Il 16 giugno il capo politico del Movimento 5 stelle Vito Crimi ha scritto sul Blog delle Stelle che «per la prima volta negli ultimi quattro anni in Italia la povertà assoluta è diminuita» con il reddito di cittadinanza (RdC).

È davvero così? Abbiamo verificato.

I nuovi dati Istat sulla povertà assoluta

Nello stesso giorno della dichiarazione di Crimi l’Istat ha pubblicato i dati più aggiornati sulla povertà in Italia, relativi al 2019. Stiamo dunque parlando di numeri precedenti alla crisi dell’emergenza coronavirus.

Secondo l’Istat, l’anno scorso nel nostro Paese vivevano in condizioni di povertà assoluta 1,7 milioni di famiglie (il 6,4 per cento sul totale delle famiglie residenti), per un totale di quasi 4,6 milioni di persone (il 7,7 per cento sugli oltre 60 milioni di residenti in Italia).

Ricordiamo che quando si parla di “povertà assoluta” – come fa Crimi – si fa riferimento a quelle famiglie che non possono permettersi l’acquisto di beni e servizi considerati essenziali (abitazione, alimenti, vestiario e via dicendo).

Come ha sottolineato l’Istat, i dati del 2019 sulla povertà assoluta sono «in significativo calo rispetto al 2018», quando le famiglie povere erano oltre un milione e 800 mila (l’8,4 per cento in più del 2019) e i poveri assoluti oltre 5 milioni (il 9,2 per cento in più del 2019). L’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie è così scesa dal 7 per cento al 6,4 per cento e tra gli individui dall’8,4 per cento al 7,7 per cento.

Che cos’era successo gli anni scorsi? Nel 2018 i dati sulla povertà assoluta erano rimasti stabili rispetto a quelli dell’anno prima. Proprio nel report dedicato al 2018 – pubblicato il 18 giugno 2019 – l’Istat aveva spiegato che si era arrestata «dopo tre anni la crescita del numero e della quota di famiglie in povertà assoluta». Il trend però non si era ancora invertito.

Dunque Crimi ha ragione quando dice che «per la prima volta negli ultimi quattro anni in Italia la povertà assoluta è diminuita». Ma è vero anche quello che ha aggiunto dopo, ossia che è «un risultato reso possibile dall’introduzione nel nostro Paese del reddito di cittadinanza», la cui erogazione è iniziata ad aprile 2019?

Il contributo del reddito di cittadinanza

Nel rapporto pubblicato il 16 giugno, l’Istat ha formulato un’ipotesi per spiegare il calo dei numeri della povertà assoluta in Italia.

«La diminuzione della povertà assoluta si deve in gran parte al miglioramento, nel 2019, dei livelli di spesa delle famiglie meno abbienti (in una situazione di stasi dei consumi a livello nazionale)», ha scritto l’Istat. «L’andamento positivo si è verificato in concomitanza dell’introduzione del reddito di cittadinanza (che ha sostituito il reddito di inclusione) e ha interessato, nella seconda parte del 2019, oltre un milione di famiglie in difficoltà».

In base ai dati dell’Inps, nel 2019 i nuclei famigliari beneficiari del reddito (e della pensione) di cittadinanza sono stati in totale oltre 1,1 milioni, con più di 2,6 milioni di persone coinvolte. L’importo medio mensile del reddito di cittadinanza è stato di 527 euro, mentre per la pensione di cittadinanza di 229 euro.

Nella prima metà del 2020 questi dati sono leggermente cresciuti: ad oggi i nuclei beneficiari sono oltre 1,2 milioni, con quasi 3 milioni di persone coinvolte. Gli importi medi mensili per reddito e pensione di cittadinanza sono attualmente rispettivamente di 570 euro e di 241 euro.

