Il 13 gennaio il segretario della Lega Matteo Salvini ha criticato il governo, colpevole – a suo dire – di voler «cancellare» dalla «carta di identità dei minori» le diciture «“padre” e “madre”» per sostituirli con quelle di «genitore 1 e 2».
Salvini ha fatto (min. 11:00) un attacco simile anche il giorno dopo, ospite a L’aria che tira su La7, dicendo che «la ministra dell’Interno, in pieno casino, ha deciso che sui documenti non bisogna scrivere “padre” e “madre” perché è discriminatorio».
Una critica identica è arrivata sempre il 14 gennaio dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che su Facebook ha scritto che la «priorità» del governo «è rimuovere “padre” e “madre” dai documenti d’identità dei minori». Nel post Meloni ha anche pubblicato lo screenshot di un articolo della Repubblica intitolato: «Via “madre” e “padre”. Sulla carta d’identità degli under 14 torna “genitore 1” e “genitore 2”».
È davvero così? Abbiamo verificato e Salvini fa una dichiarazione imprecisa e fuorviante: il Ministero dell’Interno vuole sì modificare alcuni aspetti dalla carta d’identità elettronica per i minori, ma non reintroducendo i termini “genitori 1” e “genitore 2”, che non ci sono mai stati. Questa modifica si basa poi su alcune osservazioni fatte dal Garante della protezione dei dati personali.
Un riassunto delle puntate precedenti
Per capire che cosa sta succedendo oggi – e su che cosa si fonda la critica di Salvini e Meloni – dobbiamo fare un passo indietro.
L’arrivo della carta d’identità elettronica
A giugno 2015 – quando al governo c’era Matteo Renzi – fu approvato un decreto-legge, poi convertito in legge ad agosto di quell’anno, che introduceva (art. 10, co. 3) la cosiddetta “carta d’identità elettronica” (Cie). Il testo diceva inoltre che a stabilire tutti i dettagli – come «le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione e di rilascio della carta d’identità elettronica» – dovesse essere un decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con altre autorità, tra cui il Garante per la protezione dei dati personali.
Questo decreto attuativo arrivò a fine dicembre 2015, stabilendo (art. 4) le modalità per la richiesta di rilascio della carta d’identità elettronica. La richiesta poteva essere presentata dal cittadino o, nel caso di minorenni, «dai genitori o tutori». L’espressione – quindi non «genitore 1» e «genitore 2» – ritornava anche in altre parti nel testo del decreto.
Nell’allegato A, che riportava le caratteristiche grafiche della carta d’identità elettronica, nella sezione “Genitori” – presente nel caso in cui il titolare fosse minorenne – si leggeva «cognome e nome dei genitori o di chi ne fa le veci», con la traduzione inglese «parents – tutor’s name». (Figura 1).
Salvini ha fatto (min. 11:00) un attacco simile anche il giorno dopo, ospite a L’aria che tira su La7, dicendo che «la ministra dell’Interno, in pieno casino, ha deciso che sui documenti non bisogna scrivere “padre” e “madre” perché è discriminatorio».
Una critica identica è arrivata sempre il 14 gennaio dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che su Facebook ha scritto che la «priorità» del governo «è rimuovere “padre” e “madre” dai documenti d’identità dei minori». Nel post Meloni ha anche pubblicato lo screenshot di un articolo della Repubblica intitolato: «Via “madre” e “padre”. Sulla carta d’identità degli under 14 torna “genitore 1” e “genitore 2”».
È davvero così? Abbiamo verificato e Salvini fa una dichiarazione imprecisa e fuorviante: il Ministero dell’Interno vuole sì modificare alcuni aspetti dalla carta d’identità elettronica per i minori, ma non reintroducendo i termini “genitori 1” e “genitore 2”, che non ci sono mai stati. Questa modifica si basa poi su alcune osservazioni fatte dal Garante della protezione dei dati personali.
Un riassunto delle puntate precedenti
Per capire che cosa sta succedendo oggi – e su che cosa si fonda la critica di Salvini e Meloni – dobbiamo fare un passo indietro.
L’arrivo della carta d’identità elettronica
A giugno 2015 – quando al governo c’era Matteo Renzi – fu approvato un decreto-legge, poi convertito in legge ad agosto di quell’anno, che introduceva (art. 10, co. 3) la cosiddetta “carta d’identità elettronica” (Cie). Il testo diceva inoltre che a stabilire tutti i dettagli – come «le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione e di rilascio della carta d’identità elettronica» – dovesse essere un decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con altre autorità, tra cui il Garante per la protezione dei dati personali.
Questo decreto attuativo arrivò a fine dicembre 2015, stabilendo (art. 4) le modalità per la richiesta di rilascio della carta d’identità elettronica. La richiesta poteva essere presentata dal cittadino o, nel caso di minorenni, «dai genitori o tutori». L’espressione – quindi non «genitore 1» e «genitore 2» – ritornava anche in altre parti nel testo del decreto.
Nell’allegato A, che riportava le caratteristiche grafiche della carta d’identità elettronica, nella sezione “Genitori” – presente nel caso in cui il titolare fosse minorenne – si leggeva «cognome e nome dei genitori o di chi ne fa le veci», con la traduzione inglese «parents – tutor’s name». (Figura 1).