Il 3 dicembre, il deputato di Italia viva e presidente della Commissione Bilancio alla Camera Luigi Marattin ha commentato su Twitter il «numero molto alto di morti» per coronavirus (993 secondo i dati della Protezione civile) comunicati quel giorno.
Secondo Marattin, quel dato include «anche gli asintomatici ma che muoiono per altre cause». Come vedremo meglio tra poco, le cose però non stanno così.
Con il suo tweet, il deputato di Italia viva ha riportato di attualità uno dei dibattiti che periodicamente torna di moda quando si parla dell’emergenza sanitaria: la distinzione tra morti “per” e morti “con” la Covid-19. Da mesi, ormai, circola la teoria secondo cui questa malattia non sia la causa principale di morte tra i deceduti positivi al coronavirus e che vengano incluse nel conto anche persone che non dovrebbero rientrarci.
E infatti Marattin sostiene che chi è positivo al coronavirus, non mostra sintomi e muore per altre cause, viene comunque conteggiato tra i morti. Ma le fonti ufficiali e le istituzioni sanitarie smentiscono questa ricostruzione dei fatti (al netto di qualche errore occasionale che naturalmente non si può escludere).
I dati sui morti
Come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss), in Italia le fonti principali dei dati sull’epidemia di coronavirus sono due: da un lato la Protezione civile, con i suoi bollettini giornalieri; dall’altro l’Iss stesso, che pubblica periodicamente una serie di rapporti.
«La Protezione civile raccoglie quotidianamente informazioni sul numero totale di test positivi, decessi, ricoveri in ospedale e ricoveri in terapia intensiva in ogni provincia d’Italia», sottolinea l’Iss. «L’Iss, invece, chiede alle Regioni di fornire dettagli individuali su tutti i casi, compresi i dati demografici, lo stato clinico e le comorbidità. I dati aggregati hanno il vantaggio di essere più rapidi e facili da raccogliere, mentre i dati individuali richiedono più tempo ma permettono un’analisi più dettagliata e accurata».
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Possono dunque esserci delle discrepanze tra i dati della Protezione civile e quelli dell’Iss. Prendiamo per esempio i dati sui decessi di Covid-19. Dall’inizio dell’epidemia al 3 dicembre, secondo la Protezione civile il numero di morti totale è di 58.038, mentre secondo la dashboard della Sorveglianza integrata dell’Iss sono 56.138 (circa il 3 per cento in meno della Protezione civile). Ma come sottolinea l’Iss stesso, questa differenza è spiegata dal fatto che le informazioni fornitegli dalle regioni possono «essere in ritardo» rispetto a quelle della Protezione civile, dal momento che sono più approfondite.
Ricordiamo inoltre che, come abbiamo spiegato nel dettaglio in passato, i dati giornalieri della Protezione civile sui decessi non sono davvero “giornalieri”: soffrono di ritardi, anche notevoli, tra il momento in cui vengono registrati e il momento in cui vengono notificati.
E veniamo al punto: in base a quali criteri vengono conteggiati i morti di Covid-19 in Italia?
Il calcolo dei decessi
Il 23 novembre l’Iss ha pubblicato un comunicato stampa per fare un po’ di chiarezza sulla confusione generale che c’è nel dibattito pubblico su quali decessi sono conteggiati tra quelli di Covid-19, e quali no.
In Italia, nel riportare i decessi della malattia Covid-19, va seguita una serie di indicazioni (qui consultabili nel dettaglio), in linea con quelle dell’European centre for disease prevention and control (Ecdc) e dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).
Nello specifico, sono quattro i criteri che un deceduto deve rispettare per essere conteggiato come un caso confermato di morto da Covid-19:
• deve essere risultato positivo al Sars-CoV-2 attraverso un tampone molecolare;
• deve esserci la presenza di un «quadro clinico e strumentale suggestivo di Covid-19», ossia l’identificazione – certificata da un medico – dei sintomi tipici della malattia, come la febbre e la tosse;
• non deve esserci una «chiara causa di morte diversa» dalla Covid-19, come ad esempio un trauma (ma tra le «chiare cause» diverse non rientrano le patologie preesistenti, come un cancro o le patologie cardiovascolari);
• non deve esserci un periodo di «recupero clinico completo» tra la malattia e il decesso. Dunque, ha sottolineato l’Iss, «la positività al Sars-CoV-2 non è sufficiente per considerare il decesso come dovuto al Covid-19, ma è necessaria la presenza di tutte le condizioni sopra menzionate».
