalieri erano più di 8.300 e il picco dell’ondata (8.500 casi giornalieri circa) era appena stato passato. Il 6 dicembre erano calati a circa seimila in un giorno e il 6 gennaio a circa 3.700. Nel complesso c’è dunque stato un calo del 55 per cento (Grafico 6).
Grafico 6. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Romania – Fonte: Our World in Data
Grafico 6. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Romania – Fonte: Our World in Data
Portogallo

In Portogallo, infine, si è votato il 24 gennaio per il nuovo presidente della Repubblica. Il 10 gennaio i contagi giornalieri – in forte aumento in quel periodo – erano circa ottomila e il 24 gennaio circa 12.350 (il picco dell’ondata sarebbe arrivato pochi giorni con quasi 13 mila casi). Ovviamente non abbiamo i dati relativi a un mese dopo il voto – e quindi non è ancora trascorso il periodo di possibile incubazione del virus in eventuali soggetti contagiati durante il voto o poco prima – ma ad oggi 3 febbraio il dato più recente, relativo al 2 febbraio, fa segnare circa 11.150 casi. Dunque nel periodo considerato (nel quale, comunque, probabilmente ha influito anche il lockdown imposto nel Paese) c’è stato un aumento del 38 per cento (Grafico 7).
Grafico 7. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Portogallo – Fonte: Our World in Data
Grafico 7. Numero di casi giornalieri (media mobile a sette giorni) di Covid-19 in Portogallo – Fonte: Our World in Data
Tiriamo le fila

Come abbiamo anticipato, non è possibile stabilire con certezza un nesso di causa-effetto tra le elezioni e l’andamento dei contagi da Covid-19 e i dati sono influenzati anche da molti altri fattori. Ma è vero che, in quasi tutti i Paesi che abbiamo analizzato, se guardiamo al periodo che va da due settimane prima del voto al mese successivo alla chiusura delle urne c’è stato un forte aumento dei contagi.

Negli Stati Uniti i casi giornalieri sono triplicati, in Polonia quasi raddoppiati, in Serbia e in Repubblica Ceca aumentati più di sei volte, in Lituania addirittura aumentati più di venti volte. Un aumento più contenuto si registra in Portogallo, dove però non è ancora trascorso il mese di tempo successivo alla data del voto che abbiamo invece conteggiato per gli altri Paesi. Tuttavia, in Romania si è addirittura registrato un calo dei contagi dopo il voto del 6 dicembre 2020.

Il verdetto

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 2 febbraio ha detto che in altri Paesi in cui si è andati al voto «si è verificato un grave aumento dei contagi». È vero che in parecchi Paesi europei in cui si è votato negli scorsi mesi si è registrato, dopo le elezioni, un grave aumento del numero dei contagi giornalieri.

Ma c’è almeno un controesempio (la Romania) e un rapporto di causa-effetto tra voto e contagi non è dimostrato. Spesso ad esempio la curva era già in ascesa settimane o mesi prima del voto (come negli Stati Uniti) e bisognerebbe dimostrare che, in assenza del voto, i contagi sarebbero scesi meno o si sarebbero comportati in modo diverso. Materia da studi scientifici, che ancora non sono definitivi. Non possiamo quindi essere sicuri che ci sia un nesso, né può esserlo Mattarella, nonostante suggerisca un collegamento.

Per lui dunque un “C’eri quasi”.

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