Dunque, l’Istat ha riconosciuto che con l’introduzione del reddito di cittadinanza si è registrato un calo della povertà assoluta, ma non si è espressa esplicitamente nell’individuare una relazione di causa-effetto. Anzi, per approfondire la questione, ha suggerito la lettura di una nota metodologica nelle pagine finali del rapporto.

“Poveri assoluti” e “beneficiari del RdC” sono due cose un po’ diverse

«Le famiglie che avrebbero diritto di percepire il reddito di cittadinanza e quelle in condizione di povertà assoluta sono due universi solo parzialmente sovrapponibili», ha sottolineato l’Istat nella nota. «L’accesso a questa integrazione al reddito, infatti, tiene conto di criteri diversi rispetto a quelli utilizzati per la stima delle famiglie in condizione di povertà assoluta». Insomma, non necessariamente chi era un povero assoluto, o chi adesso non lo è più, è anche un beneficiario del reddito di cittadinanza.

Per esempio, per la stima della povertà assoluta l’Istat si basa sulle spese delle famiglie per consumi, mentre per il reddito di cittadinanza l’indicatore di benessere è costituito dai redditi e dal patrimonio dichiarati tramite l’Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente).

«Il RdC è fortemente selettivo nei confronti dei cittadini stranieri, in quanto prevede un requisito di dieci anni di pregressa residenza in Italia, di cui gli ultimi due continuativi», ha aggiunto poi l’Istat. «Questa condizione non è presa in considerazione dalla misura di povertà assoluta».

Dei circa 400 mila nuclei familiari composti da soli stranieri che si trovavano in povertà assoluta nel 2019, «un’ampia quota» non possiede il requisito della residenza decennale – che, come riporta un dossier del Centro studi del Senato, potrebbe anche essere incostituzionale – per accedere al reddito di cittadinanza.

Già la Banca d’Italia, nella sua relazione annuale relativa al 2018 e pubblicata a maggio 2019, aveva scritto che «circa il 6 per cento degli individui classificabili [all’epoca, ndr] come “poveri assoluti” non rispetterebbe il requisito di residenza e circa il 35 per cento non sarebbe in possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali».

Infine, ha sottolineato l’Istat, è diverso anche il calcolo delle soglie per ottenere il reddito di cittadinanza o rientrare nella categoria di poveri assoluti.

Riassumendo: se è innegabile che sia stato registrato un calo dei poveri assoluti nel 2019 con l’introduzione del reddito di cittadinanza, è anche vero che non è possibile dire con precisione quale sia stato il contributo in termini quantitativi di questa misura, dal momento che poveri assoluti e percettori del RdC non coincidono del tutto. Probabilmente, vista l’assenza di altre spiegazioni alternative evidenti, è significativo, ma non possiamo stabilire quanto.

Come abbiamo scritto in passato, servirebbero studi economici più articolati per cercare di rispondere a questa domanda.

Il verdetto

Secondo Vito Crimi, «per la prima volta negli ultimi quattro anni in Italia la povertà assoluta è diminuita», e questo risultato è stato «reso possibile dall’introduzione nel nostro Paese del reddito di cittadinanza».

Abbiamo verificato e Crimi ha quasi ragione.

Nel 2019, è vero che le famiglie in povertà assoluta in Italia erano 1,7 milioni e i poveri assoluti quasi 4,6 milioni, in calo rispetto ai dati del 2018, quando i numeri erano rimasti stabili dopo tre anni di crescita.

L’Istat ha sottolineato che «l’andamento positivo si è verificato in concomitanza dell’introduzione del reddito di cittadinanza», ma ha anche precisato che “poveri assoluti” e “beneficiari del reddito di cittadinanza” sono due insiemi solo parzialmente sovrapponibili. Un calo nel primo gruppo non può essere spiegato esclusivamente con un aumento nel secondo, anche se la coincidenza temporale e l’assenza di altre spiegazioni evidenti sono sicuramente indizi in questo senso.

“C’eri quasi” dunque per Crimi.