Si potrebbe obiettare che, in base ai dati Iss più aggiornati, quasi il 66 per cento dei decessi da Covid-19 in Italia ha tre o più patologie preesistenti e solo il 3 per cento circa non ne ha nessuna. Come abbiamo visto prima, le patologie preesistenti – le «altre cause», come le chiama Marattin – non sono da considerarsi tra le «chiare cause di morte diverse da Covid-19».
Insomma, si potrebbe sostenere che, alla fin fine, tra i decessi di Covid-19 finiscono persone già malate, non uccise dal coronavirus. Ma non è così.
La Covid-19 come causa principale di morte
Possono comunque essere conteggiate come cause di morte associate alla Covid-19 «le complicazioni o gli esiti collegati a patologie preesistenti». In ogni caso, la malattia causata dal coronavirus è nella stragrande maggioranza dei casi la causa principale di morte tra i decessi in questa speciale categoria.
A luglio, l’Istat e l’Iss hanno infatti pubblicato uno studio – su un campione di quasi 5 mila cartelle cliniche – che mostra come nell’89 per cento dei casi la Covid-19 sia stata la causa direttamente responsabile della morte. Questo significa – spiega il rapporto Iss e Istat – che «è presumibile che il decesso non si sarebbe verificato se l’infezione da Sars-CoV-2 non fosse intervenuta».
Per il restante 11 per cento di persone decedute non direttamente per Covid-19, il report sottolinea che la malattia è una causa «che può aver contribuito al decesso accelerando processi morbosi già in atto, aggravando l’esito di malattie preesistenti o limitando la possibilità di cure».
Come abbiamo scritto più volte, la teoria dei morti “per” e morti “con” sbaglia anche su un altro punto sostanziale. In base alle sue ipotesi, i decessi da Covid-19 dovrebbero essere sovrastimati – essendo conteggiati morti non per il coronavirus – ma in realtà è il contrario: le statistiche sugli eccessi di mortalità mostrano che in questi mesi ci siamo persi dalle statistiche ufficiali molti morti di Covid-19.
Un esempio concreto
Prima di concludere, vediamo brevemente un esempio concreto, che spesso viene citato per dimostrare che i dati sui morti di Covid-19 sono gonfiati. Se un paziente è positivo alla Covid-19, ed è asintomatico, e muore dopo essere colpito da un infarto, come viene conteggiato il suo decesso? (Di recente l’esempio dell’infarto è stato citato in tv dall’infettivologo Matto Bassetti dell’Ospedale San Martino di Genova per sostenere che in Italia «abbiamo sbagliato» a conteggiare i morti di Covid-19).
«Se l’infarto avviene in un paziente cardiopatico con una polmonite Covid-19, è ipotizzabile che l’infarto rappresenti una complicanza della Covid-19 e quindi il decesso deve essere classificato come dovuto a Covid-19», ha spiegato l’Iss. «Se l’infarto avviene in un paziente che non ha un quadro clinico compatibile con Covid-19, il decesso non deve essere classificato come dovuto a tale condizione».
Insomma, è vero che il tema è complesso e ricondurre la morte di una persona a una singola causa è molto difficile. Ma sostenere come fa Marattin che gli asintomatici al coronavirus, che muoiono per altre cause, finiscono lo stesso tra i morti di Covid-19, è sbagliato, o almeno, fortemente fuorviante.
Il verdetto
Secondo Luigi Marattin, i dati sui morti di Covid-19 «includono anche gli asintomatici ma che muoiono per altre cause». Il riferimento del deputato di Italia viva è con ogni probabilità ai bollettini giornalieri della Protezione civile, quelli riportati quotidianamente da tutti i media.
Come ha spiegato l’Iss, è possibile che i loro dati e quelli della Protezione civile, per esempio per i decessi, abbiano delle differenze, ma questo è per lo più dovuto al fatto che l’Iss riceve dati più dettagliati, con un certo ritardo.
In ogni caso, per essere conteggiati tra i decessi Covid-19 bisogna rispettare quattro criteri: non basta quello di essere positivo al coronavirus, come ha lasciato intendere Marattin. Bisogna avere anche un quadro clinico compatibile con la malattia Covid-19, e qui rientrano i vari sintomi causati dal virus. Quindi gli asintomatici, in base alle disposizioni, non devono essere conteggiati tra i decessi da Covid-19.
Secondo un’analisi più approfondita, realizzata a luglio da Iss e Istat, nove su dieci tra i decessi censiti delle statistiche ufficiali ha come causa principale di morte proprio la Covid-19. Nel restante 10 per cento circa, non deceduto direttamente per la Covid-19, la malattia può aver comunque contribuito al decesso.
In conclusione, Marattin si merita un “Pinocchio andante”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1