Il 20 agosto il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri (Movimento 5 stelle) ha commentato su Facebook l’aumento in Italia dei contagi da Covid-19, «alti come quelli del mese di maggio», invitando però a contestualizzare i dati.
Secondo Sileri, i numeri recenti «ci dicono che i malati di oggi non sono gli stessi» di qualche mese fa, perché riguardano «persone più in forze», che «sono in quarantena e non tanto in terapia intensiva».
Questo, ha comunque aggiunto il viceministro, «non ci esula dall’attuare precauzioni per tutti e protezioni per i più fragili».
Al di là del corretto invito alla cautela e al rispetto delle regole, che differenze ci sono tra i dati sui contagi di oggi e quelli di maggio? Abbiamo verificato.
Il ritorno alla situazione di maggio
Il 20 agosto i nuovi casi Covid-19 in Italia sono stati 845, portando il conteggio totale dei contagiati da inizio epidemia a 256.118.
Come abbiamo spiegato in passato, questo dato complessivo è una sottostima del numero reale dei contagiati complessivi (considerando anche i morti e i guariti). Secondo l’indagine sierologica dell’Istat, condotta tra maggio e luglio, almeno il 2,5 per cento della popolazione in Italia – circa 1,5 milioni di persone – sarebbe infatti entrata in contatto con il virus.
In ogni caso i contagi di Covid-19 nel nostro Paese sono in continua salita: tra lunedì 20 luglio e giovedì 23 sono stati nel complesso 907; tra lunedì 27 luglio e giovedì 30 1.057; tra lunedì 3 e giovedì 6 1.135; tra lunedì 10 e giovedì 13 1.675; tra lunedì 17 agosto e giovedì 20 2.210. Insomma nel giro di un mese, dal 20 luglio al 20 agosto, sono più che raddoppiati.
Ma, al di là di questo, è vero che il dato di 845 nuovi casi giornalieri del 20 agosto è in effetti il più alto dal 16 maggio scorso, quando i nuovi positivi erano stati 875.
Vediamo allora quali sono le condizioni di questi contagiati e la situazione negli ospedali.
I dati sui malati di Covid-19
Quando parla di «persone più in forze» in relazione ai nuovi contagiati, Sileri fa molto probabilmente riferimento all’età più giovane dei contagiati rispetto a prima.
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, l’età mediana dei casi diagnosticati negli ultimi 30 giorni è di 34 anni, mentre tra il 10 e il 16 agosto – dati più aggiornati del monitoraggio del Ministero della salute – il dato è intorno ai 30 anni.
Attenzione a non fare confusione però, come hanno fatto alcuni giornali negli ultimi giorni nel presentare questo dato: stiamo parlando della mediana, e non della media. La mediana si ottiene mettendo in ordine l’età dei nuovi casi diagnosticati e prendendo il dato a metà della serie; la media si ottiene sommando l’età dei casi e dividendo il risultato totale per il numero complessivo dei casi. La mediana, in statistiche come queste, può essere più utile della media, perché è meno influenzata dai cosiddetti outlier, ossia i casi anomali (si pensi a contagiati molto giovani o molto anziani).
Un altro errore da non fare è definire i 30 anni, o in generale l’età mediana, come l’«età più frequente» dei contagi: in una serie di numeri, il dato che compare più volte non è né la media né la mediana, ma la moda.
Al di là di queste osservazioni di metodo, che dati si registravano intorno a metà maggio, periodo in cui abbiamo visto si erano raggiunti dati giornalieri simili agli attuali?
Secondo le elaborazioni dell’Iss, a quella data l’età mediana dei positivi era di 62 anni, circa il doppio della mediana di questi giorni.
Questo dato è rilevante perché il fatto che l’età mediana dei nuovi contagi oggi sia intorno ai 30-35 anni significa che stiamo parlando di persone con una minore probabilità di avere patologie pregresse. Come spiega il Ministero della Salute, più si va avanti con l’età, più si rischia di avere malattie croniche (e quindi di essere meno «in forze», usando la terminologia di Sileri), a cui è collegata anche una maggiore probabilità di sviluppare sintomi gravi legati alla Covid-19. Questo non deve però far passare il messaggio che i giovani non possano sviluppare sintomi meno gravi.
Quindi sembra corretto dire, come fa il viceministro, che i contagiati delle ultime settimane siano persone mediamente «più in forze» rispetto a quelle di inizio epidemia.
Veniamo ora alla situazione negli ospedali italiani.
La situazione negli ospedali
Per prima cosa diciamo che ci sono meno persone che hanno bisogno di essere ricoverate in ospedale, in quanto asintomatiche.
Le percentuali degli asintomatici
Rispetto a maggio, sono infatti cambiati i dati sulla distribuzione dei casi in base ai sintomi sviluppati in seguito al contagio, come mostra il Grafico 1.
Secondo Sileri, i numeri recenti «ci dicono che i malati di oggi non sono gli stessi» di qualche mese fa, perché riguardano «persone più in forze», che «sono in quarantena e non tanto in terapia intensiva».
Questo, ha comunque aggiunto il viceministro, «non ci esula dall’attuare precauzioni per tutti e protezioni per i più fragili».
Al di là del corretto invito alla cautela e al rispetto delle regole, che differenze ci sono tra i dati sui contagi di oggi e quelli di maggio? Abbiamo verificato.
Il ritorno alla situazione di maggio
Il 20 agosto i nuovi casi Covid-19 in Italia sono stati 845, portando il conteggio totale dei contagiati da inizio epidemia a 256.118.
Come abbiamo spiegato in passato, questo dato complessivo è una sottostima del numero reale dei contagiati complessivi (considerando anche i morti e i guariti). Secondo l’indagine sierologica dell’Istat, condotta tra maggio e luglio, almeno il 2,5 per cento della popolazione in Italia – circa 1,5 milioni di persone – sarebbe infatti entrata in contatto con il virus.
In ogni caso i contagi di Covid-19 nel nostro Paese sono in continua salita: tra lunedì 20 luglio e giovedì 23 sono stati nel complesso 907; tra lunedì 27 luglio e giovedì 30 1.057; tra lunedì 3 e giovedì 6 1.135; tra lunedì 10 e giovedì 13 1.675; tra lunedì 17 agosto e giovedì 20 2.210. Insomma nel giro di un mese, dal 20 luglio al 20 agosto, sono più che raddoppiati.
Ma, al di là di questo, è vero che il dato di 845 nuovi casi giornalieri del 20 agosto è in effetti il più alto dal 16 maggio scorso, quando i nuovi positivi erano stati 875.
Vediamo allora quali sono le condizioni di questi contagiati e la situazione negli ospedali.
I dati sui malati di Covid-19
Quando parla di «persone più in forze» in relazione ai nuovi contagiati, Sileri fa molto probabilmente riferimento all’età più giovane dei contagiati rispetto a prima.
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, l’età mediana dei casi diagnosticati negli ultimi 30 giorni è di 34 anni, mentre tra il 10 e il 16 agosto – dati più aggiornati del monitoraggio del Ministero della salute – il dato è intorno ai 30 anni.
Attenzione a non fare confusione però, come hanno fatto alcuni giornali negli ultimi giorni nel presentare questo dato: stiamo parlando della mediana, e non della media. La mediana si ottiene mettendo in ordine l’età dei nuovi casi diagnosticati e prendendo il dato a metà della serie; la media si ottiene sommando l’età dei casi e dividendo il risultato totale per il numero complessivo dei casi. La mediana, in statistiche come queste, può essere più utile della media, perché è meno influenzata dai cosiddetti outlier, ossia i casi anomali (si pensi a contagiati molto giovani o molto anziani).
Un altro errore da non fare è definire i 30 anni, o in generale l’età mediana, come l’«età più frequente» dei contagi: in una serie di numeri, il dato che compare più volte non è né la media né la mediana, ma la moda.
Al di là di queste osservazioni di metodo, che dati si registravano intorno a metà maggio, periodo in cui abbiamo visto si erano raggiunti dati giornalieri simili agli attuali?
Secondo le elaborazioni dell’Iss, a quella data l’età mediana dei positivi era di 62 anni, circa il doppio della mediana di questi giorni.
Questo dato è rilevante perché il fatto che l’età mediana dei nuovi contagi oggi sia intorno ai 30-35 anni significa che stiamo parlando di persone con una minore probabilità di avere patologie pregresse. Come spiega il Ministero della Salute, più si va avanti con l’età, più si rischia di avere malattie croniche (e quindi di essere meno «in forze», usando la terminologia di Sileri), a cui è collegata anche una maggiore probabilità di sviluppare sintomi gravi legati alla Covid-19. Questo non deve però far passare il messaggio che i giovani non possano sviluppare sintomi meno gravi.
Quindi sembra corretto dire, come fa il viceministro, che i contagiati delle ultime settimane siano persone mediamente «più in forze» rispetto a quelle di inizio epidemia.
Veniamo ora alla situazione negli ospedali italiani.
La situazione negli ospedali
Per prima cosa diciamo che ci sono meno persone che hanno bisogno di essere ricoverate in ospedale, in quanto asintomatiche.
Le percentuali degli asintomatici
Rispetto a maggio, sono infatti cambiati i dati sulla distribuzione dei casi in base ai sintomi sviluppati in seguito al contagio, come mostra il Grafico 1.